Jean-Jacques Ampère ebbe la passione di viaggiare, confrontando i luoghi degli autori che amava
Jean-Jacques Ampère ebbe la passione di viaggiare,
confrontando i luoghi degli autori che amava (e che insegnava nelle classi di
letteratura alla Sorbona e al Collège de France) alla pagina scritta, esaminata
in tutte le sue risonanze. Niente sfuggiva al suo interesse: dalle lingue baltiche,
all’archeologia egizia, tema di ricerca che lo aveva portato a soggiornare a Torino,
dove aveva esaminato le collezioni del da poco aperto Museo Egizio. Insomma un
comparatista d’elezione, tra i primi a concepire lo studio delle lettere come
una messa in risonanza di mondi diversi. Nel 1839 pubblicò in due puntate il
suo Voyage dantesque sulla influente Revue des Deux Mondes: di questo testo
giunge ora in libreria un’edizione critica a cura di Massimo Colella, edito
dalla Società Dantesca Italiana e da Polistampa. Il testo, spesso imitato (un
tedesco volle addirittura attribuirsene la paternità), arrivò in italiano nel
1853, a Firenze, alla Casa editrice Le Monnier, per le cure del padre scolopio
Eustachio Dalla Latta. È un itinerario in cui la Commedia diventa la stella polare e il riferimento principale: una
visione dell’Italia centrale, specialmente, con scorci poco frequentati, affidati
a una narrazione brillante e vivace. Seguendo il poeta, Ampère racconta del volto
santo di Lucca, che non riesce a vedere, passa da Pistoia, Prato e approda a Firenze,
per rendere omaggio al suo autore favorito.
Data recensione: 11/11/2018
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Luca Scarlini