Inchieste, processi, e perfino un’indagine parlamentare: il “Piano Solo”, cioè il mancato colpo di Stato denunciato dall’«Espresso» nel 1967...
Un saggio di Francesco Bigazzi e Dario Fertilio rivela che
il presunto colpo di Stato attribuito nel 1964 dalla sinistra al presidente
Antonio Segni fu un falso creato ad arte dalla “dezinformacija” sovietica
Inchieste, processi, e perfino un’indagine parlamentare: il “Piano Solo”, cioè il
mancato colpo di Stato denunciato dall’«Espresso» nel 1967, è stato il campo di
battaglia di mille polemiche e di ipotesi contrapposte. La storia oggi subisce
una svolta (si spera definitiva) grazie al lavoro dei due giornalisti Francesco
Bigazzi e Dario Fertilio, che hanno attinto a fonti inedite e a documenti
desecretati dal governo per dare alle stampe il saggio Il piano solo: golpe sì,
ma rosso, pubblicato da Mauro Pagliai nella collana «Verità scomode» e in
uscita il 15 dicembre. Con “Piano Solo”, ormai da 60 anni, ci si riferisce a un
presunto tentativo di colpo di Stato ordito nell’estate del 1964 dall’arma dei Carabinieri,
su sollecitazione dell’allora presidente della Repubblica, il democristiano
Antonio Segni. Il progetto, che si scrisse avrebbe previsto l’arresto e la
deportazione in Sardegna dei dirigenti dei partiti d’opposizione e dei
sindacati, non fu mai attuato ma incise comunque nella crisi del primo governo
di Aldo Moro. Oggi Bigazzi e Fertilio sovvertono l’accusa, che all’epoca fu
lanciata dall’Espresso e potentemente divulgata dalle principali testate della sinistra,
da Paese Sera a L’Astrolabio: i due giornalisti sostengono si sia trattato di
una delle più gravi fake-news del secolo, creata ad arte dal KGB. La stessa
tesi era già stata sostenuta nel 2021 da Mario Segni, figlio del presidente
Antonio Segni, che scrive l’introduzione al saggio: «La ricerca di Fertilio e
Bigazzi», sostiene Segni, «chiarisce gli aspetti politici della vicenda e dà un
colpo fortissimo a questa scandalosa falsificazione». Gli elementi emersi dai
lavori della commissione Mitrokhin, e in particolare le rivelazioni del
colonnello Leonid Kolosov – già numero due dei servizi segreti russi in Italia
– contribuiscono a disperdere la cortina di fumo creata negli anni Sessanta
dalla “dezinformacija” di Mosca per creare disordine in Italia (e nel resto
dell’Occidente europeo), coinvolgendo in accuse più che infamanti le massime
cariche dello Stato, i vertici delle forze armate, i mass media e l’opinione
pubblica. «I nostri servizi segreti», sostengono i due autori, «furono
squassati dalle polemiche e additati al pubblico sospetto, e subirono un colpo
tale da non riuscire più, in seguito, a fronteggiare i movimenti eversivi già
in incubazione, e destinati poi a esplodere poi negli anni di piombo». Cioè
l’obiettivo che fin dall’inizio gli ideatori del Golpe Rosso, con ogni
probabilità, si erano proposti di ottenere.
Data recensione: 11/12/2024
Testata Giornalistica: Panorama.it
Autore: Maurizio Tortorella