Nell’anno delle celebrazioni vasariane Firenze non ha dimenticato di omaggiare un altro infaticabile pittore al servizio di Cosimo I de’ Medici...
Nell’anno delle celebrazioni vasariane Firenze non ha
dimenticato di omaggiare un altro infaticabile pittore al servizio di Cosimo I
de’ Medici: il fiammingo Jan van der Straet (Bruges 1523-Firenze 1605), detto
anche Giovanni Stradano (o Johannes Stradanus). Il suo pennello contribuì in
maniera determinante al rinnovamento di Palazzo Vecchio dove affrescò, sotto
l’attenta direzione di Giorgio Vasari – di cui divenne un fidato collaboratore
–, straordinarie vedute urbane e paesistiche che ancora oggi sorprendono per
qualità ed estensione, oltre che per la maestria nella raffigurazione dei più
minuti dettagli. In occasione del quinto centenario della nascita, il Comune di
Firenze, in collaborazione con l’Associazione MUS.E, ha così deciso di
organizzare una mostra monografica e di promuovere la pubblicazione presso
Polistampa di un imponente catalogo bilingue (italiano e inglese), entrambi
curati da Alessandra Baroni sotto la direzione scientifica e il coordinamento
generale di Carlo Francini e Valentina Zucchi.
L’esposizione, ospitata nei locali di Palazzo Vecchio, ha offerto per la prima
volta la possibilità di confrontare de
visu l’originalità dello Stradano e la sua competenza grafica in relazione
alla traduzione pittorica. I numerosi affreschi a sua firma presenti nelle sale
monumentali dei quartieri e nel Salone dei Cinquecento sono stati
opportunamente messi in relazione con i rispettivi disegni preparatori,
permettendo di meglio comprendere le qualità di Stradano quale artefice
prolifico e versatile. Il raffronto diretto tra la fase progettuale e la
realizzazione finale ha reso ancora più evidente la solidità delle sue vedute
naturalistiche, spesso riprese “dal naturale”. Sappiamo infatti, sulla scia dei
Ragionamenti di Vasari, che molti
degli artisti impegnati nel cantiere mediceo, tra cui lo stesso Stradano, erano
soliti recarsi sul posto per ritrarre i luoghi delle battaglie e rendere più
verosimile la loro restituzione. Ma, come evidenziato dalla curatrice,
«l’aspetto puntuale dei suoi sfondi urbani o paesaggistici, i cui agglomerati
sono avvolti in una bella luce naturale e distesi nella natura con limpidezza
cartografica, non hanno mai la pennellata compendiaria di un Marco da Faenza o
l’enfasi allegorica e agiografica di un Tosini o dello stesso Vasari. Le vedute
dello Stradano hanno un’istantaneità tipica dell’arte nordica, che è quella
dello sguardo che vaga al di là della finestra e distingue ogni dettaglio,
seppur in lontananza» (pp. 142, 144).
Un’attenzione evidente anche nelle composizioni che il fiammingo concepì per
quegli arazzi con cacce che, secondo la volontà di Cosimo I, avrebbero dovuto
ornare venti stanze della Villa di Poggio a Caiano. L’impresa, mai portata a
termine, venne affidata a Vasari prima del 1561. L’aretino progettò la
scansione dei panni nei vari ambienti e, assieme a Vincenzo Borghini, aiutò il
duca nella scelta dei soggetti, la cui realizzazione venne poi affidata a
Stradano. Tra il 1566 e il 1582 Benedetto Squilli e Giovanni Sconditi tessero
in basso liccio trentasei arazzi, distinti in due gruppi di cacce, ventotto da
cartoni di Stradano, coinvolto nel progetto fino al 1576, e otto su modelli di
Alessandro Allori. Se le fonti letterarie e iconografiche a cui Cosimo I si
ispirò furono molteplici (basti pensare che le decorazioni con questo tema
erano in voga in tutta Europa già dall’epoca medievale), l’artista fiammingo
riuscì a rielaborarle in maniera originale e a concepire inedite composizioni,
caratterizzate da una rigogliosa varietà di flora e fauna, «con scene
sconosciute ai nostri climi ed anche con animali esotici» (p. 198).
Lo straordinario successo delle cacce medicee a livello internazionale può
essere misurato dal coinvolgimento di Stradano in una innovativa serie di
incisioni di egual soggetto, molte delle quali esposte in mostra e puntualmente
schedate nel catalogo. Per le stampe, realizzate ad Anversa a partire dal 1570,
prima da Hieronymus Cock, poi da Philips Galle, furono eseguiti nuovi disegni
che si ispiravano, talvolta riproponendole fedelmente, alle composizioni già
ideate per i cartoni di Poggio a Caiano. In entrambe le iniziative l’artista
non illustrò fantasiosi metodi di caccia, ma realistiche rappresentazioni di
prassi ben radicate sia a livello nobiliare (come la falconeria, la caccia al
cervo, al daino e agli altri grandi ungulati), che nella tradizione del contado
fiorentino, dove l’uccellagione e la pesca erano frequentate dalle classi meno
abbienti con una certa libertà d’azione. Anche le pratiche venatorie esotiche,
che nella serie di stampe accomunano le tavole con la caccia al leone, alla
gazzella, all’elefante, alla scimmia e allo struzzo, non erano inventate, ma
legate alla presenza a Firenze di serragli con animali portati dall’Asia o
dall’Africa, a volte usati per la messa in scena di spettacolari venazioni,
come quella raffigurata nella tavola 6 della serie, con il Combattimento tra un leone, un cavallo, un toro e un orso. In essa
l’ambiente descritto sembra quello delle stanze al piano terreno di Palazzo
Vecchio, che, come noto, fin dal 1354 ospitarono leoni e altri animali vivi.
