Durante il nazismo l’allora ambasciatore polacco, Kazimirz Papee, per conto del governo polacco che in quel periodo
Durante il nazismo l’allora ambasciatore polacco, Kazimirz
Papee, per conto del governo polacco che in quel periodo si trovava a Londra in
esilio, fece inimmaginabili pressioni su Pio XII affinchè pronunciasse nel 1942
una «esplicita condanna delle atrocità naziste». Invece il pontefice, in tutti
i suoi riferimenti alle sofferenze causate dalla guerra e dalla occupazione,
decise di non scendere mai nei particolari. Mentre sono in corso le ricerche
scientifiche sugli archivi di Pio XII per scandagliare meglio uno dei periodi
più difficili e travagliati della Chiesa durante la Seconda Guerra Mondiale,
esce un libro intitolato “Zucchetti e kippah” (Mauro Pagliai Editore), in cui
l’autore, Bruno Bartoloni, per lungo tempo giornalista vaticanista dell’Agence
France Presse intreccia notizie, documenti, aneddoti in modo da tracciare un
affresco completo di quello che accadde, spiegando perché Pacelli dette
disposizioni per salvare gli ebrei pur tacendo pubblicamente sull’Olocausto.
Da grande conoscitore sia dell’universo dell’ex stato
pontificio sia del mondo ebraico, offre gli elementi per individuare il mosaico
complesso dell’attività realmente svolta dal Vaticano, al punto da riconoscere
che con l’aiuto della popolazione e della Chiesa “la maggior parte, circa il
75% degli ebrei riuscì a nascondersi e a salvarsi” dai campi di sterminio.
Il 20 luglio del 1942 l’allora Sostituto alla Segreteria di
Stato, monsignor Domenico Tardini – si legge nel volume annotava su un appunto:
«viene l’ambasciatore della Polonia e chide, per l’ennesima volta, he la Santa
Sede dica pubblicamente una parola a favore dei polacchi e contro la terribile
persecuzione cui sono sottoposti.
Per l’ennesima volta gli ricordo quello che ha fatto e detto
Sua Santità per i polacchi che sono in Polonia e per sostenerli in mezzo alle
difficoltà gravissime in cui si dibattono». Il diplomatico però continuava ad
insistere e a fare pressione anche sul altri diplomatici, tanto da irritare non
poco Tardini. Pacelli, nel messaggio natalizio, menzionò a molti capi d’accusa
condannando i responsabili ma senza mai sforare in un linguaggio diretto,
immediato. “In poche parole il linguaggio ecclesiastico che allude più che dire
sembrava chiaro a chi lo usa per radicata abitudine” ma ben poco esplicito per
il resto del mondo. L’ambasciatore Papee ritornò quindi alla carica con una
lettera dai toni forti rivolta direttamente a Pacelli, il quale piuttosto
scocciato gli fece notare che i tedeschi sarebbero stati pronti a cogliere ogni
pretesto per scatenare ulteriori persecuzioni. Ancora una volta l’ambasciatore
non si perse d’animo perchè riteneva che una denuncia esplicita potesse aiutare
a mitigare il male che era diffuso. Pio XII fece così un cenno alle sofferenze
al coraggio della nazione polacca nel giugno del 1943 rivolgendosi però al
collegio cardinalizio.
Data recensione: 11/10/2023
Testata Giornalistica: Il Messaggero.it
Autore: Franca Giansoldati