Sorpresa! Gli italiani sono molto più ricchi di quanto indicano le statistiche. È il risultato di un’accurata ricerca condotta
Sorpresa! Gli italiani sono molto più ricchi di quanto indicano
le statistiche. È il risultato di un’accurata ricerca condotta da Piero
Bargellini che ha dedicato la vita al volontariato, è un esponente delle Acli
anche a livello nazionale ed è autore di numerosi saggi, l’ultimo dei quali,
appena uscito per i tipi dell’editore Polistampa di Firenze, ha per titolo “L’economia
dell’auto produzione”, e come sottotitolo: “Il mutamento sociale ed il volontariato”.
Piero, andiamo subito alle conclusioni:
dalla disamina dei dati e dal confronto con le statistiche ufficiali, salta
fuori come risultato non banale che le statistiche nazionali, per quanto riguarda
la ricchezza pro capite, sono sottostimate di qualcosa come il 15 per cento. Ciò
per effetto di tre fattori principali: l’autoproduzione, il volontariato e i
servizi offerti gratuitamente dagli enti non profit. Da dove sei partito per
arrivare a queste cifre?
«Dai censimenti ISTAT della popolazione italiana: prendendo in esame quello del
1971 e i successivi fino all’ultimo disponibile, quello del 2011, si vede come
circa 10 milioni di italiani abbiano abbandonato le città per trasferirsi al di
fuori delle stesse, in quelli che io chiamo i borghi. In particolare ho esaminato
quanto è successo nelle più grandi 130 città italiane, partendo ovviamente da
Roma, con circa 2 milioni di abitanti e arrivando fino ad Anzio, che ha poco
meno di 50.000 abitanti. Questi transfughi hanno lasciato le grandi città dove
abitavano in condomini e dove si viene amministrati, per andare a vivere in
borghi, spesso comprandosi la casa. Il mercato immobiliare lo conferma, fuori
città ci sono pochi appartamenti disponibili mentre nelle grandi città le case
vuote abbondano».
Con quali effetti?
«Se uno va ad abitare in una casa di proprietà fuori città, di sicuro dedica
molta più cura al proprio appartamento e spesso ne gestisce la manutenzione in
proprio, se ha un bosco vicino va a tagliarsi la legna e risparmia sul
riscaldamento, se ha un pezzetto di terra da coltivare si fa l’orto, ma, più
che altro, sta in un ambiente dove tutti si conoscono e tutti si riconoscono
come appartenenti alla stessa comunità, è più libero negli obblighi formali,
gode di una serie di benefici che non gli costano e che pertanto si
concretizzano in un reddito aggiuntivo reale, che però non appare nelle
statistiche».
Mi ha molto colpito trovare all’inizio
nel tuo libro un dettagliato questionario dove tu inviti il lettore a
verificare le proprie conoscenze e le proprie capacità in relazione a possibili
attività di autoproduzione. Per esempio, tu domandi: di quale fioritura di
pomodori va conservato il seme per l’anno successivo? Oppure, in quale fase
lunare si piantano gli or taggi? Infine, prima di dare l’antiruggine sulla
ringhiera di casa, quale operazione va fatta?
«Il questionario è stato inserito nel libro con un doppio scopo, un po’ per
alleggerirne il contenuto fatto di tanti numeri, ma anche per permettere al
lettore di verificare quello che lui sarebbe in grado di fare, così da
consentirgli di rendersi conto di come tante piccole attività, tutte insieme,
alla fine dell’anno si possono tradurre in consistenti risparmi».
L’Italia è un paese particolare perché
oltre l’ottanta per cento della popolazione abita in un appartamento di
proprietà.
«Non solo questo: bisogna anche tener conto che da noi solo il 19% dei
proprietari di casa hanno acceso o hanno in essere un mutuo per perfezionare l’acquisto.
Ci sono altri paesi del Nord Europa, ad esempio in Olanda, dove le percentuali
di persone che abitano in abitazione di proprietà avvicinano i valori italiani,
ma c’è una grande differenza, perché spesso lì i mutui in essere superano il 50
per cento, talvolta il 60 anche il 70 per cento del valore degli immobili. Ne
consegue che, mentre da altre parti una fetta di reddito va dedicata al
servizio del prestito per pagare gli interessi e rimborsare le rate, in Italia
questa quota di reddito può essere dedicata ad altri tipi di consumi. Tutto
questo si traduce non solo in un incremento del reddito reale, ma anche in un
miglioramento della qualità della vita. Nel borgo tutti si conoscono, non hai
bisogno della baby-sitter perché hai sempre qualcuno al quale affidare i
bambini, hai sempre chi ti dà una mano se devi fare una piccola riparazione e
così via. E tutto questo, ovviamente, ha un valore ancora maggiore in periodi
di crisi come l’attuale».
Una parte consistente del tuo studio è
dedicata al volontariato e al contributo che offre alla comunità chi vi si
impegna, dedicando il proprio tempo e le proprie capacità a titolo gratuito per
perseguire il bene degli altri.
«Sicuramente il volontariato non l’ha inventato Keynes, in Toscana si pratica
da oltre 700 anni, basta pensare al sistema delle Misericordie, dove tante
persone mettono a disposizione il proprio tempo, le proprie capacità per
guidare le autoambulanze, soccorrere i feriti, eccetera eccetera, ma il
volontariato si esprime in tantissime attività: pensiamo ai disastri sul
territorio, ai terremoti. Quando in Italia accade una cosa del genere accorrono
volontari da tutte le parti, spesso addirittura arrivano in troppi».
Nel tuo libro tu non ti limiti a
esaminare il fenomeno, metti anche in evidenza gli effetti economici positivi
che determina.
«Certo, è dimostrato che se tu impegni dei fondi pubblici per attivare o sostenere
iniziative di volontariato, il ritorno economico è altissimo, calcolabile anche
in 6, 7 volte il capitale investito. Ciò è particolarmente vero ed evidente
adesso, quando il progresso e l’evoluzione impongono che tanti servizi di volontariato
vengano espressi con professionalità e disponendo delle attrezzature adatte. Ciò
significa costi di investimento e spese per un addestramento adeguato dei
volontari disponibili: è un fatto che servono investimenti per avere
autoambulanze adeguatamente attrezzate e non si può di certo andare a
soccorrere chi è rimasto sotto le macerie di un terremoto solo armati di pala e
badile. I fondi impegnati a sostegno di quello che adesso si chiama il “terzo
settore” tornano indietro moltiplicati».
Speriamo che chi deve decidere in materia
ne tenga conto!
Data recensione: 23/05/2021
Testata Giornalistica: America Oggi
Autore: Piero Piccardi