“Essendo andato ad abitare in Arezzo, quando una volta fra l’altre furono cacciati di Firenze i Ghibellini, Luca Spinelli,
“Essendo andato ad abitare in Arezzo, quando una volta fra
l’altre furono cacciati di Firenze i Ghibellini, Luca Spinelli, gli nacque in
quella città un figliuolo, al quale pose nome Spinello, tanto inclinato da
natura all’essere pittore, che quasi senza maestro, essendo ancor fanciullo,
seppe quello che molti esercitati sotto la disciplina d’ottimi maestri non
sanno; …”
Con queste lusinghiere parole, Giorgio Vasari ci introduce alla figura di
Spinello di Luca detto l’Aretino, uno dei protagonisti della pittura toscana
della seconda metà del Trecento. Eppure, per avere una monografia a lui
dedicata, dobbiamo aspettare il 2003, grazie al lavoro di Stefan Wappelmann,
tradotto in italiano nel 2011 da Polistampa.
E arriviamo al presente: nuovamente la casa editrice fiorentina tiene a
battesimo un’altra opera dedicata a Spinello, firmata dallo studioso Aristide
Bresciani, che ci offre una visione pressoché completa della storia artistica e
umana di questo talentuoso pittore del quale possiamo ammirare ancora oggi affreschi
e tavole dai colori splendenti.
Il lungo saggio di Bresciani è un testo che si pone come imprescindibile per i
futuri studi su Spinello di Luca, visto il modo nel quale lo storico dell’arte
lo ha composto. È lui stesso a sottolineare la differenza di approccio
all’argomento rispetto al Weppelmann, seguendo la vita dell’autore dalle prime
notizie fino alla sua dipartita, e gettando uno sguardo finanche verso la sua
eredità artistica. Così facendo ci racconta della crescita intellettuale del
pittore, della sua socialità, della sua famiglia e delle sue attività, che
potremo definire quasi imprenditoriali, con l’acquisto di molti poderi, e che
lo porteranno ad accumulare una fortuna, lasciata in eredità ai suoi figli.
Non va valutato come una lettura facile e adatta per il vasto pubblico,
ovviamente; ma è un saggio per gli addetti ai lavori che si legge
piacevolmente, chiaro ed esplicativo, con completezza di informazioni e
descrizioni attente ed esaustive che guidano magistralmente l’occhio e la mente
dentro la poetica del pittore. L’opera è una fonte ricchissima di attribuzioni
passate e recenti, di documenti e letture stilistiche, ma non cerca di trovare
soluzioni ai dubbi, che sono inevitabili, in mancanza di contratti o
testimonianze certe. È infatti molto apprezzabile dichiarare senza problemi
l’impossibilità di dare attribuzioni valide o deduzioni di paternità, senza
supporti scientifici.
Il saggio, che si dipana per tappe ed eventi, è informativo e avvincente al
tempo stesso. Rilegge con attenzione l’attività giovanile di Spinello, mettendo
a fuoco la figura del suo probabile maestro, Andrea di Nerio, vero scopo della
prima parte del libro, confessa l’autore, mettendo ordine fra le opere
superstiti. Ci porta attraverso gli spostamenti e i soggiorni di Spinello a
Lucca, Siena, Pisa, Firenze, dove la sua fama sarà grande e dove incontrerà la
grande committenza degli Alberti. Il capitolo dedicato ai rapporti con questa
famiglia è uno dei più coinvolgenti. L’autore racconta con date ed eventi
storici la travagliata vicenda di questa famiglia e l’importanza che un pittore
colto come Spinello ha avuto per le iconografie delle opere realizzate per
loro: un’intesa completa fra artista e committenti. “Tutto il ciclo sembra
impostato sulla raffigurazione della quotidianità, con gesti e particolari
realistici tipici della vita monastica di tutti i giorni, che raggiunge l’apice
nella scena del Ritrovamento miracoloso della lama di un falcetto, con i frati
intenti nella cura dei campi e cacciatori e pastori sullo sfondo. Benedetto
viene inizialmente raffigurato come uomo giovane, ma i suoi tratti somatici
cambiano scena dopo scena fino ad arrivare all’aspetto di un vecchio
nell’episodio delle Esequie: quest’ultimo un quadro affascinante e di grande
impatto iconico, grazie anche alla resa degli atteggiamenti accorati e mesti
dei monaci attorno al feretro.”
Attraverso le sue pagine è facile sentirsi trasportati nella Toscana medievale
e insieme percepire l’energia feconda degli studi storico-artistici che hanno
ricostruito la storia di questo importante pittore. E non c’è solo questo: il
lavoro di Aristide Bresciani scava nell’animo e nel pensiero di questo
fantastico colorista della pittura gotica, pennellandoci una figura di artista
affascinante, innovatore del linguaggio pittorico toscano del Trecento, un vero
intellettuale uomo moderno.
Data recensione: 15/04/2021
Testata Giornalistica: Arte e Arti
Autore: Elisabetta Morici