Il marchese Roberto Ridolfi (1899-1991) è stato una figura di spicco nel panorama culturale italiano del Novecento: fiorentino
Il marchese Roberto Ridolfi (1899-1991) è stato una figura
di spicco nel panorama culturale italiano del Novecento: fiorentino, discendente
di una illustre famiglia cittadina, dedicò la propria vita all’illustrazione
della storia culturale della sua città. Le ricerche da lui condotte
riguardarono personaggi di spicco della storia culturale della città del
giglio: da Guicciardini a Machiavelli a Savonarola; le indagini erano condotte
utilizzando archivi e biblioteche pubbliche, ma anche archivi privati specie
quelli delle famiglie nobili cittadine. La particolare attenzione di Ridolfi
per gli archivi privati lo condusse a essere nominato membro del Consiglio
superiore degli archivi, e nel giugno del 1929, a intervenire con una relazione
al primo congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, tenutosi a
Venezia. Il costante impegno dedicato alla cura, alla conservazione e allo
studio degli archivi, nel 1934, gli meritarono per chiara fama la libera
docenza in archivistica e, nel 1937-38, la partecipazione alla commissione per la
riforma legislativa degli archivi di Stato. Parallela a questa feconda attività,
Ridolfi, specie nel dopoguerra, sviluppò un’intensa attenzione agli incunaboli
e, in genere, alla bibliologia, interesse che lo portò ad assumere la direzione
de La Bibliofilia, a partire
dall’annata 1944 fino al 1982. In campo bibliologico, Ridolfi compì studi
esemplari sui paleotipi, cioè, strictu
sensu, i libri stampati ante 1470, ma, più in generale, termine usato quale
sinonimo di incunabolo. L’interesse per questa fattispecie tipografica fu
talmente viva in lui da proporre, all’allora Ministero della Pubblica
Istruzione, la creazione a Firenze di un Centro universitario di studi
sull’argomento che, dopo molte fatiche, venne approvato nel 1956 ma che, nei
fatti, funzionò solo per qualche anno. Ridolfi tenne inoltre, dal 1952 al 1957,
un corso universitario di Biblioteconomia e uno di Bibliografia presso la
Facoltà di Lettere di Firenze. La passione per gli stampati del XV secolo fu
ben presto per lui anche una passione collezionistica, influenzato in questo,
forse, dall’amicizia con la famiglia Olschki, che lo portò a costituire «una
immensa collezione di incunabuli», come la definì lui stesso.
Per costituire la sua collezione, il marchese intrattenne rapporti con librai
antiquari europei facendosi sovente egli stesso venditore di cimeli
bibliografici e intrattenendo corrispondenza con studiosi e mercanti.
Scomparso nel 1991, la biblioteca e l’archivio Ridolfi vennero acquistati dalla
Fondazione Biblioteche della Cassa di Risparmio di Firenze che tuttora li
conserva e li mette a disposizione degli studiosi. Proprio dai fondi
dell’archivio personale conservato dalla Fondazione trae il naturale
sostentamento questo lavoro di Marco Francalanci, attualmente ayuda postdoctoral Margarita Salas
all’Università di Alcalà. Il lavoro di Francalanci, come recita il titolo, è
consistito nel rintracciare ed editare le lettere – conservate nell’archivio –
scambiate da Ridolfi con due celebri studiosi oxoniensi: Cecil Roth e Cecil
Grayson; si tratta di una corrispondenza intrattenuta in lingua italiana,
considerato che, fin dalla prima lettera, il marchese confessa una «imperfetta
conoscenza della lingua inglese» (p. [33]).
Cecil Roth (1899-1970), coetaneo del marchese fiorentino, è stato soprattutto
uno studioso celebre per le sue ricerche di storia ebraica ed è stato direttore
della Encyclopaedia Judaica dal 1965
fino alla morte.
