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A Pian degli Ontani, frazione del comune di Cutigliano, l’estate scorsa è stato inaugurato il parco culturale “Le parole delle tradizioni” intitolato a Beatrice Bugelli, più nota come Beatrice da Pian degli Ontani, poetessa

A Pian degli Ontani, frazione del comune di Cutigliano, l’estate scorsa è stato inaugurato il parco culturale “Le parole delle tradizioni” intitolato a Beatrice Bugelli, più nota come Beatrice da Pian degli Ontani, poetessa pastora vissuta nell’Ottocento: su una serie di  grossi massi levigati sono stati incisi versi composti dalla poetessa e raccolti dai suoi estimatori. Nella stessa occasione è stato presentato il volume di Paolo Ciampi «Beatrice – Il Canto dell’Appennino che conquistò la Capitale», mentre a Pian degli Ontani si trova anche il centro Studi dedicato a Beatrice.L’improvvisazione in ottava rima vanta in Toscana una lunga tradizione, ancora oggi viva in una serie di manifestazioni che si tengono in varie zone della regione. Una delle forme principali è il contrasto in ottava rima, nel quale due improvvisatori assumono un ruolo ciascuno e con una serie di botta e risposta, espongono due punti di vista opposti sul tema assegnato. I poeti improvvisatori non solo animavano le feste, i matrimoni e le fiere, ma fornivano agli ascoltatori commenti e giudizi su fatti e vicende storiche e di attualità, con riflessioni sulle condizioni di vita e di lavoro della campagna e della montagna. Con la scomparsa della civiltà contadina, l’eredità di questa tradizione era andata scomparendo; in anni relativamente recenti si è iniziato si è iniziato a capire l’importanza di questa forma di cultura popolare, e in Toscana sono ancora in attività una ventina di poeti tradizionali che partecipavano a incontri e competizioni di poesia improvvisata come quello che si tiene ogni anno a Ribolla, in Maremma. I poeti estemporanei furono numerosi tra Ottocento e Novecento, ma la figura di Beatrice si distingue ben oltre il territorio della montagna pistoiese e rimane ancora viva. Nata nel 1803 in un frazione del comune di Cutigliano, Beatrice era figlia di uno scalpellino; rimasta orfana di madre durante l’infanzia, iniziò ben presto a seguire il padre nelle migrazioni stagionali che lo portavano ogni inverno dalla montagna pistoiese alla Maremma, insieme a numerosi compaesani. Beatrice non frequentò mai la scuola, ma era dotata di una memoria prodigiosa che le permise di imparare agevolmente lunghi brani ascoltati da poeti improvvisati che si esibivano nei paesi in occasione di fiere e festività. La sua vena poetica si era manifestata nel giorno del suo matrimonio, appena ventenne con il pastore Matteo Bernardi: come consuetudine, erano stati chiamati per l’occasione due poeti improvvisati che si alternavano declamando versi; ad un tratto Beatrice cominciò anche lei a contare in ottava rima, continuando a lungo tra lo stupore di tutti i presenti, e da quel momento iniziò ad essere conosciuta per le sue straordinarie doti di improvvisatrice. Pur avendo trascorso quasi tutta la vita sulle montagne dove era nata, Beatrice iniziò ben presto ad attirare l’attenzione di numerosi studiosi a partire da Niccolò Tommaseo, che nelle pagine della rivista letteraria Nuova Antologia raccontò che nel 1832 il suo incontro con questo straordinario personaggio: «A Cutigliano ho trovato ricca vena di canzoni che non ho in un sol giorno potuto esaurire. Feci venire da Pian degli Ontani una Beatrice, moglie di un pastore, che bada anch’essa alle pecorelle, che non sa leggere, ma sa improvvisare ottave con facilità senza sgarrar verso quasi mai».Tommaseo, linguista e scrittore su contemporaneo, autore fra l’altro di una raccolta di canti e testimonianze di poesia popolare, trascrisse numerose improvvisazioni di Beatrice, e ne apprezzò tanto le doti da paragonarla al poeta Francesco da Barberino per l’antica purezza della lingua. Della sua condizione di analfabeta Beatrice non fece mai mistero, anzi la sottolineò in più occasioni, con una sorta di civetteria:Non vi meravigliate o giovanottise non sapessi troppo ben cantarein casa mia non c’è maestro e neanche a scuola so ita a imparareSe voi volete intender la mia scuolasu questi poggi all’acqua e alla gragnolaVolete intender voi lo mio imparare?Andar per legna e starmene a zappareribadita anche in altri versi: “...pe’ boschi e pe’ la montagna, quella fu la mi’ lavagna” . Sulla scia di Tommaseo in molti si mossero per andare a conoscere la poetessa, dal giovane Pascoli a Giusti e D’Azeglio, fino al Dantista Giuliani, che di lei scrisse in una lettera a Tommaseo: «Ebbi pur finalmente la consolazione di vedere l’ammirabile Beatrice di Pian degli Ontani e d’ascoltarne il soavissimo canto, incredibile a chi non l’ode. Ell’è davvero un portento di natura: il suo verso prorompe di limpida e larga vena, e si dispiega abbondante né fallisce mai». Quando nel 1836 la sua casa fu distrutta dalla piena del torrente Sestaione, la poetessa si trasferì nei pressi di Pian di Novello, dove visse fino alla morte avvenuta nel 1885; Beatrice continuò ad improvvisare fino a tarda età, cimentandosi in gare con altri poeti improvvisatori e ricevendo nella sua modesta casa numerosi personaggi, l’ultimo dei quali fu lo scrittore Renato Fucini. Determinante per la conoscenza della poesia di Beatrice in ambito addirittura internazionale fu l’incontro con Francesca (Ester Frances) Alexander, figlia di un ricco americano di Boston che la frequentò a lungo, e che ha lasciato gran parte delle testimonianze scritte sul suo canto, oltre ai disegni, tra i quali un bel ritratto di Beatrice. La Alexander pubblicò un volumetto in inglese e italiano, Roadside songs of Tuscany, nel quale raccolse anche le ottave di Beatrice, che in tutti i “contrasti” riusciva ad avere la meglio sui rivali; per un periodo ospitò la poetessa nella sua casa fiorentina, facendola esibire nei salotti dell’aristocrazia, dove Beatrice non si lasciò intimidire; una sera alla richiesta di improvvisare ripose  dedicando ai due deputati presenti questa ottava, come ricorda nel suo libro Paolo Ciampi:Deh se questa razzaccia maledettache così malgoverna il bel podereSant’Andrea gli mandasse la disdetta,con un sonoro calcio nel sedere;e mettesse a’ loro posto dei mezzadrimeno ingordi e rapaci e meno ladri!In una vita dura e segnata dal dolore per la prematura scomparsa del primo dei suoi otto figli, Beatrice trovò sollievo e conforto nella poesia che scaturiva inesauribilmente dalla sua vena creativa, genuina e ricca di un spirito arguto e vivace, in virtù della quale resta uno dei maggiori rappresentanti della poesia di improvvisazione degli ultimi due secoli. Tra le migliaia di versi che compose, ha lasciato anche questo suo autoritratto in ottava:Tutti mi dicono che son nera neraLa terra nera produce il buon granoGuardate il fior garofano che è nero E quanta signoria lo tiene in manoIl pepe è nero e sta sulle vivande La neve è bianca e sta sulle montagne.
Data recensione: 01/12/2008
Testata Giornalistica: Rivista Italiana di Musicologia
Autore: Donata Brugioni