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Il grande compositore marchigiano Gioacchino Rossini ne era ghiottissimo ed aveva un caro amico, il marchese...

Il prodotto lombardo nelle opere di Joyce, Hesse e Moravia. E Churchill lo amava così tanto che vietò i bombardamenti sulla zona di produzione

Il grande compositore marchigiano Gioacchino Rossini ne era ghiottissimo ed aveva un caro amico, il marchese Antonio Busca, che glielo faceva recapitare regolarmente: e si trattava davvero di un gradito omaggio per un uomo come lui, innamorato non solo della musica ma di tutti i piaceri della vita. Il grande scrittore lombardo Carlo Emilio Gadda lo detestava, a tal punto che nella Cognizione del dolore scatena il suo feroce disgusto contro quel cibo dal sapore osceno, così «fetente da far vomitare un azteco» e che dunque inquietava e corrompeva il corpo e lo spirito. Di cosa stiamo parlando? Del gorgonzola, un formaggio secondo solo al parmigiano per celebrità internazionale, e che come “patrimonio dell’umanità” vanta i suoi diritti, con o senza il suggello dell’Unesco. Perché il gorgonzola non solo ha una sua mitologia, una sua geografia e una sua storia, ma, tra incondizionati estimatori e feroci detrattori, “abita” in numerosi testi narrativi. Come ci racconta questo curioso, piccante libretto che non solo esplora gorgonzolesche radici andando a giro nei secoli, per arrivare ai nostri giorni con una documentata ricognizione e tante suggestioni e notizie, ma ci offre una cinquantina di citazioni di artisti, scrittori, intellettuali di vario genere, giallisti compresi, che portano in scena il mitico formaggio (M. Cristina RicciClaudio M. Tartari, Il gorgonzola. Un formaggio d’ispirazione, Mauro Pagliai Editore). Come, appunto, l’entusiasta Rossini e lo schifato Gadda.

Regale e diabolico

Ma prima di tutto, facciamo mente locale. Nel senso che il luogo di nascita del Gorgonzola è, alla fine del XV secolo, la Martesana, contado milanese a oriente della città. Qui parte nord della Valle del Po l’eredità culturale celtico barbarica si esprime, per dirla con Sebastiano Vassalli, in un formaggio “regale” e “diabolico”: il gorgonzola. Altrettanto “regale”, ma “divino”, il parmigiano contrassegna invece il sud della Valpadana, dove Etruschi e Romani hanno più marcato il territorio. Formaggio “diabolico” il gorgonzola, da consumare preferibilmente con polenta e vino rosso? Di sicuro, mille anni prima dell’imprimatur quattrocentesco, compare un caseus nella leggenda dell’eremita Concordio, che ne dona una forma al vescovo di Milano Sant’Ambrogio. Pieno di muffe verdoline e con un odore che non fa pensare al gelsomino, quello è un formaggio “infernale”? No, sentenzia il Santo Vescovo che non solo lo ribattezza caseus concordiolus ma spedisce l’eremita a Costantinopoli con quattro forme per l’Imperatore. C’è un assalto banditesco, Concordio viene ucciso, Teodosio spedisce uno squadrone di cavalleria per far fuori i briganti e viene recuperato il concordiolus, con gran godimento dell’Imperatore. Ma la storia di Concordio ha anche un’altra versione: il pio eremita se ne era andato per quaranta giorni nel deserto, il diavolo gli aveva fatto balenare le immagini di succulenti pranzi, Concordio aveva resistito, finché, sfinito, aveva tirato fuori il formaggio che aveva portato con sé. Ammuffito ma buonissimo. Grazie, Signore! Addentrandoci ancor più negli oscuri meandri del tempo e dello spazio, ci ritroviamo nell’antico Caucaso con i popoli indoeuropei che conducevano mandrie di bovini alla ricerca di pascoli. Ne veniva fuori un vero e proprio oceano di latte che non poteva essere consumato tutto insieme e non doveva essere sprecato durante le migrazioni: allora, per cagliare mungiture di latte fresco e avanzato si ricorreva all’espediente di correggere il processo naturale con erbe aromatiche (e allucinogene?). È già gorgonzola? O bisogna chiamarlo “stracchino di gorgonzola” con riferimento alle vacche che giungono “stracche” cioè stanche alle stalle di pianura dopo la transumanza autunnale dai pascoli montani? Siccome si dibatte su tutto, ecco che, da un vocabolario all’altro, si polemizza anche sui termini, ma, lo si chiami gorgonzola, stracchino di gorgonzola o stracchino erborinato, la sostanza non cambia. L’importante è che sia DOC E DOP, cioè con le muffine verdi al punto giusto, e odore e sapore inconfondibili. Dunque dall’alto potere seduttivo.

Con le pere o la senape

Ne fu stregato Winston Churchill, gran fumatore, bevitore e consumatore di gorgonzola, che durante la guerra raccomandò ai piloti della RAF di risparmiare dai bombardamenti a tappeto le zone dove si produceva il mitico formaggio. Ma, come abbiamo detto, ci sono laudatores e detractores, e va dato a ciascuno il suo. Andando un po’ a giro, scopriamo che per Hesse il gorgonzola, mangiato con le pere, era un “valore”; nell’Ulisse di Joyce, Harold Bloom mescola “senape piccante” e “ il sentore di piedi del formaggio verde”; il protagonista del racconto Il ghiottone di Alberto Moravia acquista in pizzicheria gorgonzola, olive nere e sottaceti per mangiare tutto col lesso; di “sana puzza” gorgonzolesca scrive Samuel Beckett nella novella Dante e l’aragosta; in un racconto dello svizzero Friedrich Dürrenmatt c’è un tutore dell’ordine che biasima un ambulante accusato di omicidio perché ha osato pranzare con salsicce e gorgonzola. E un patriota sceglie l’emmental!). Storie, tante storie. Anche oltreoceano. Come a casa di Rex Stout e di Nero Wolfe, dove il detective, coltivatore di orchidee e raffinato gastronomo, esalta uno squisito gorgonzola (identificato dagli intenditori con quello del caseificio Uberti di Cremona): erborinato piccante misto a mascarpone. E noi, al pari di Archie Goodwin, assistente tuttofare, non ci proviamo nemmeno a discutere con Nero Wolfe. Non ne vale la pena mentre il gorgonzola vale.
Data recensione: 07/06/2024
Testata Giornalistica: Libero
Autore: Mario Bernardi Guardi