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In occasione del centenario della nascita di Giovanni Spadolini, la Fondazione Spadolini Nuova Antologia ha pubblicato...

In occasione del centenario della nascita di Giovanni Spadolini, la Fondazione Spadolini Nuova Antologia ha pubblicato Il Capanno di Pian dei Giullari, la raccolta di scritti dedicati dallo stesso Spadolini ai luoghi dell’infanzia, dell’età favolosa, a Pian dei Giullari sulle colline fiorentine, soggiorno estivo nella villa del nonno Luigi.
Una prima edizione del volume, curato dallo stesso Professore fiorentino, era apparsa fuori commercio nel settembre del 1991, destinata agli amici, per “festeggiare” la nomina a Senatore a vita, ricevuta dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga il 2 maggio di quell’anno.
La Fondazione ha realizzato due desideri esplicitamente espressi da Spadolini: primo, comprendere nella nuova edizione il capitolo “La Repubblica di Pian dei Giullari”, testo scritto successivamente all’apparizione della pubblicazione originaria; secondo, rendere l’edizione commerciale, nel senso di mettere il volume a disposizione di chiunque volesse procurarselo. Troppe erano state le richieste disattese in occasione dell’uscita del libro in copie numerate. La Fondazione inoltre ha corredato questa edizione, da considerarsi definitiva, con una serie di immagini sui luoghi e sulle figure richiamate nel testo.
In queste pagine lo Spadolini scrittore – diciamo pure letterato – raggiunge i livelli più alti, come sottolineò Carlo Bo. Il libro si apre con l’omaggio al “Tondo dei Cipressi”, il tratto del podere dove Spadolini negli anni Sessanta del secolo scorso ha costruito la “casa dei libri” – oggi sede della Fondazione – ad un passo dalla villa del nonno, in un punto “strategico” per lo straordinario affaccio su Firenze, evocante l’Assedio del 1530.
Segue lo struggente ricordo del “Capanno di Pian dei Giullari”, dove lo zio Igino si metteva alla posta per tirare agli storni, ai tordi o ai passerotti, sparando nel mucchio, con effetti che turbavano il piccolo Giovanni amante degli animali, specie quelli piccoli e indifesi come i “lui”, così venivano chiamati, agonizzanti sul terreno. E poi il bosco, di querce alte e sovrastanti, mescolate ad olmi più stagionati. Impossibile inoltrarsi da soli fra le piante e le ombre, senza la compagnia di un fratello o di un cugino, per il senso di timore, diciamo pure di paura, che quella struttura boschiva suscitava nei giovanissimi abitanti di Santa Margherita a Montici.
Entriamo all’interno della “casa dei libri” e ci accoglie la stanza Rosai, la più rappresentativa, con le opere del pittore di “Strapaese” che prediligeva gli scorci fra Via San Leonardo e la Collina di Arcetri per i suoi paesaggi. Stanza di accoglienza e di rappresentanza, la sala con pochi libri, raccolti nella libreria in stile Luigi Filippo appartenuta ad un notaio parigino, alle spalle della scrivania. E tanti quadri, di Rosai ma anche di Guttuso, compreso il disegno originario della “Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio”, donato a Spadolini dall’artista che gli fu accanto nell’“impresa” della fondazione del Ministero per i Beni culturali e ambientali, cinquant’anni fa.
Di quei dipinti spesso Spadolini ci racconta la storia. È il caso di un piccolo quadro ispirato a Via San Leonardo che il Professore rilevò dal sarto di Rosai, a metà anni Cinquanta, per ottantadue lire; Rosai lo aveva dato al sarto in cambio delle prestazioni professionali dello stesso: l’artista non aveva mai un soldo, ma era prodigo nei doni e nei riconoscimenti.
Chiude la prima parte del libro il capitolo aggiunto a questa edizione, “La Repubblica di Pian dei Giullari”, malinconico resoconto di un viaggio compiuto all’inizio del 1994, poche settimane prima della scomparsa, dal sessantanovenne Presidente del Senato nelle viuzze e nelle stradine intorno alla collina, alla ricerca di sentieri e percorsi dell’infanzia, spesso introvabili o radicalmente mutati.
La parte seconda è dedicata ad altri ricordi, ai “frammenti fiorentini dell’età favolosa”. I primi libri acquistati dal padre, come Tutto Foscolo per cinque lire; gli scritti dedicati a un patriota ghibellino, Atto Vannucci, da uno storico dodicenne; le “copertine bianche” dei libri scolastici della Le Monnier; il primo incontro con le opere di Piero Gobetti al ginnasio “Galileo”; la libreria Bemporad – l’editore ebreo di Pinocchio –; la figura di Lorenzaccio, “eroe della libertà”; la lapide logora e illeggibile sulla tomba di Pasquale Villari a San Miniato al Monte; i giocattoli “agresti” nella casa di campagna a Pian dei Giullari; il torchio del padre Guido al piano terreno della dimora in via Cavour.
Infine l’epilogo, l’omaggio all’amico Eugenio Montale e alla sua semplice sepoltura, da lui voluta nel cimitero discreto e appartato di San Felice a Ema. «Piove, è uno stillicidio /senza tonfi / di motorette o strilli di bambini». Così in Satura. Così Montale scelse quel cimiterino, per raccogliere le spoglie della moglie, e per preparare la sua sepoltura. Solitaria e distaccata, come tutta la sua vita.
Neppure cento pagine di testo, ma difficile trovarne altre di pari intensità umana ed elevata espressione letteraria.
Data recensione: 01/04/2025
Testata Giornalistica: Nuova Antologia
Autore: Cosimo Ceccuti