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Giovanni Bartolena

Giovanni Bartolena

Nasce a Livorno il 24 giugno 1866. Qui trascorre gli anni giovanili insieme ai fratelli Francesco e Adolfo nella villa di famiglia. Lo zio Cesare Bartolena, ritrattista ed esecutore di battaglie, lo avvia verso l’arte della pittura e, appena terminati gli studi regolari, lo convince iscriversi all’Accademia di Belle Arti a Firenze e a frequentare il corso di libera pittura tenuto dall’amico Giovanni Fattori. Benché fuorviato dalle innumerevoli attrazioni della mondanità fiorentina, il giovane riesce a farsi considerare dal maestro come uno dei suoi allievi più promettenti. Esordisce finalmente all’età di ventisei anni, nel 1892, alla Promotrice di Torino. Successivamente, invia le sue opere a Firenze e Torino. I soggetti sono per lo più paesaggi semplici o animati, e studi di animali.
Una crisi economica che colpisce la famiglia lo costringe a fare della propria arte una professione contribuendo, però, a farlo diventare, nello stesso tempo, più schivo e solitario. Nel 1898 si trasferisce a Marsiglia per cercare fortuna, ma dopo solo sei mesi trascorsi a vivere di espedienti ritorna in Italia. Soggiorna, quindi, prima a Lucca e poi a Firenze, dove rimane fino al primo conflitto mondiale. Conosce Mario Galli, che lo incoraggia e gli procura un soggiorno in Versilia presso l’amico Plinio Novellini. Riavvicinatosi poi al Fratello Adolfo, che gode di una buona posizione sociale a Livorno, sarà spesso suo ospite fino a quando, nel 1919, deciderà di trasferirsi anche lui definitivamente nella città natale. Qui conosce l’industriale Querci, uno dei suoi futuri e più appassionati collezionisti, e nel 1917 il Fabbrini, direttore del «Corriere di Livorno», che sarà suo mecenate per tre anni durante i quali gli offrirà anche vitto e alloggio in una cascina di Campolecciano, dove l’artista si dedicherà con ottimi risultati alla pittura di paesaggi. Nel 1925 conosce il commerciante di tessuti Cassuto, che lo vincola ad una produzione di quadri a scadenze regolari. E proprio Cassuto organizza la sua prima personale a Milano, presso la Galleria L’Esame, dove appare l’intera produzione dell’artista. Personale che gli fa ottenere il primo riconoscimento della critica e lusinghiere recensioni addirittura da uno dei padri del Novecento italiano, Carlo Carrà. Nel 1929 si separa da Cassuto, senza tuttavia sospendere la sua partecipazione a più esposizioni (nel 1927 aveva tenuto una personale anche alla Bottega d’Arte di Livorno, nel 1929 alla Galleria Micheli di Milano, nel 1930 alla Biennale di Venezia, nel 1931 di nuovo alla Galleria Micheli ed in seguito alla mostre regionali annuali).
Verso la metà degli anni Trenta il pittore comincia a riscuotere un notevole successo commerciale. Purtroppo non potrà goderne a lungo i frutti, visto che morirà il 16 febbraio 1942 a Livorno.

Nasce a Livorno il 24 giugno 1866. Qui trascorre gli anni giovanili insieme ai fratelli Francesco e Adolfo nella villa di famiglia. Lo zio Cesare Bartolena, ritrattista ed esecutore di battaglie, lo avvia verso l’arte della pittura e, appena terminati gli studi regolari, lo convince iscriversi all’Accademia di Belle Arti a Firenze e a frequentare il corso di libera pittura tenuto dall’amico Giovanni Fattori. Benché fuorviato dalle innumerevoli attrazioni della mondanità fiorentina, il giovane riesce a farsi considerare dal maestro come uno dei suoi allievi più promettenti. Esordisce finalmente all’età di ventisei anni, nel 1892, alla Promotrice di Torino. Successivamente, invia le sue opere a Firenze e Torino. I soggetti sono per lo più paesaggi semplici o animati, e studi di animali.
Una crisi economica che colpisce la famiglia lo costringe a fare della propria arte una professione contribuendo, però, a farlo diventare, nello stesso tempo, più schivo e solitario. Nel 1898 si trasferisce a Marsiglia per cercare fortuna, ma dopo solo sei mesi trascorsi a vivere di espedienti ritorna in Italia. Soggiorna, quindi, prima a Lucca e poi a Firenze, dove rimane fino al primo conflitto mondiale. Conosce Mario Galli, che lo incoraggia e gli procura un soggiorno in Versilia presso l’amico Plinio Novellini. Riavvicinatosi poi al Fratello Adolfo, che gode di una buona posizione sociale a Livorno, sarà spesso suo ospite fino a quando, nel 1919, deciderà di trasferirsi anche lui definitivamente nella città natale. Qui conosce l’industriale Querci, uno dei suoi futuri e più appassionati collezionisti, e nel 1917 il Fabbrini, direttore del «Corriere di Livorno», che sarà suo mecenate per tre anni durante i quali gli offrirà anche vitto e alloggio in una cascina di Campolecciano, dove l’artista si dedicherà con ottimi risultati alla pittura di paesaggi. Nel 1925 conosce il commerciante di tessuti Cassuto, che lo vincola ad una produzione di quadri a scadenze regolari. E proprio Cassuto organizza la sua prima personale a Milano, presso la Galleria L’Esame, dove appare l’intera produzione dell’artista. Personale che gli fa ottenere il primo riconoscimento della critica e lusinghiere recensioni addirittura da uno dei padri del Novecento italiano, Carlo Carrà. Nel 1929 si separa da Cassuto, senza tuttavia sospendere la sua partecipazione a più esposizioni (nel 1927 aveva tenuto una personale anche alla Bottega d’Arte di Livorno, nel 1929 alla Galleria Micheli di Milano, nel 1930 alla Biennale di Venezia, nel 1931 di nuovo alla Galleria Micheli ed in seguito alla mostre regionali annuali).
Verso la metà degli anni Trenta il pittore comincia a riscuotere un notevole successo commerciale. Purtroppo non potrà goderne a lungo i frutti, visto che morirà il 16 febbraio 1942 a Livorno.

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