Ore 8.30, Anita chiama suo padre ma suo padre la liquida in un secondo: «Anita non posso, sono in riunione».
Sandro Fallani si racconta in una raccolta di diari che il
sindaco tiene da quando era ragazzo
Ore 8.30, Anita chiama suo padre ma suo padre la liquida in un secondo: «Anita
non posso, sono in riunione». E butta giù. Poi rientra in riunione, ma sembra
inquieto, gli occhi vagano. Si sfoga: «Sono due giorni che mia figlia prova a
parlarmi, ma ogni volta le dico che non posso». Essere sindaco vuol dire anche
questo, fare i conti tutti i giorni con un tema enorme: conciliazione tra
famiglia e lavoro. Specialmente se il sindaco è quello di Scandicci, Sandro
Fallani, 50 anni, che non solo fa il sindaco, non solo è padre di tre figli, ma
ha pure deciso di prendersi una seconda laurea e iscriversi alla facoltà di
storia. Ha già dato tutti gli esami, manca soltanto la tesi. Voto 30 a quasi
tutti gli esami. Studia di notte. Si alza alle 4.45, legge i giornali in venti
minuti, poi si mette in cucina col caffè e studia per due ore. Studia sui
libri, sulle fotocopie che gli hanno portato i compagni di università, sugli
appunti sbobinati dei colleghi che hanno 30 anni meno di lui. «Mi sono iscritto
all’università perché mi sentivo svuotato, nella nostra vita e in politica
seguiamo sempre gli stessi schemi logici, io volevo fermarmi e tornare ad
approfondire perché questo mondo va troppo veloce e io avevo bisogno di
lentezza». Eppure le sue giornate sono frenetiche. «Sì, è vero, ma studiare
storia mi fa essere un sindaco migliore». Certo non è facile conciliare lavoro,
università e famiglia. Però adesso i suoi figli sono già abbastanza grandi. La
più grande, Anita, si è laureata in lettere moderne. Neri fa lo scientifico,
Bruno è in quinta elementare. «Il momento sacro per la nostra famiglia è la
colazione della mattina, parliamo delle nostre giornate e poi partiamo».
Il sindaco di Scandicci si racconta nel libro “Vita in comune. Storie di
straordinaria normalità”. Il volume, edito da Polistampa, ripercorre i diari
che Fallani tiene da quando era un ragazzo. Nel libro c’è la storia di quando
ha lasciato il lavoro come manager della Ericsson, dove era addetto alle
relazioni istituzionali per l’Italia centrale. Tanti viaggi e uno stipendio
eccellente. Ha scelto di andare a fare l’assessore al sociale per la metà dello
stipendio. E da lì è cominciata la sua carriera politica. Che non è fatta
soltanto di questioni locali. Perché secondo lui, il sindaco di un comune deve
anche essere sindaco del mondo. E allora ecco le missioni in Mato Grosso, in
Senegal, a Mostar, la chiusura della campagna elettorale a Lampedusa. Giornate convulse,
quelle di un sindaco di un comune come Scandicci. «A volte penso di sbagliare
tutto, a volte penso di fare la cosa più importante del mondo, però la sera
quando torno a casa e mia moglie mi dice che in casa è finito il pane, capisco
quali sono i veri valori della vita». La famiglia, ad esempio: «È la mia forza.
Il lavoro di sindaco passa, la famiglia resta». Il fine settimana, quando può,
va a fare il guardalinee nella squadra in cui gioca il figlio: «Se non vado a
fare il guardalinee, non posso essere un buon amministratore». Nel libro si
racconta anche di Niccolò Ciatti, della manifestazione “Il libro della vita”,
dei giorni del Covid, della passione per la Fiorentina, della fiera di
Scandicci. E poi i figli, ritorna Anita e il suo ventunesimo compleanno, quando
il padre la accompagna a Siena alla residenza universitaria Fontebranda: «Anita
mi parla dei suoi progetti, della sua idea di tesi, me la spiega con quella
dovizia di parole che è un misto fra il suo carattere e il lessico allenato di
una studentessa universitaria: ascolto incuriosito e silenzioso».
Data recensione: 05/12/2022
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Jacopo Storni