Giuseppe Avati detto Pupi nasce a Bologna il 3 novembre 1938, da famiglia borghese. Dopo aver frequentato la Facoltà di Scienze Politiche, s’impiega in una ditta di surgelati e nel tempo libero s’appassiona al jazz, divenendo musicista dilettante.
Nel 1968 debutta nel lungometraggio con Balsamus, l’uomo di Satana, curiosa fusione di gotico e grottesco assolutamente atipica per la cinematografia italiana del tempo: confermerà la sua vocazione verso storie irreali nel successivo Thomas (1969), rimasto inedito in Italia, e nel singolare La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1974), ove la narrazione assume toni favolistici che vagamente ricordano l’universo felliniano.
Nel 1975, il bizzarro fantamusical Bordella gli procura non pochi problemi con la censura, mentre l’anno dopo dirigerà, con La casa dalle finestre che ridono, un insuperato film del mistero d’ambientazione padana, del quale il seguente Tutti defunti… tranne i morti (1977) costituisce una variazione noir-ridanciana.
È poi la volta di due sceneggiati televisivi di grande successo, Jazz band (1978) e Cinema!!! (1979), cuciti con l’esile filo d’un autobiografismo che assume i colori del ricordo e della nostalgia: tematiche, queste, ch’egli riprenderà nella fiaba de Le strelle nel fosso (1979), nella garbata rievocazione inizio secolo de Una gita scolastica (1983), nella messa in scena d’una pagina dell’adolescenza mozartiana in Noi tre (1984), nell’amara parabola di Festa di laurea (1985), e – in epoca più tarda, con minore ispirazione – in Storia di ragazzi e ragazze (1988) e Dichiarazioni d’amore (1994).
Tra i suoi lavori più riusciti vanno ricordate anche le incursioni nella contemporaneità di Impiegati (1985), Regalo di Natale (1986), Ultimo minuto (1987): vicende amare, spesso crudeli, nelle quali prevale un tono dolente e scorato.
Meritano segnalazione inoltre il bellissimo horror Zeder (1981), il biografico Bix (1990), il medievale Magnificat (1993) ed il gotico L’arcano incantatore (1997), oltre all’ambiguo thriller L’amico d’infanzia (1994).
Gli ultimi suoi lavori sono Il testimone dello sposo (1997), La via degli angeli (1999), I cavalieri che fecero l’impresa (2001), tratto da un suo romanzo, ed il tenero e crudele Il cuore altrove (2003).
(fonte: www.italica.rai.it)
Giuseppe Avati detto Pupi nasce a Bologna il 3 novembre 1938, da famiglia borghese. Dopo aver frequentato la Facoltà di Scienze Politiche, s’impiega in una ditta di surgelati e nel tempo libero s’appassiona al jazz, divenendo musicista dilettante.
Nel 1968 debutta nel lungometraggio con Balsamus, l’uomo di Satana, curiosa fusione di gotico e grottesco assolutamente atipica per la cinematografia italiana del tempo: confermerà la sua vocazione verso storie irreali nel successivo Thomas (1969), rimasto inedito in Italia, e nel singolare La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1974), ove la narrazione assume toni favolistici che vagamente ricordano l’universo felliniano.
Nel 1975, il bizzarro fantamusical Bordella gli procura non pochi problemi con la censura, mentre l’anno dopo dirigerà, con La casa dalle finestre che ridono, un insuperato film del mistero d’ambientazione padana, del quale il seguente Tutti defunti… tranne i morti (1977) costituisce una variazione noir-ridanciana.
È poi la volta di due sceneggiati televisivi di grande successo, Jazz band (1978) e Cinema!!! (1979), cuciti con l’esile filo d’un autobiografismo che assume i colori del ricordo e della nostalgia: tematiche, queste, ch’egli riprenderà nella fiaba de Le strelle nel fosso (1979), nella garbata rievocazione inizio secolo de Una gita scolastica (1983), nella messa in scena d’una pagina dell’adolescenza mozartiana in Noi tre (1984), nell’amara parabola di Festa di laurea (1985), e – in epoca più tarda, con minore ispirazione – in Storia di ragazzi e ragazze (1988) e Dichiarazioni d’amore (1994).
Tra i suoi lavori più riusciti vanno ricordate anche le incursioni nella contemporaneità di Impiegati (1985), Regalo di Natale (1986), Ultimo minuto (1987): vicende amare, spesso crudeli, nelle quali prevale un tono dolente e scorato.
Meritano segnalazione inoltre il bellissimo horror Zeder (1981), il biografico Bix (1990), il medievale Magnificat (1993) ed il gotico L’arcano incantatore (1997), oltre all’ambiguo thriller L’amico d’infanzia (1994).
Gli ultimi suoi lavori sono Il testimone dello sposo (1997), La via degli angeli (1999), I cavalieri che fecero l’impresa (2001), tratto da un suo romanzo, ed il tenero e crudele Il cuore altrove (2003).
(fonte: www.italica.rai.it)