
“Non so quanti anni dovranno passare – disse Batini a un
giornalista russo, mentre lasciava Mosca dopo quell’inchiesta – ma so che un
giorno questa rigida impalcatura statale cadrà con l’ideologia che l’ha creata,
e allora quella che conterà sarà la gente, che non mi è sembrata diversa da
quella dei Paesi occidentali. Quel giorno potremo incontrarci liberamente al di
qua e al di là di questa cortina”.
“Arrivederci a quel giorno!” disse Batini. “Do svidánija!” rispose il russo.
Era l’estate del 1962 (ventisette anni prima della caduta del muro) e il
resoconto di quel viaggio, dopo la condanna di Stalin da parte del XX Congresso
del PCUS, fu pubblicato nella terza pagina de «La Nazione» con il titolo Un cronista nell’Unione Sovietica in una
serie di articoli in cui il popolare scrittore fiorentino raccontò come
vivevano i russi, come studiavano, come lavoravano nelle fabbriche e nelle
fattorie collettive, com’erano curati negli ospedali, come si sposavano e
divorziavano, come si divertivano, come giravano i film, che musica
ascoltavano, qual’era il ruolo delle donne, perfino come funzionava il traffico
e com’erano regolate la caccia e la pesca… Uno spaccato della vita in Russia in
un momento cruciale della “guerra fredda”, quando cominciarono ad avvertirsi
quei fermenti sociali ed economici che avrebbero infine minato le basi,
ritenute allora solidissime, del più vasto Stato del mondo.
Uno spaccato che ora Batini ripropone (insieme a una raccolta d’immagini
insolite, inedite, quanto mai significative) perché, se i libri di storia
raccontano i grandi eventi trascurando il quotidiano della gente (nel caso
specifico 224 milioni di persone), resti un documento sulla vita di una terra
rimasta chiusa a lungo nella “cortina”. E il quotidiano, scrive Batini,
“finisce sempre per avere una sua non trascurabile influenza sui grandi
eventi”.
Prefazione di Francesco Carrassi (direttore de «La Nazione»)
“Non so quanti anni dovranno passare – disse Batini a un
giornalista russo, mentre lasciava Mosca dopo quell’inchiesta – ma so che un
giorno questa rigida impalcatura statale cadrà con l’ideologia che l’ha creata,
e allora quella che conterà sarà la gente, che non mi è sembrata diversa da
quella dei Paesi occidentali. Quel giorno potremo incontrarci liberamente al di
qua e al di là di questa cortina”.
“Arrivederci a quel giorno!” disse Batini. “Do svidánija!” rispose il russo.
Era l’estate del 1962 (ventisette anni prima della caduta del muro) e il
resoconto di quel viaggio, dopo la condanna di Stalin da parte del XX Congresso
del PCUS, fu pubblicato nella terza pagina de «La Nazione» con il titolo Un cronista nell’Unione Sovietica in una
serie di articoli in cui il popolare scrittore fiorentino raccontò come
vivevano i russi, come studiavano, come lavoravano nelle fabbriche e nelle
fattorie collettive, com’erano curati negli ospedali, come si sposavano e
divorziavano, come si divertivano, come giravano i film, che musica
ascoltavano, qual’era il ruolo delle donne, perfino come funzionava il traffico
e com’erano regolate la caccia e la pesca… Uno spaccato della vita in Russia in
un momento cruciale della “guerra fredda”, quando cominciarono ad avvertirsi
quei fermenti sociali ed economici che avrebbero infine minato le basi,
ritenute allora solidissime, del più vasto Stato del mondo.
Uno spaccato che ora Batini ripropone (insieme a una raccolta d’immagini
insolite, inedite, quanto mai significative) perché, se i libri di storia
raccontano i grandi eventi trascurando il quotidiano della gente (nel caso
specifico 224 milioni di persone), resti un documento sulla vita di una terra
rimasta chiusa a lungo nella “cortina”. E il quotidiano, scrive Batini,
“finisce sempre per avere una sua non trascurabile influenza sui grandi
eventi”.
Prefazione di Francesco Carrassi (direttore de «La Nazione»)
Polistampa, 2006
Pagine: 168
Caratteristiche: ill. b/n, br.
Formato: 17x24
ISBN: 978-88-596-0080-4
Settori: