Non è facile individuare i passaggi e le immagini più belle e toccanti nel libro-tributo Davide Astori. Ci sono storie che…
Non è facile individuare i passaggi e le immagini più belle
e toccanti nel libro-tributo Davide
Astori. Ci sono storie che…, di Mario Lancisi e Marcello Mancini con la
collaborazione di Duccio Mazzoni, edito da Polistampa (pagine 128, 15 euro).
Non è, come qualcuno potrebbe pensare, un semplice flashback innestato sulla cronaca di un momento allo stesso tempo
drammatico e straordinario: lì sono state scritte pagine indelebili della
Storia di Firenze. Una città che non è normale, anche se per un padano come me
è difficile spiegarlo. Lo aveva ben compreso il mio conterraneo ed amico Emiliano
Mondonico, che ci ha lasciato venti giorni dopo la morte «del Capitano coraggioso»:
non per caso ritratti insieme mentre si scambiano una stretta di mano felice in
occasione della festa per i 90 anni della Fiorentina, il 28 agosto 2016. Una
data memorabile, come purtroppo rimarrà quella (4 marzo scorso ) in cui il cuore
di Davide ha cessato di batttere, a Udine. Il caloroso e corale omaggio che i fiorentini,
con tutto il mondo del calcio «pacificato», gli hanno reso nella piazza e nella
Basilica di Santa Croce, e non di meno quello delle settimane successive al Franchi,
hanno compiuto una sorta di prodigio. Quello di far tornare i Della Valle allo
stadio ed al timone della Fiorentina, senza continuare a minacciare di venderla
al miglior offerente, e di riunire «in un comune sentire» le anime belligeranti
di guelfi e ghibellini come è avvenuto in poche altre situazioni.
In questo «ritrovarsi» sono racchiusi valori (in primis quello dell’amicizia
descritta con toccanti «pennellate» da Saponara e Badelj, il dolore e la
sofferenza per una perdita immatura, il senso di appartenenza civile e sportiva)
che due giornalisti di razza hanno catalogato con indubbia incisività. Prima di
tutto hanno fatto emergere, senza cadere troppo nella retorica, i tratti umani
del calciatore, efficacemente tratteggiato nella prefazione dal sindaco Dario Nardella
e nell’Omelia pronunciata ai funerali dall’Arcivescovo card. Giuseppe Betori,
pubblicata integralmente. Questi documenti, con altre numerose significative testimonianze
riportate nel volume, danno un senso all’immensa partecipazione ed al netto
contrasto con i discutibili comportamenti spesso esibiti, dentro e fuori dal
campo, da osannati campioni. Fanno capire perché i fiorentini percepivano come
uno di loro questo giovane solido e tenace (cresciuto a San Pellegrino Terme,
perla della Val Brembana, dove ora riposa in pace) arrivato in Nazionale. E che
forse non avrebbe più lasciato la città del Giglio, avendo un chiaro progetto
di vita con Francesca e, grazie a lei la tenerezza del suo affetto paterno per
Vittoria: «Capitava – scrive Nardella – di incontrarlo per le strade del
centro, mentre spingeva la carrozzina della sua piccola: aveva un sorriso per
tutti, aveva la spensieratezza del campione saggio che non perde la genuinità
anche se la sorte e l’impegno lo hanno spinto nell’empireo dello sport. Un uomo
vero in campo perché lo era prima di tutto nella vita di ogni giorno. Una
persona sensibile, attenta ai temi politici e civili, generosa come ha saputo
dimostrare in tante occasioni e in progetti di solidarietà». Un ritratto che conferma
quanto detto da chi lo conosceva interiormente, uno per tutti il cappellano viola
don Massimiliano Gabricci. Il libro alimenta nuove emozioni. Testimonianze,
commenti, un centinaio di immagini scattate da Tommaso, Riccardo, Roberto
Germogli e da Davide Franco, perfino i disegni dei bambini per i quali si è infranto
un mito. Tutto questo contribuisce a rappresentare il grande rimpianto per il tragico
addio di Davide; a ricostruire il suo impegno nelle squadre in cui ha militato
e prima ancora nel tessere legami aperti, onesti e schietti con gli avversari,
costruttivi e quasi fraterni con tutti i compagni, per trovare poi quel ruolo
di capitano-chioccia della Viola. Oltre a ripercorrere quelle giornate e il ricucito
rapporto della squadra con la sua tifoseria, il volume offre anche spunti di riflessione,
forti richiami a tutto il mondo del calcio, riaffermando che sui campi, come nella
vita, si gioca in squadra: nessuno può fare a meno degli altri. Lo ricorda il
cardinale Betori: non è un momento semplice per la pratica agonistica, tra chi
la vuole illusoria fabbrica di idoli e chi ne vede solo le potenzialità
economiche. Ecco perché occorre «riportare lo sport alla sua vocazione di luogo
di crescita della persona e di promozione della vita sociale, sapendo che ciò
dipende essenzialmente dalla circolazione di valori autentici, che Davide incarnava
con spontaneità». Questa è sicuramente una delle storie che , come affermano
Lancisi e Mancini, «abbattono i muri di ostilità che spesso feriscono lo sport
e il senso di amicizia e lealtà che dovrebbe suscitare anche nel naturale gioco
delle sane contrapposizioni». Questo ci ha insegnato «il fiorentino per sempre»
Davide Astori.
Data recensione: 06/05/2018
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Antonio Lovascio