La corrispondenza tra i due uomini copre gli anni dal 1926 al 1970, anno della
morte di Roth, per un totale di 273 documenti tra lettere, biglietti e
cartoline. Come si verifica sovente, i documenti inviati da Roth al marchese
rappresentano la maggioranza dei documenti: sono infatti solo 71 quelli inviati
da Ridolfi al corrispondente inglese. La corrispondenza, oltre a testimoniare
la nascita e il consolidamento dell’amicizia tra i due personaggi, mette in
evidenza lo scambio di favori tipico tra studiosi: il controllo delle
biblioteche e degli archivi, la riproduzione di documenti, e altro. Ci restituisce
l’attenzione di Ridolfi per la fortuna internazionale dei propri lavori su
Savonarola, Machiavelli e Guicciardini, tradotti in inglese dall’altro
corrispondente oxoniense, Cecil Grayson. Ci rende tangibile la richiesta –
avanzata a entrambi i Cecil – di adoprarsi per fargli ottenere la laurea
honoris causa a Oxford, impresa che riuscì nel giugno del 1961. Infine, il
carteggio di Roth reca tracce evidenti dei rapporti anche commerciali di
Ridolfi con il mercato antiquario inglese dei quali lo studioso inglese fu
tramite e intermediario: lettere che rivestono un notevole interesse per la
formazione della collezione Ridolfi e, più in generale, per la storia del
commercio librario. Solo 84 documenti costituiscono la seconda parte del lavoro
di Francalanci, e cioè le lettere scambiate tra Ridolfi e Grayson, che
principiano nel 1958 e s’interrompono nel 1974: le lettere di Ridolfi sono in
totale 38.
Cecil Grayson (1920-1998) fu studioso di letteratura italiana e professore a
Oxford dal 1958, curò edizioni di L. B. Alberti (Opere volgari, 3 voll., 1960-73) e del Calmeta, fu autore di
contributi allo studio della letteratura italiana del Quattrocento.
La corrispondenza Grayson-Ridolfi ha un argomento particolarmente ricorrente
che è quello della traduzione in lingua inglese delle monografie del
fiorentino: le biografie di Savonarola (1952), Machiavelli (1954) e di
Guicciardini (1960) che usciranno, «translated from the italian by Cecil
Grayson», rispettivamente nel 1959, nel 1963 e nel 1967. Le lettere ci
restituiscono la talvolta assillante pressione del fiorentino sul traduttore
perché consegni in fretta la traduzione (alla quale, scopriamo proprio da
questa fonte, lavorava molto la moglie di Grayson, Margaret: si veda, ad
esempio, «Mia moglie ha finito proprio oggi il primo abbozzo del suo
Machiavelli. Io la seguo ripulendo e battendo a macchina» (p. 199). Altra
incombenza che Ridolfi carica sulle spalle di Grayson è quella di tenere i
rapporti con gli editori inglesi e americani che pubblicheranno i testi dei
suoi lavori e con i periodici per la pubblicazione di recensioni. Oltre
all’argomento della concessione della laurea honoris causa, lo scambio epistolare offre anche uno sguardo
sull’attività di italianista del Grayson e sui suoi frequenti soggiorni
italiani, spesso ospite a Firenze, nella villa I Tatti dell’Harvard University
Center for Italian Renaissance Studies. Nessun cenno, invece, si rinviene in
merito al collezionismo librario di Ridolfi e ai suoi rapporti coi librai
inglesi: gli scambi si concentrano piuttosto sulle informazioni bibliografiche
e sulla richiesta di assistenza a giovani studiosi che si recavano a Firenze
per ricerca. Dunque, due tranches de vie
piuttosto diverse quelle che ci vengono restituite dalla lettura dei documenti
accumunate dalla comune amicizia con il marchese fiorentino che, in queste
corrispondenze, mostra il suo noto carattere “difficile”, impasto di orgoglio
dinastico e culturale, non scevro da tratti di ipocondria. La pubblicazione di
carteggi privati, che non erano evidentemente “costruiti” per essere conservati
e pubblicati, penetra nell’intimità delle personalità interessate allo scambio
anche se, nel caso specifico, lo scambio epistolare rimane sempre entro i
confini più o meno netti di un rapporto “professionale” con accenni personali
limitati alle condizioni di salute o a eventi luttuosi e tuttavia capace, specie
nel caso di Roth, di denunciare anche le rispettive piccolezze, come nota
Edoardo Barbieri (p. 10).
