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Smettere di riarmare il mondo, disinnescare la corsa a diventare fortezze chiuse. Che Giorgio La Pira sia considerato un uomo...

Pubblicato il carteggio a cura di Augusto D’Angelo

Smettere di riarmare il mondo, disinnescare la corsa a diventare fortezze chiuse. Che Giorgio La Pira sia considerato un uomo di preghiera e di pace, viene dato per scontato, talvolta in modo un po’ macchiettistico. Se queste caratteristiche si attribuiscono a Giulio Andreotti, si storce il naso, talmente sono forti i giudizi che lo riguardano e che condivide, con accenti diversi, con non poche personalità della Democrazia Cristiana. Perfino Aldo Moro è stato destinatario, anche dopo la sua uccisione, di strali acidi francamente incomprensibili: sono frutti amari di una lunga e martellante campagna di denigrazione. Al di là delle responsabilità acclarate, ma questo dovrebbe valere per tutti, il carteggio ‘Bisogna smettere di armare il mondo’ che con la cura di Augusto D’Angelo e nelle edizioni di Polistampa raccoglie documenti e lettere tra La Pira e Andreotti, afferisce a un processo di storicizzazione che fa bene alla comprensione. Tra La Pira e Andreotti c’è una differenza di età di circa 15 anni. C’è la comune appartenenza alla Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana), la condivisione della messa dei poveri a Roma, dove La Pira riparò nel 43 perché minacciato a Firenze dai fascisti e il servizio ai senza fissa dimora. Su questo terreno comune fioriscono sensibilità complementari con attitudini diverse ma convergenti su iniziative sociali, di pacificazione, diplomatiche molto più di quanto non si pensi, come emerge da queste pagine e dal titolo, ricavato da una lettera di La Pira ad Andreotti, “un imperativo – osserva nella prefazione il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei – da tenere nel cuore e nella mente in un periodo come quello in cui siamo immersi, di facile corsa al riarmo”.
Data recensione: 13/07/2024
Testata Giornalistica: La Nazione.it
Autore: Michele Brancale