Il percorso espositivo e il parallelo percorso di studi non si sono limitati a
offrire un approfondimento sul prolifico e versatile collaboratore di Vasari,
accademico del Disegno fin dalla fondazione della prestigiosa istituzione
voluta da Cosimo I, e sulla sua attività di precoce inventore e disegnatore di
illustrazioni. Entrambi hanno voluto sottolineare come Stradano «divenne il
pioniere di un diverso modo di comunicare visivamente a mezzo stampa e fu, in
un certo senso, il precursore della comunicazione globale» (p. 19). Egli «colse
perfettamente il potenziale innovativo dell’arte grafica e la sua enorme
capacità di penetrare velocemente nei recessi più remoti del mondo» (ibid.).
Come dimostrano le sue invenzioni dedicate alle scoperte dell’era moderna (Nova reperta), che divennero in breve
tempo un efficace mezzo attraverso cui veicolare le nuove frontiere della
conoscenza, del sapere scientifico, tecnologico e manifatturiero.
Tra gli esempi della sua produzione grafica, colpisce il prezioso disegno Calcius. Ludus Florentinorum Nobilium,
probabilmente realizzato su richiesta di Luigi e Ludovico Alamanni sulla scia
dell’attenzione che in quegli anni l’Accademia degli Alterati stava prestando
al gioco del calcio, con l’intento di esaltarne la nobiltà. Come si apprende
dalla lunga scritta in fiammingo presente nella parte superiore del foglio, di
pugno dell’artista, il disegno, ricco di dettagli iconografici, doveva servire
da modello per il frontespizio di una serie di cinque pezzi o incisioni (non
realizzati) che dovevano avere come soggetto gli aspetti del gioco più
strettamente correlati con quelle illustri discipline agonistiche
dell’antichità – lotta, pugilato, salto, lancio del disco e corsa – che,
secondo Giovanni de’ Bardi, si congiungevano armoniosamente nel gioco del
calcio.
Stradano si confrontò con il medesimo soggetto anche sulle pareti di Palazzo
Vecchio, nella Sala di Gualdrada (1561-1562), dove realizzò un ciclo di
affreschi dedicato ai principali luoghi e tradizioni festive fiorentine. Le
animate scene, che immortalano piazze e scorci sublimando l’inclinazione alla
veduta urbana espressa dal fiammingo anche nelle altre sale del Palazzo, sono,
come evidenziato da Valentina Zucchi, «documenti visivi di particolare vivezza,
offrendo allo spettatore di ogni tempo l’invito a perlustrare la città nei suoi
principali luoghi e momenti. […] Il brulichio di figure, di ogni lignaggio e
condizione, popola questi spazi restituendoci l’immagine di una città attiva,
in cui le architetture più celebri trovano il loro significato solo nell’essere
vissute e abitate. È qui, attraversando idealmente le vie e le piazze che
tuttora costituiscono le icone di Firenze, che possiamo avvertire la cura di
Stradano nell’osservare, registrare e interpretare con naturalezza ogni angolo,
ogni attività, ogni personaggio, ogni particolare della città» (p. 69).
I saggi raccolti nella prima parte del volume accompagnano e approfondiscono la
presenza dell’artista a Firenze. Baroni (Stradano,
i Medici, Firenze e le «più strane e belle invenzioni del mondo», pp.
19-53) ripercorre la sua attività al servizio dei Medici, mentre Zucchi (Giovanni di Giovanni fiammingo, pittore in
Palazzo Vecchio, pp. 55-71) guida il lettore tra gli affreschi di Palazzo
Vecchio. Samir Boumedien (Il “tempo”
delle Nova reperta, pp. 73-96) reinterpreta in maniera approfondita quella
che è considerata la più famosa rappresentazione del potere della scoperta
nell’era moderna collocandola nell’atmosfera intellettuale e materiale che
regnava a Firenze e cogliendone la coerenza al di là dell’apparente
arbitrarietà delle scoperte illustrate. Fausto Barbagli (Da Stradano a Tempesta. Il museo su carta e il collezionismo
naturalistico nelle stampe del Cinquecento, pp. 97-107) analizza il
successo iconografico delle invenzioni di Stradano e la loro influenza su
artisti come Antonio Tempesta, che sceglieranno l’incisione calcografica per la
divulgazione scientifica e collezionistica. Clara Bargellini (Samuel Stradanus, incisore fiammingo nella
Nuova Spagna, e gli albori dell’incisione su rame, pp. 109-122) “presenta”
un altro Stradanus, ovvero un incisore che si firmava «Samuel Stradanus» e che
fu, per quanto ne sappiamo, colui che portò l’arte dell’incisione in Messico.
Infine, Elisabetta Baldanzi e Alessandro Farini («Cospicilla», ovvero delle lenti e degli occhiali prima di Galileo
Galilei, pp. 123-133), partendo dalla ricorrente (e sorprendente) presenza
di occhiali nelle opere di Stradano, ne descrivono l’evoluzione a partire dalla
loro invenzione.
Nella seconda parte della pubblicazione vengono accuratamente schedate le opere
in mostra, presentati alcuni disegni e documenti inediti, proposte nuove
attribuzioni e revisioni cronologiche, risultato di originali ricerche
d’archivio che rendono il volume un reference
book per future indagini sull’artista fiammingo.
Data recensione: 14/01/2025
Testata Giornalistica: Drammaturgia.it
Autore: Lorena Vallieri