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Giolittismo e antigiolittismo nella Toscana di inizio ’900

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«Tutti, con poche eccezioni, sono contro Giolitti e le sue prassi in questa Toscana di inizio secolo. I liberali, che meglio sarebbe dire conservatori, e i socialisti, che meglio sarebbe dire estremisti sono accomunati da questa avversione. Nella presunta e ormai non più attuale Toscana felix – ammesso che lo sia mai stata – il conservatorismo politico e sociale delle classi dirigenti diviene speculare al radicalismo delle opposizioni, secondo un modello di contrapposizione che tradizionalmente si ripropone. Quando si giunge alla vigilia della guerra il processo di industrializzazione e la massiccia diffusione del movimento cooperativo hanno cambiato il volto della Toscana profonda. La terra della mezzadria della valle dell’Arno, che vorrebbe essere riproposta come strumento principe di mediazione sociale, diviene crogiolo di conflitto estremo. Quando, alla vigilia della guerra, giunge ad esaurimento la parabola del giolittismo che fa registrare una grande avanzata della sinistra intransigente alle prime elezioni a suffragio universale maschile dell’ottobre 1913, la Toscana della mezzadria e del latifondo maremmano sta cedendo il passo all’industria che propizia la crescita di un proletariato sempre più numeroso e agguerrito», (dalla relazione introduttiva di Sandro Rogari).
Il libro ripercorre grazie all’apporto di competenze diverse, storiografiche e letterarie, le poche convergenze nella regione con le politiche giolittiane e le molte avversioni e dissonanze. Alla dimensione politica si affianca quella sociale ed economica e del mondo della cultura per il quale la Firenze di inizio Novecento divenne crogiolo di nuovi orientamenti e di nuove relazioni fra politica e cultura.

«Tutti, con poche eccezioni, sono contro Giolitti e le sue prassi in questa Toscana di inizio secolo. I liberali, che meglio sarebbe dire conservatori, e i socialisti, che meglio sarebbe dire estremisti sono accomunati da questa avversione. Nella presunta e ormai non più attuale Toscana felix – ammesso che lo sia mai stata – il conservatorismo politico e sociale delle classi dirigenti diviene speculare al radicalismo delle opposizioni, secondo un modello di contrapposizione che tradizionalmente si ripropone. Quando si giunge alla vigilia della guerra il processo di industrializzazione e la massiccia diffusione del movimento cooperativo hanno cambiato il volto della Toscana profonda. La terra della mezzadria della valle dell’Arno, che vorrebbe essere riproposta come strumento principe di mediazione sociale, diviene crogiolo di conflitto estremo. Quando, alla vigilia della guerra, giunge ad esaurimento la parabola del giolittismo che fa registrare una grande avanzata della sinistra intransigente alle prime elezioni a suffragio universale maschile dell’ottobre 1913, la Toscana della mezzadria e del latifondo maremmano sta cedendo il passo all’industria che propizia la crescita di un proletariato sempre più numeroso e agguerrito», (dalla relazione introduttiva di Sandro Rogari).
Il libro ripercorre grazie all’apporto di competenze diverse, storiografiche e letterarie, le poche convergenze nella regione con le politiche giolittiane e le molte avversioni e dissonanze. Alla dimensione politica si affianca quella sociale ed economica e del mondo della cultura per il quale la Firenze di inizio Novecento divenne crogiolo di nuovi orientamenti e di nuove relazioni fra politica e cultura.

Polistampa, 2025

A cura di:

Pagine: 336

Caratteristiche: br.

paperback

Formato: 17x24

ISBN: 978-88-596-2498-1

Collana:
Società toscana per la storia del Risorgimento | Studi, 12

Settori: