Con la nascita del Regno d’Italia, Firenze aveva definitivamente perso il suo ruolo plurisecolare di capitale politica, ma non intendeva rinunciare a gestire la leadership nell’ambito della cultura e della ricerca avanzata. A questo ruolo si sentiva destinata soprattutto dall’antica e consolidata tradizione delle accademie, luoghi d’incontro e di libera ricerca che avevano mantenuto e incrementato la propria centralità dopo il trasferimento dell’Università da Firenze a Pisa nella seconda metà del XV secolo.
In procinto di perdere il ruolo di capitale politica i leader della rivoluzione toscana, da Ricasoli a Ridolfi, pensarono di rigenerare la funzione di Firenze guida morale del paese avviato a conclusione del processo unitario esaltando la tradizione accademica con la creazione di un Istituto avanzato di ricerca che non fosse riconducibile al modello tradizionale dell’Università. Da questa idea e da questa tradizione nasce l’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento cui è dedicata gran parte delle relazioni raccolte in questi atti.
Assieme ad esso si raccoglie tutto il contorno di una cultura viva e dinamica che si esprime con quotidiani e riviste, con un’editoria di avanguardia, con un sistema museale ricco ed attrattivo e con un’attività musicale viva e feconda. Poi, naturalmente, le accademie, dalle Arti del disegno ai Georgofili, dalla Crusca alla Colombaria.
Non è una Firenze che auspica o aspetta il ritorno della capitale politica, nel quale non crede e che non vuole. Ma è una Firenze che saprà accogliere al meglio questo ritorno inaspettato in anni vicini e cruciali per il completamento dell’Unità nazionale fra il 1865 e la caduta del potere temporale del pontefice.
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Con la nascita del Regno d’Italia, Firenze aveva definitivamente perso il suo ruolo plurisecolare di capitale politica, ma non intendeva rinunciare a gestire la leadership nell’ambito della cultura e della ricerca avanzata. A questo ruolo si sentiva destinata soprattutto dall’antica e consolidata tradizione delle accademie, luoghi d’incontro e di libera ricerca che avevano mantenuto e incrementato la propria centralità dopo il trasferimento dell’Università da Firenze a Pisa nella seconda metà del XV secolo.
In procinto di perdere il ruolo di capitale politica i leader della rivoluzione toscana, da Ricasoli a Ridolfi, pensarono di rigenerare la funzione di Firenze guida morale del paese avviato a conclusione del processo unitario esaltando la tradizione accademica con la creazione di un Istituto avanzato di ricerca che non fosse riconducibile al modello tradizionale dell’Università. Da questa idea e da questa tradizione nasce l’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento cui è dedicata gran parte delle relazioni raccolte in questi atti.
Assieme ad esso si raccoglie tutto il contorno di una cultura viva e dinamica che si esprime con quotidiani e riviste, con un’editoria di avanguardia, con un sistema museale ricco ed attrattivo e con un’attività musicale viva e feconda. Poi, naturalmente, le accademie, dalle Arti del disegno ai Georgofili, dalla Crusca alla Colombaria.
Non è una Firenze che auspica o aspetta il ritorno della capitale politica, nel quale non crede e che non vuole. Ma è una Firenze che saprà accogliere al meglio questo ritorno inaspettato in anni vicini e cruciali per il completamento dell’Unità nazionale fra il 1865 e la caduta del potere temporale del pontefice.
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Polistampa, 2014
A cura di:
Pagine: 320
Caratteristiche: br.
Formato: 17x24
ISBN: 978-88-596-1413-5
Collana:
Società toscana per la storia del Risorgimento | Studi, 5
Settori: