Nel taciuto la gioia, il decimo poemetto che Innocenza Scerrotta Samà pubblica nella collana Sagittaria, sembra rispondere a Il peso del silenzio, pubblicato nel 2004, dove, come scrisse Giuseppe Panella, essa perseguiva «con un rigore unico, nella poesia attuale, gli aspetti frattalici della necessaria dualità che pone a confronto la precarietà del divenire con l’assolutezza dell’essere, sapendoli due poli di uno stesso dramma consumato nell’uomo sottoposto ai pesi contrastanti del silenzio e del tempo. In questo ultimo testo si assiste al coordinamento di un viaggio di chi vuole vincere le remore del tempo e farsi Voce di una umana palingenesi». Ora che con quella Voce ha esplicato e ricomposto tutte le pieghe e le piaghe della tensione edipica e dionisica fra l’Essere e il Divenire, la Poetessa approda alla concreta umanità dell’Indicibile, manifestato solitamente con epigrammi aforistici di natura sibillina dove il bene e il male, l’innocenza e la colpa, vengono incisi come in un cartiglio. Essa dà così vita a un discorso epigrafico non più interrogativo: «Su letti / di / silenzio / il / vento / sussurra all’orecchio / parole. / A / lungo / taciute». Ogni epigramma è qui armonia sorgiva: è il vento finalmente còlto e accolto a farsi verbo dentro di sé che muove la penna, vento come “anemòs”= sospiro, respiro, platonico vento della vita. Scrisse Paul Valéry: «Le vent se lève… Il faut tenter de vivre! / L’air immense ouvre et renferme mon livre». Egualmente, noi percepiamo, in questa opera, il vento che apre e chiude il libro.
Franco Manescalchi
Nel taciuto la gioia, il decimo poemetto che Innocenza Scerrotta Samà pubblica nella collana Sagittaria, sembra rispondere a Il peso del silenzio, pubblicato nel 2004, dove, come scrisse Giuseppe Panella, essa perseguiva «con un rigore unico, nella poesia attuale, gli aspetti frattalici della necessaria dualità che pone a confronto la precarietà del divenire con l’assolutezza dell’essere, sapendoli due poli di uno stesso dramma consumato nell’uomo sottoposto ai pesi contrastanti del silenzio e del tempo. In questo ultimo testo si assiste al coordinamento di un viaggio di chi vuole vincere le remore del tempo e farsi Voce di una umana palingenesi». Ora che con quella Voce ha esplicato e ricomposto tutte le pieghe e le piaghe della tensione edipica e dionisica fra l’Essere e il Divenire, la Poetessa approda alla concreta umanità dell’Indicibile, manifestato solitamente con epigrammi aforistici di natura sibillina dove il bene e il male, l’innocenza e la colpa, vengono incisi come in un cartiglio. Essa dà così vita a un discorso epigrafico non più interrogativo: «Su letti / di / silenzio / il / vento / sussurra all’orecchio / parole. / A / lungo / taciute». Ogni epigramma è qui armonia sorgiva: è il vento finalmente còlto e accolto a farsi verbo dentro di sé che muove la penna, vento come “anemòs”= sospiro, respiro, platonico vento della vita. Scrisse Paul Valéry: «Le vent se lève… Il faut tenter de vivre! / L’air immense ouvre et renferme mon livre». Egualmente, noi percepiamo, in questa opera, il vento che apre e chiude il libro.
Franco Manescalchi
Polistampa, 2013
Pagine: 64
Caratteristiche: br.
Formato: 14X21
ISBN: 978-88-596-1262-9
Collana:
Sagittaria | Opera, 40
Settore: