Il testo di Bruno Bartoloni racconta i misteri delle mura
vaticane ma anche la vita di alcuni deportati nei lager nazisti
«Anno 1623: alle prime luci dell’alba di un freddissimo giorno di febbraio le
pesanti porte dell’antica università di Heidelberg nel Palatinato vengono
aperte con circospezione da due moschettieri del generale bavarese Johan
Tserclaes, conte di Tilly. Ne esce un carro carico di casse scortate da due
cavalieri. Un altro carro lo segue immediatamente, poi un altro, poi un
altro... È un convoglio di cinquanta carri, guardati a vista da sessanta
moschettieri…..». Così inizia uno dei capitoli più straordinari e avvincenti di
“Zucchetti e kippah” (Mauro Pagliai Editore), ultimo libro di Bruno Bartoloni,
giornalista vaticanista a lungo per l’Agence France Presse e il Corriere della
Sera, autore di saggi e romanzi, conoscitore a fondo sia dell’universo dell’ex
stato pontificio sia del mondo ebraico, per parte materna. E gli intrecci tra i
due universi, specie nel tragico periodo delle persecuzioni razziste e della
Shoa, con la figura controversa di Pio XII, che dette disposizioni a Roma per
salvare gli ebrei ma tacque sull’Olocausto.
Il conclave del 1963 e il dossier dei servizi segreti italiani
Il libro è diviso in due parti: gli “zucchetti” sono storie spesso inedite di
papi che affondano nel passato lontano fino ai nostri giorni, le “kippah” sono
capitoli più lunghi sulla Shoa, storie tragiche dei campi di sterminio e delle
razzie di ebrei in Italia. Un libro di lettura agile ma profonda, un testo come
se ne trovano pochi per ricchezza di vicende narrate, delle quali spesso la
gran parte delle persone ha sentito solo parlare. Come quella del Conclave del
1963, che vide eletto Giovanni Battista Montini, poi Paolo VI: era uno dei due
favoriti, l’altro era il cardinale di Curia Gregorio Pietro XV Agagianian,
prefetto della congregazione di Propaganda Fide, di origine armena di fatto
francese. La sua elezione fallì per una manovra concordata tra ambienti
vaticani e servizi segreti italiani. La sorella del cardinale, Elisabetta
Papikova, originaria della Georgia era cittadina sovietica, aveva da poco
ottenuto una proroga del soggiorno ed era ospite del fratello al collegio
armeno. Fu seguita dagli 007 del Sifar minuto per minuto, e ogni suo
spostamento, ogni suo incontro, presentato come sospetto. Il colpo definitivo
venne da una visita che le fece il primo segretario dell’ambasciata sovietica
Againe Gorguen, armeno, «noto al Cs (Servizi segreti italiani) – dice il
rapporto – quale sospetto agente del S.i. (Servizio informazioni) russo
operante in Italia». Un rapporto fu puntualmente diffuso fra i cardinali del
conclave che il 30 giugno scelsero il cardinale Montini senza esitazioni.
La vita dell’agente segreto gesuita Graham
Storie lontane ma anche vicende che si connettono strettamente a novità
recenti, come quella relativa alla lettera inviata dal gesuita tedesco antinazista
Lothar König al segretario particolare del Papa, datata 14 dicembre 1942,
rivelata nei giorni scorsi, che contiene la conferma che il pontefice Pio XII
era a conoscenza dei crimini compiuti dai nazisti nei campi di sterminio.
Bartoloni nel libro dedica un approfondimento su quanto fece l’ambasciatore
polacco presso la Santa Sede Kazimierz Papée, morto nel 1979 a Roma, che si
scontrò con Pio XII. Una storia che si intreccia con quella del gesuita
americano padre Robert Graham, conosciuto anche come 007 del Vaticano. Per
mezzo secolo, infatti, ha scovato spioni dietro il Portone di Bronzo, a volte
in sottana, a volte mascherati da giornalisti, spesso doppi e tripli giochisti
o millantatori.
La lettera della suora-filosofa Edith Stein a Pio XI
Zucchetti e kippah, quindi, che si incrociano di continuo in quelli anni di
tragedie, tra guerra e persecuzioni razziali, deportazioni e forni crematori.
Un capitolo importante è dedicato alla religiosa tedesca di origine ebraica
Edith Stein, morta ad Auschwitz nel 1942, canonizzata da Giovanni Paolo II, che
aveva scritto nel 1933 a Pio XI per denunciare i pericoli del nazismo, ha
rivelato il religioso spagnolo Toma Fernandez, che ha partecipato al suo
processo di canonizzazione. Come postulatore, e cioè avvocato, nel processo di
canonizzazione di suor Therese Benedicte della Croix (Edith Stein), padre
Fernandez ha potuto leggere questo documento. «Suor Therese aveva chiesto
un’udienza privata a Pio XI evidentemente per denunciare il nazismo. Dal
Vaticano le era stato risposto che avrebbe potuto incontrare un collaboratore
del papa. Non bisogna dimenticare che il pontefice era molto impegnato per il
Giubileo della Redenzione. Né bisogna dimenticare che allora suor Therese era
una semplice religiosa docente di filosofia. Molto probabilmente Pio XI ha poi
tenuto conto della lettera e di altri documenti nella sua enciclica “Mit
Brennender Sorge». La storia dei documenti di Stein è un altro capitolo tutto
ancora da esplorare nel complesso rapporto tra Vaticano e Shoa, che il libro di
Bartoloni mette bene in luce.
Data recensione: 22/09/2023
Testata Giornalistica: Il Sole 24 Ore
Autore: Carlo Marroni