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Convinti di «non essere in guerra con la Russia » – come spesso ripete il ministro degli Esteri Tajani – molti italiani preferiscono...

Che però portò alle dimissioni di Segni dal Quirinale. Inventato dal Kgb il servizio segreto russo come rivela Francesco Bigazzi in un suo libro

Convinti di «non essere in guerra con la Russia » – come spesso ripete il ministro degli Esteri Tajani – molti italiani preferiscono dimenticare la strategia ibrida cui da decenni Mosca sottopone il nostro Paese, considerato l’anello debole della Nato. Neppure gli attacchi di hacker ai siti istituzionali; o i reclutamenti di spie, come nel caso di Waler Biot, l’ufficiale di Marina condannato a trent’anni, sembrano suscitare un allarme adeguato.
Per questo è istruttivo ripercorrere in un libro che ho firmato con il giornalista Francesco Bigazzi, a lungo corrispondente dell’Ansa da Mosca, quello che alcuni considerano la più grande «fake news del dopoguerra». Cioè il falso colpo di Stato denunciato nel 1967 dall’«Espresso» su impulso sovietico, ed entrato nei libri di storia come «Piano Solo».
Che è anche il titolo del saggio – pubblicato da Mauro Pagliai, (pp. 151, 12 euro), con l’aggiunta significativa «Golpe sì, ma rosso» – in cui viene ricostruita l’intera vicenda, con una rivelazione decisiva. Essa si basa su un’intervista concessa dal colonnello del Kgb Leonid Kolosov, all’epoca degli avvenimenti vice capo del servizio sovietico a Roma. Kolosov rivela di avere passato le informazioni false, raccolte da altri agenti di Mosca in America e poi consegnate a un intermediario italiano fidato, al giornalista de «L’Espresso» Lino Jannuzzi. Questi, appoggiato dal direttore Eugenio Scalfari, scatenò su quella base la clamorosa campagna di stampa destinata a incolpare, costringendolo alle dimissioni, il Presidente della Repubblica Antonio Segni; e con lui il comandante dell’Arma dei carabinieri Giovanni de Lorenzo.
Secondo l’accusa, i due, tre anni prima, nel 1964, avrebbero organizzato un colpo di Stato parafascista, convocando i vertici dell’Arma e predisponendo un piano per scavalcare il Parlamento, arrestando e deportando gli oppositori in Sardegna, e avvalendosi delle schedature predisposte a suo tempo dal Sifar, il servizio segreto delle forze armate italiane. Il tutto concepito allo scopo di bloccare lo scivolamento a sinistra dell’Italia, dove si stava per varare un governo basato sull’alleanza fra Moro e Nenni.
Riassumere questa specie di giallo internazionale in breve è impossibile, anche per l’incredibile intreccio di ricatti, scontri personali e colpi di scena, cui non fu estraneo nemmeno il Presidente Saragat, che aveva preso il posto di Segni. Il polverone alzato in quei mesi sembrò spingere l’Italia nel caos politico e istituzionale, con rivelazioni, smentite e dietrologie poi passate alla storia. Per esempio, la frase fantasiosamente attribuita a Nenni sul «tintinnio di sciabole » che avrebbe accompagnato i preparativi di golpe al Quirinale.
L’aspetto incredibile della vicenda è che al termine di tre processi, altrettante inchieste amministrative e un’indagine parlamentare, gli accusatori Jannuzzi e Scalfari vennero condannati, ma non scontarono un giorno di carcere, facendosi eleggere in parlamento. E, soprattutto, le polemiche e le interpretazioni colpevoliste continuarono, come se nulla fosse successo, consegnando la leggenda del colpo di Stato e del Piano Solo alla storia nazionale. Anche perché nessuno riuscì mai a incastrare il responsabile della falsa pista «con la pistola fumante «, e dunque le varie parti politiche continuarono a coltivare ciascuna la propria verità. Persino quello che avrebbe dovuto permettere lo scioglimento definitivo del mistero, dopo la caduta dell’Urss, e cioè l’interrogatorio del colonnello Kolosov nel 2003 alla commissione Mitrokhin, si risolse invece in un nulla di fatto, perché lo spione sovietico, di fronte alle domande insistenti, e con il rischio di essere incriminato, confuse le piste e negò.
Tutto ciò fino all’uscita di questo libro, che riporta parola per parola la confessione del colonnello, ormai al sicuro nel suo appartamento di Mosca.
Ma qual era lo scopo finale di tutta l’operazione? Come dimostrano altri documenti finalmente desecretati, quello di spargere il caos in Italia, verificare la debolezza del Paese Nato e soprattutto screditare i suoi servizi segreti. Operazione di guerra ibrida e disinformazione pienamente riuscita, dal momento che negli anni immediatamente seguenti, quelli del terrorismo, gli apparati di sicurezza, usciti distrutti dalla vicenda del Piano Solo, non furono in grado per lungo tempo di infiltrarsi negli ambienti eversivi, né di valutare la gravità della minaccia brigatista e di reprimerla adeguatamente. Non solo, si rafforzò in quei mesi angosciosi del 1967 la ideologia della «strategia della tensione» e del «doppio Stato«, secondo cui le forze reazionarie italiane, nascoste nell’ombra, complottano con la Cia americana per abbattere la democrazia, ricorrendo a depistaggi e attentati. La guerra ibrida realizzata da Mosca, insomma, allora si rivelò vincente. E come stupirsi, ora, se prende di mira periodicamente il nostro, oltre a tanti altri Paesi?
Data recensione: 04/12/2024
Testata Giornalistica: Italia Oggi
Autore: Dario Fertilio