Lucio Riccetti, medievista, dedito da qualche anno alla storia del collezionismo di maioliche italiane
Le vicende collezionistiche di Pierpont Morgan e Alexander Imbert nel
primo Novecento
Lucio Riccetti, medievista, dedito da qualche anno alla storia del
collezionismo di maioliche italiane, ha raccolto e ampliato in questo volume le
sue meticolose ricerche dedicate a due figure cardine in questo campo nella
prima metà del Novecento: il magnate americano John Pierpoint Morgan
(1837-1913) e l’antiquario francese, ma nato a Napoli e con galleria a Roma,
Alexandre Imbert (1865-1943). Il libro ha alle spalle due mostre, tenutesi a
Perugia e Orvieto, e il relativo catalogo (1909.
Tra collezionismo e tutela. Connoisseur, antiquari e la ceramica medievale
orvietana), oltre a contributi comparsi in riviste come «Faenza» e «Nuova
Rivista Storica», e in atti di convegni.
Morgan e Imbert sono i protagonisti di una storia intrigante, in un contesto
storico e culturale che Riccetti sa delineare con particolare vivacità,
attingendo copiosamente a fonti letterarie come a inedite fonti d’archivio, da
cui trae citazioni illuminanti.
Nel mondo collezionistico della seconda metà dell’Ottocento, segnato dalla
crescita di interesse intorno alla maiolica italiana di età rinascimentale, gli
Stati Uniti seguono il passo dell’Europa con marcato ritardo. Emblematico il
mancato acquisto della collezione di Alessandro Castellani, esposta nel 1876 a
Filadelfia per la Centennial Exhibition e poi a New York, che però servì a
destare l’attenzione su questo tema.
Al fattore culturale era legato quello economico e, come ha sottolineato
Timothy Wilson nel suo recente catalogo della collezione del Metropolitan
Museum, la vera svolta si ebbe nel 1909, quando il governo abolì i dazi sulle
importazioni di opere d’arte, aprendo la strada a massicci afflussi
dall’Europa. Lo stesso Morgan fece allora trasferire la sua collezione di
maioliche da Londra a New York.
Messa insieme al partire dal 1901 con l’acquisto di un nucleo di ceramiche
appartenute a Charles Mannheim, cui seguirono acquisti dai principali antiquari
europei, come Lowengard e Seligmann a Parigi, Goldschmidt a Francoforte e
Imbert a Roma, comprendeva capolavori straordinari e rispecchiava la passione
di Morgan, collezionista famelico, per il Medioevo e il Rinascimento. Eletto
nel 1904 presidente del Metropolitan, non donò tuttavia la sua raccolta di
maioliche al museo, ma al figlio Jack, che ne mise in vendita la maggior parte,
pur destinandone diversi esemplari sia al Metropolitan che al Wadsworth
Atheneum di Hartford, città natale del padre.
Dispersa in vari rivoli, della collezione sarebbe potuto restare il catalogo,
la cui redazione Morgan padre aveva affidato a Imbert, se il progetto non fosse
naufragato, avversato dal figlio di Morgan e dalla influente segretaria Belle
Da Costa Green. I motivi? Dubbi sull’autenticità di alcuni pezzi (acquistati da
Imbert), insoddisfazione per la cura editoriale, ma soprattutto la volontà di
smembrare e vendere in tempi rapidi e senza troppo clamore la raccolta.
Antiquario di fiducia di Morgan, Alexandre Imbert era egli stesso collezionista
di maiolica rinascimentale e arcaica.
Riccetti ricostruisce la storia e la consistenza della raccolta, che variò nel
tempo per mutamenti di interessi e di mercato: una parte fu venduta da Imbert a
Valentine Everit Macy nel 1907, dopo essere stata proposta al Metropolitan (e
da esso rifiutata); una parte fu pubblicata nel libro sulle ceramiche orvietane
nel 1909, caposaldo negli studi sulla maiolica arcaica italiana con il
pionieristico lavoro di Pericle Perali (e dedica a Morgan); altra fu esposta
alla mostra sull’arte islamica di Monaco di Baviera nel 1910; infine, la
personale parigina del 1911 comprendeva più di 500 ceramiche, di cui molte
maioliche istoriate.
Al prestigio della raccolta dovette però nuocere la presenza di alcune
contraffazioni, su cui aveva allertato gli studiosi Otto von Falcke,
attribuibili all’abilissimo falsario pesarese Ferruccio Mengaroni. Le vicende
della collezione si chiusero bruscamente alla vigilia della seconda guerra
mondiale, con una svendita improvvisata e la successiva dispersione.
Nell’appendice al volume, Riccetti pubblica, oltre alle fotografie delle
maioliche Morgan realizzate tra il 1911 e il 1913 per il catalogo della
collezione, il cosiddetto «Portfolio Macy» (ante 1906), con la riproduzione
fotografica di 361 ceramiche della collezione Imbert e il catalogo della mostra
parigina del 1911, con relative immagini fatte eseguire da Imbert stesso e
reperite da Riccetti presso gli eredi.
Data recensione: 22/07/2018
Testata Giornalistica: Il Giornale dell’Arte
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