Il volume curato da Marco Francalanci è pubblicato – con un contributo della
Fondazione Biblioteche della Cassa di Risparmio di Firenze – nella seconda
serie delle pubblicazioni del Centro di studi sulla civiltà toscana fra ‘800 e
‘900, centro nato nel 1992 dall’accordo tra la Fondazione medesima e la
Fondazione Giovanni Spadolini Nuo va Antologia. Tra le attività derivanti da
quell’accordo, oltre all’attività editoriale, vi è quella di erogare borse di
studio per la ricerca. Ed è appunto grazie a una di queste borse di studio che
Marco Francalanci ha potuto indagare i rapporti tra Ridolfi e i due corrispondenti
inglesi, come attestato dalla Presentazione del volume dovuta alla penna di
Aureliano Benedetti, Presidente della Fondazione stessa (p. [7]). Alla
Presentazione fa seguito una premessa a firma di Edoardo R. Barbieri, attuale
Direttore della rivista La Bibliofilia,
con un breve ragionamento sul rapporto tra Ridolfi e i due studiosi inglesi.
A questi due preamboli, segue l’introduzione di Marco Francalanci dal titolo:
Il marchese Ridolfi nel mondo anglosassone. La
mediazione dei “due Cecil” (p. [11]-28). L’introduzione è scandita in
quattro paragrafi: Premessa (p. [11]-14) nel quale si accenna alla biografia
ridolfiana; Cecil I (p. 14-19) nel
quale viene analizzato il rapporto di Ridolfi con Roth; quindi, Cecil II (p. 19-23) dedicato a Grayson
e, infine, Rupertus Britannicus (p.
23-27) dedicato al rapporto tra Ridolfi e il mondo inglese, citando nel titolo
la scherzosa firma che il marchese utilizzò in una lettera dopo la laurea
oxoniense. Le pagine 27-28 sono dedicate alla descrizione dei due fondi di
lettere all’interno dell’archivio Ridolfi e ai criteri seguiti nella
pubblicazione oltre che ai ringraziamenti. Seguono poi due pagine non numerate
[29-30] contenenti tre riproduzioni – di non grande qualità invero – di
lettere. L’edizione del carteggio è diviso in due blocchi diseguali da p. [33]
a p. 181 quello con Roth e da p. [183] a p. 235 quello con Grayson. Conclude il
volume (p. [237]-[242]) l’indice dei nomi nel quale non potremo tacere qualche
piccola scelta che non ci pare condivisibile come: “Austria, Arciduca Giovanni
d’” o “Beauharnais, Eugenio” in cui la scelta dell’italianizzazione del nome ha
portato anche alla perdita della particella nobiliare o ancora: “Degli Uberti,
Fazio”.
Il lavoro di edizione dei testi mantiene fede ai criteri enunciati in premessa
e si sono rilevati minimi errori di stampa che l’intelligenza del lettore sarà
in grado di correggere senza difficoltà, certo, resta il dubbio, quando si
tratti di refusi nel testo di una lettera, se il termine sia stato scritto
realmente in maniera errata (e allora sarebbe stato opportuno segnalarlo con il
classico sic) oppure si tratti di un refuso dell’editore o del proto. Ad
esempio, a p. 213, scrivendo a Ridolfi, Grayson dettaglia il percorso del
proprio viaggio in Italia e, tra le località attraversate, cita «Modone (via
Torino)». Ora pare piuttosto evidente che si tratti della località (francese
dal 1860) di Modane, che ha una forma desueta italiana Modana. L’errore è
dunque comprensibile, ma chi l’ha commesso? Si tratta, lo ripetiamo, davvero di
piccolezze come, per finire con gli esempi, la nota 7 di pagina 184 che risulta
quanto meno in contrasto col testo a cui si riferisce. Scrive Ridolfi a Grayson
a proposito della traduzione inglese del Savonarola «di cui, come ella sa,
usciranno due edizioni, una americana di Knopf e una britannica di Routledge».
La nota afferma «L’edizione inglese dell’opera venne affidata invece a Routledge» (il corsivo è mio).
Rimane nel complesso un giudizio più che positivo del lavoro di Francalanci,
che ci ha messo a disposizione questo nuovo importante tassello di storia dei
rapporti culturali tra Italia e Gran Bretagna anche dal punto di vista degli
studi letterari, bibliografici e bibliologici. E di questo dobbiamo essergli
riconoscenti.
Data recensione: 01/01/2024
Testata Giornalistica: Bibliothecae.it
Autore: Graziano Ruffini