Rilanciate in questi ultimi anni, liberate finalmente dal mito della “cucina povera” per rivestirsi di quello, semmai, della “cucina sana e intelligente”, zuppe e minestre sono oggi le magiche interpreti di sagre campagnole e feste popolari che celebrano i prodotti della terra. Ma non solo. Anche i grandi ristoranti ne propongono, spesso con notevoli varietà di menù.
I piatti toscani di una volta erano semplici, poveri, ma non per questo privi di sapori: le zuppe di verdura, in particolare, ne sono un tripudio. Nella Toscana di cinquant’anni fa si seguivano sostanzialmente le stagioni, raccogliendo quello che offriva l’orto e cucinandolo. Quella raccontata nel libro è una cucina completamente anarchica, spesso una cucina “a occhio”, una cucina che talvolta può richiedere molto tempo. Ma, come afferma l’Autrice, “tovare il tempo per ricercare i sapori di una volta è solo un piccolo sacrificio che ripaga con gli interessi”.
I piatti toscani di una volta erano semplici, poveri, ma non per questo privi di sapori: le zuppe di verdura, in particolare, ne sono un tripudio. Nella Toscana di cinquant’anni fa si seguivano sostanzialmente le stagioni, raccogliendo quello che offriva l’orto e cucinandolo. Quella raccontata nel libro è una cucina completamente anarchica, spesso una cucina “a occhio”, una cucina che talvolta può richiedere molto tempo. Ma, come afferma l’Autrice, “tovare il tempo per ricercare i sapori di una volta è solo un piccolo sacrificio che ripaga con gli interessi”.
Rilanciate in questi ultimi anni, liberate finalmente dal mito della “cucina povera” per rivestirsi di quello, semmai, della “cucina sana e intelligente”, zuppe e minestre sono oggi le magiche interpreti di sagre campagnole e feste popolari che celebrano i prodotti della terra. Ma non solo. Anche i grandi ristoranti ne propongono, spesso con notevoli varietà di menù.
I piatti toscani di una volta erano semplici, poveri, ma non per questo privi di sapori: le zuppe di verdura, in particolare, ne sono un tripudio. Nella Toscana di cinquant’anni fa si seguivano sostanzialmente le stagioni, raccogliendo quello che offriva l’orto e cucinandolo. Quella raccontata nel libro è una cucina completamente anarchica, spesso una cucina “a occhio”, una cucina che talvolta può richiedere molto tempo. Ma, come afferma l’Autrice, “tovare il tempo per ricercare i sapori di una volta è solo un piccolo sacrificio che ripaga con gli interessi”.
I piatti toscani di una volta erano semplici, poveri, ma non per questo privi di sapori: le zuppe di verdura, in particolare, ne sono un tripudio. Nella Toscana di cinquant’anni fa si seguivano sostanzialmente le stagioni, raccogliendo quello che offriva l’orto e cucinandolo. Quella raccontata nel libro è una cucina completamente anarchica, spesso una cucina “a occhio”, una cucina che talvolta può richiedere molto tempo. Ma, come afferma l’Autrice, “tovare il tempo per ricercare i sapori di una volta è solo un piccolo sacrificio che ripaga con gli interessi”.
Maria Pacini Fazzi, 1996
Pagine: 80
Caratteristiche: ill. b/n, br.
ill. b/n, br.
Formato: 12x16,5
ISBN: 978-88-7246-233-9
Collana:
I Mangiari, 13
Settore: