Dai giochi per le strade polverose di San Frediano all’impegno dietro una cattedra, per un ex allievo ribelle divenuto oggi...
La presentazione il 6 giugno con Eugenio Giani, Caterina
Ceccuti e Massimo Pieri nella Sala Esposizioni di Palazzo Strozzi Sacrati
Dai giochi per le strade polverose di San Frediano all’impegno dietro una
cattedra, per un ex allievo ribelle divenuto oggi insegnante appassionato: ‘Non
sono un maestro’, l’autobiografia di Cipriano Catellacci edita da Mauro
Pagliai, sarà presentata giovedì 6 giugno alle 17 a Firenze nella Sala
Esposizioni di Palazzo Strozzi Sacrati (piazza Duomo, 10). Dopo il saluto del
presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, interverranno Caterina Ceccuti,
giornalista scrittrice e autrice della prefazione, e Massimo Pieri, consigliere
del presidente della Regione. Sarà presente l’autore. Qualsiasi maestro di
scuola elementare è stato prima di tutto un alunno. Magari irrequieto e un po’
indisciplinato: proprio come l’autore di queste memorie, che da piccolo colleziona
rimproveri, punizioni e anche qualche brutta resa dei conti con i compagni di
classe. E che in seguito si iscrive alle scuole magistrali non tanto per
vocazione, quanto per il fascino di un istituto frequentato più che altro da
femmine. La sua carriera di insegnante inizierà poco dopo i vent’anni, quasi
per caso, sostituendo una docente in maternità. Sarà l’inizio dell’amore
incondizionato per un mestiere che porterà avanti a suo modo, unendo disciplina
e gioco, facendo tesoro dei momenti difficili e scoprendo un valore
inestimabile nel rapporto con gli studenti. Un mestiere che non si finisce mai
di imparare: “so e ho compreso chi sono veramente”, scrive Catellacci nelle
ultime pagine. “Sono il solito piccolo alunno che dal confessionale è passato
alla cattedra e certamente, ancora oggi, non sono un maestro”.
“In un mondo ideale – scrive Caterina Ceccuti – ogni persona viene al mondo con
un proprio, indiscutibile fuoco sacro. Un talento, una passione che ne guida
scelte e pulsioni fino al raggiungimento dell’ideale di vita o, se preferiamo,
fino all’esercizio del proprio mestiere. Si tratti del pompiere, del
parrucchiere, dell’idraulico o dell’avvocato. In un mondo ideale ogni persona
può permettersi di essere idealista, perché la società che lo circonda gli
fornisce gli strumenti per farlo, e perché dentro se stesso non esistono dubbi
né tanto meno variazioni di forma a quello che dovrà essere il proprio destino.
Sappiamo bene tutti quanti che la realtà è ben altra cosa. Che le scelte della
nostra vita, dalla nascita fino all’adolescenza e all’età adulta, sono
condizionate da infiniti fattori, esterni ma anche interni a noi stessi, e che
il percorso verso la persona che siamo destinati ad essere è tutt’altro che
lineare. Fatta questa doverosa premessa, mai mi sarei aspettata di imbattermi
in una storia come quella che vi trovate tra le mani adesso, e che vi consiglio
spassionatamente di leggere. Stiamo parlando infatti della dimostrazione
empirica che quanto descritto sopra non soltanto è inverosimile, ma temibile se
non scongiurabile. Perché proprio dal dubbio, dai fattori contrastanti, dalle
vie inaspettate e traverse nascono le occasioni per cambiare la storia. Quella
che vi trovate tra le mani è la testimonianza di mondo ideale rovesciato, in
cui tutto (almeno apparentemente) va nel verso contrario a come ci si sarebbe
aspettati che andasse, ma che alla fine, sorprendentemente, conduce allo stesso
identico punto dello spazio/tempo in cui il protagonista avrebbe dovuto
trovarsi: essere un maestro delle elementari. Capirete ciò che intendo soltanto
andando avanti con la lettura, per adesso vi basti sapere che conosco Cipriano
Catellacci da circa vent’anni. Nel 2008 si è sposato con la mia migliore amica,
Ilaria, alla quale strinsi per la prima volta la mano nel 1986 e che ancora,
nonostante gli impegni e il caos quotidiano, continua ad occupare il medesimo
posto nel mio cuore. Ebbene, prima di leggere questo libro, di Cipriano avevo
sempre pensato alcune cose che ritenevo essere verità assolute: che fosse per
esempio una persona molto precisa, quasi pignola, sicuramente calata nella
realtà – a differenza mia e di sua moglie che amiamo tenere la testa tra le
nuvole –; che fosse intraprendente, ammirevole, instancabile nelle mille
attività/passioni che porta avanti (questo lo credo ancora); che fosse nato per
fare il maestro elementare (anche questo lo credo ancora, ma nel mio
immaginario ho dovuto riconfigurare completamente il percorso che lo ha portato
ad esserlo). Leggendo la sua storia, ambientata nelle strade polverose e
magiche del quartiere di San Frediano e di Firenze tutta, mi sono divertita,
appassionata, a tratti scompisciata immaginando il piccolo Cipriano come un
irrequieto “mascalzone” che ne ha combinate di tutte prima di indirizzarsi
lungo la “retta via”. Non solo, però. Il suo racconto può essere considerato la
storia di tante vite, di tante persone, che per incontrare e capire la propria
missione hanno dovuto percorrere strade tortuose e inattese, prima di trovarsi
esattamente nel punto in cui l’universo, per congiunzione astrale, aveva da
sempre immaginato di metterle. Cipriano è un maestro della scuola primaria nel
senso più profondo del termine. Rappresenta la figura cui affidiamo un figlio
ancora piccolissimo perché impari i rudimenti dell’indipendenza: leggere,
scrivere, fare di conto. Perché, soprattutto – o almeno così dovrebbe essere –
impari la cosa più importante nella vita di un essere pensante, dotato di
capacità critica: la passione per l’idea di imparare. Imparare tutto, perché
tutto è importante da sapere. E anche se per nessuno è possibile raggiungere
l’onniscienza, si può quanto meno anelare a quella curiosità che ci permette di
arricchire il più possibile noi stessi, e di portare nel mondo la testimonianza
di un’umanità costruita anno dopo anno, tassello dopo tassello, a servizio
delle future generazioni. Ecco allora che il maestro elementare ha una
responsabilità enorme: fornire ai suoi alunni gli strumenti di base per fare
tutto questo. Lo grida a gran voce Cipriano, nelle righe ribelli, nello stile a
tratti giocoso e irriverente, ma anche nelle pagine sentite e toccanti che
raccontano le sfide più delicate del suo mestiere (penso all’alunna malata di
leucemia e al bambino affetto da “mutismo selettivo”). Cipriano è consapevole che
il suo non è un lavoro ma un mestiere, e offre – a mio avviso – due importanti
spunti di riflessione ai suoi lettori: che nell’insegnamento venga sempre
prediletto il rapporto umano tra studente e insegnante, e che si intenda
l’importanza del fornire tanto all’uno quanto all’altro gli strumenti necessari
per renderlo possibile”.
Data recensione: 04/06/2024
Testata Giornalistica: La Nazione.it
Autore: Maurizio Costanzo