L’oro blu sprecato nel Paese che investe meno da decenni nel
settore idrico, che paga meno l’acqua in Europa e ne consuma più di qualsiasi Paese
Ue dopo Grecia e Irlanda. Nell’anno della grande sete da Roma in giù e delle
alluvioni al Nord che danneggiano gli invasi, i numeri dell’acqua che in Italia
viene gettata, nel senso letterale della parola, fanno impressione: 8 miliardi
di metri cubi all’anno, poco meno di un terzo di quello che si utilizza per uso
agricolo, industriale e civile. D’altronde gli ultimi grandi invasi sono stati
realizzati negli anni Sessanta, e hanno adesso autorizzazioni limitate rispetto
alla capacità reale, e il 47 per cento della rete idrica ha più di 50 anni (il
22 per cento più di 80).
Eccolo qui il Paese che ha dimenticato l’acqua a causa della politica che non
si occupa più della materia dal 1994 almeno, anno della riforma Galli e della
nascita degli Ato idrici. «Da allora alla voce risorse idriche nel bilancio
dello Stato la spesa è stata pari a zero, gli investimenti sono stati fatti
attraverso la tariffa pagata da cittadini e imprese, e il risultato è sotto gli
occhi di tutti», dice Erasmo d’Angelis, segretario dell’Autorità di bacino
centro Italia.
Nei prossimi dieci anni per evitare il collasso del sistema occorrerebbe un
investimento di 176 miliardi. Solo per ammodernare la rete civile Utilitalia
stima un investimento necessario di 60 miliardi. E invece? Il Pnrr ha dedicato
alle risorse idriche appena 4,3 miliardi e a oggi ne sono stati realmente spesi
circa il 25 per cento, secondo stime variabili, non essendoci un dato pubblico
chiaro.
Il governo Meloni, via ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini, ha
varato un decreto da 12 miliardi per 500 interventi che le Regioni e le società
di settore definiscono urgenti. Ma per questi interventi in bilancio sono stati
stanziati solo 900 milioni. Il governo Meloni, e Salvini, hanno preferito
destinare 13 miliardi di euro da qui al 2032 per il Ponte sullo stretto. E poi
c’è la politica che si sveglia improvvisamente di fronte ai disastri e alle
emergenze, come la siccità al Sud: «Negli anni passati non c’è mai stata una
programmazione seria sulla crisi idrica, abbiamo sprecato e mortificato l’acqua
e oggi l’acqua si prende la sua rivincita: servono infrastrutture adatte», ha
detto con tono grave il ministro Nello Musumeci. La Sicilia, la regione più in
difficoltà in questa estate dopo un anno con pioggia bassissima e con gli
invasi vuoti, nel 2021 si è vista bocciare per carenza della documentazione 31
progetti per interventi via Pnrr sulle reti e invasi per uso agricolo, perdendo
centinaia di milioni di euro. «E altri 30 progetti nemmeno sono stati ammessi
all’esame finale perché impraticabili, un danno enorme per il quale nessuno ha
pagato, e adesso Musumeci fa la morale», dice il deputato regionale siciliano
Luigi Sunseri, del Movimento 5 stelle. Musumeci nel 2021 era il governatore in
Sicilia, dove vi sono 26 invasi gestiti dalla Regione: dieci in attesa di
collaudo da trent’anni, cinque a capacità limitata, tre fuori servizio.
Ma è tutto il sistema Paese che non si è mai curato dell’acqua e del suo
valore, nonostante l’Italia sia uno dei Paesi con la media maggiore di acqua
piovana dal 1951 al 2023, dati elaborati da D’Angelis e Mauro Grassi nel volume
La nuova civiltà dell’acqua. Al di là del calo degli ultimi anni, soprattutto
al Sud, e di piogge costanti e difficili da gestire per raccoglierle al Nord,
la media nel periodo è stata di 297 miliardi di metri cubi all’anno.
Ma quanta acqua consumiamo tra uso agricolo, industriale e civile? I prelievi
da falda, laghi, invasi, dissalatori e altro sono in totale 34 miliardi di
metri cubi. I consumi “pagati”, diciamo così, sono però 26 miliardi di metri
cubi. Quindi gettiamo 8 miliardi. Ma si tratta di stime, perché il sistema dei
controlli è un caos assoluto: le reti per uso civile perdono il 42 per cento in
media con picchi del 70 per cento in alcune province del Mezzogiorno. E quanto
si perde per uso agricolo e industriale? Non ci sono cifre chiare. E c’è di
più: l’ultimo censimento dei pozzi, e del loro utilizzo per fini privati, è
degli anni Settanta. Poi il compito è stato delegato in gran parte alle
Province. Con le riforme varie fatte sull’abolizione e rimessa in vita di
questi enti si è fermato tutto e oggi in molte aree non sappiamo quanti pozzi
privati ci sono e come vengono utilizzati. Di certo c’è invece che siamo uno dei
Paesi Ue che non riutilizza l’acqua depurata: ogni anno lasciamo andare in mare
e nei fiumi 9 miliardi di metri cubi di acqua depurata e rischiamo una seconda
procedura di infrazione dall’Unione europea, dopo quella per la mancata
depurazione per la quale l’Italia paga una penale da 125 mila euro al giorno.
All’acqua diamo poi uno scarsissimo valore economico. In Italia si paga una
delle tariffe più basse d’Europa (2,1 euro a metro cubo contro i 9 della
Danimarca o i 6,3 della Germania), ma gli italiani sono quelli che ne consumano
di più per uso civile: 155 metri cubi per abitante. E la politica cosa fa? Poco
o nulla: nel Pnrr del governo Draghi, su 213 miliardi a disposizione, alle
risorse idriche sono stati destinati appena 4 miliardi. Le opere sono in corso,
ma davvero in stato avanzato c’è appena un 25 per cento dei 147 progetti approvati,
dal sistema integrato del Garda ai lavori sull’eterna incompiuta della diga di
Pietrarossa in Sicilia. Un pannicello caldo, nulla di più rispetto al problema.
Il ministro Salvini in Parlamento ha presentato un piano idrico da 12 miliardi
di euro con 500 interventi urgenti chiesti dagli enti locali: ma in cassa ha
solo 900 milioni, meno di un decimo del fabbisogno, con il rischio che restino
lettera morta. All’orizzonte nessun grande investimento, nessuno grande piano.
E se continuerà il trend di piogge degli ultimi due anni (non degli ultimi
sessanta) un pezzo del Paese rischia una eterna emergenza siccità. A proposito:
le siccità negli ultimi 20 anni sono costate circa 30 miliardi in base alle
ordinanze di Protezione civile. L’acqua è l’oro blu solo per modo di dire in
Italia.
Data recensione: 28/07/2024
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Antonio Fraschilla