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La differenza di vedute su alcuni punti fondamentali, la grande fede in comune e soprattutto il rispetto reciproco. Il carteggio completo...

La differenza di vedute su alcuni punti fondamentali, la grande fede in comune e soprattutto il rispetto reciproco. Il carteggio completo, l’unico conosciuto tra Giulio Andreotti (1919-2013) e Giorgio La Pira (1904-1977) negli anni 1950-1977, curato dallo storico Augusto D’angelo, racconta una storia unica e vera. Presentandosi con un titolo attualissimo: “Bisogna smettere di armare il mondo”. Perché leggendo le 160 lettere riportate nel libro emergono, oltre alla lunga amicizia tra due uomini di Stato e alti esponenti cattolici della Dc, molti parallelismi tra passato e presente, dal desiderio di assecondare le necessità di chi ha bisogno di casa e lavoro alla ferrea volontà di risolvere la questione della pace nel mondo.
Un rapporto, il loro, che ebbe inizio alla fine degli anni Trenta e attraverserà fasi fondamentali della storia d’Italia, dall’avvento della Repubblica alla stagione della solidarietà nazionale. La raccolta, che parte dal novembre 1950, prosegue con l’apertura del governo all’ingresso dei socialisti fino alle battaglie su aborto e divorzio. E oggi, a distanza di quasi mezzo secolo, sono cambiati i modi di affrontare i conflitti ma la sensazione di smarrimento resta immutata e senza tempo. Anche per questo l’inedito epistolario tra Andreotti e La Pira, frutto del lavoro certosino e appassionato realizzato tra gli archivi della Fondazione La Pira di Firenze e di quelli di Andreotti a Roma, rappresenta un’importante testimonianza storica e culturale dell’epoca che assume un significato molto più profondo di semplici scambi di idee tra due protagonisti della politica italiana del Novecento. Evitando di tralasciare, in un ciclo lungo 40 anni, le divergenze di opinione nioni in un rapporto improntato sempre alla reciproca correttezza e lealtà tra due personalità diverse e ben descritte da D’Angelo, il quale evidenzia come “nell’uno c’è una radicalità che tenta di travalicare i limiti in nome del primato della persona, mentre per l’altro tutto è realizzabile ma attraverso un cauto riformismo”. Così, per comprendere il contenuto del testo basta partire proprio dal titolo, racchiuso in una breve missiva dell’11 agosto 1977 indirizzata dall’ex sindaco santo di Firenze all’allora presidente del Consiglio, che in quel periodo guidava il suo secondo governo. “Andreotti – scrive La Pira – deve impegnarsi anche lui, a nome dell’Italia, contro la bomba al neutrone. A qualunque costo bisogna smettere di armare il mondo per distruggerlo”. Una voce anticipatrice. Lo sconforto di chi si rivolge con parole sincere al vecchio amico con l’intento di fermare la corsa agli armamenti nucleari, e di chi chiede di esaminare i problemi legati alla Guerra Fredda, all’intervento statunitense in Vietnam senza trascurare, nelle lettere, la politica interna e le sue urgenze, la tutela dei più deboli, invocando l’aiuto dell’amico al governo anche per sollecitare l’erogazione dell’ultima quota di quattro per un importo di 30 milioni di lire disposta dal ministro Scelba e destinata a 500 monasteri di clausura dove risiedevano 30mila suore, questione di cui era a conoscenza anche Fanfani.
“Dalle lettere – scrive D’angelo – emerge una significativa stima reciproca, ed una convergenza di fondo su alcuni grandi temi ed obiettivi legati alla fede comune, anche se in varie occasioni si registra una evidente distanza che non è solo nella metodologia d’approccio alle questioni da affrontare, ma rinvia a visioni distinte del ruolo della politica e dei compiti dello Stato. Andreotti, pur non risparmiando critiche puntuali ad alcune iniziative di La Pira, ha sempre avuto grande considerazione nei confronti dell’interlocutore, tanto da averlo inserito tra le grandi personalità che ha frequentato”. Quindi, “Giulio Andreotti non era Giorgio La Pira”, sottolinea il cardinale Matteo Maria Zuppi nella prefazione. “Le loro posizioni politiche erano molto diverse, quasi opposte. Nella commemorazione che ne fece nel 2004, Andreotti sottolineò che La Pira era stato un ‘terzaforzista’, cosa che, ovviamente, lui non è mai stato. Tra i suoi ricordi di gioventù, Andreotti aveva conservato quello di La Pira che, nel settembre 1942, parlava con entusiasmo della pace davanti a un podestà fascista di Assisi in grave disagio, ma anche affascinato da quel singolare oratore. E, nella commemorazione del 2004, sempre Andreotti disse che un aggettivo definiva La Pira più di tutti gli altri: ‘straordinario’. Straordinario, anzitutto, perché santo, ma un ‘santo scomodo’, le cui posizioni obbligavano sempre a porsi domande importanti”.
Data recensione: 23/03/2024
Testata Giornalistica: Conquiste del Lavoro
Autore: Fabio Ranucci