Il volume è il catalogo della mostra progettata per celebrare i seicento anni del trittico di Masaccio e rappresenta
Il volume è il catalogo della mostra progettata per
celebrare i seicento anni del trittico di Masaccio e rappresenta – per
l’argomento che è quello degli esordi di Masaccio – l’inizio di una
considerazione nuova del grande pittore. Nella formazione e nei primi passi di
un artista c’è il nucleo della sua opera successiva, e se questo vale per
Masaccio (il trittico di Cascia ne è una prova che Luciano Berti colse al volo
60 anni fa), questa pubblicazione porta nuovi elementi alla conoscenza di
quegli inizi. Il catalogo affascina fin dalle pagine introduttive dei diversi
attori istituzionali: non vi è traccia di quelle parole di circostanza che sono
usuali in questi casi, ma risuona in tutti la passione e l’amore per Masaccio e
il suo territorio. Diamo qui di seguito una breve presentazione dei saggi
contenuti nel volume impreziosito da un ricco apparato iconografico.
Maria Italia Lanzarini fa un’opera di ricostruzione dell’autentica storia delle
vicende del trittico durante il passaggio della guerra e di quelle che portarono
all’attribuzione di Luciano Berti nel 1961 e al felicissimo ritorno a casa, a
Cascia, del “giovane sessantenne” nel 1988. Nel fare questo, Maria Italia ci
suggerisce – con la sua sensibilità poetica – quanto la realtà possa essere
degna di una favola, e di come di questa favola si può essere protagonisti,
anche in fasi diverse. La favola e la sua meraviglia si rinnova, e il primo
merito di chi è? Della genialità di Masaccio.
Dalla stessa meraviglia riparte il saggio di Nicoletta Matteuzzi, che
ricostruisce in particolare la storia espositiva del trittico di Cascia dopo il
1961, una storia da cui emerge da un lato la misura dell’importanza del
“Masaccio di Cascia” e dall’altro la misura dell’importanza della permanenza
del trittico stesso nel territorio, non soltanto per il territorio. Il saggio
si conclude con una memoria infantile e commovente della Lanzarini che
restituisce in maniera plastica questo duplice aspetto.
Anche Lucia Bencistà trova un granello di favola in quella coincidenza di date
per cui Carocci nel 1890 firmò, inconsapevolmente proprio il 23 aprile come
nell’iscrizione allora nascosta, quella che poteva essere una burocratica
scheda ministeriale del trittico. Era la prima mai redatta, e Lucia ne
sottolinea l’importanza in quanto in quel momento Carocci gettava le fondamenta
per la tutela del dipinto. Ripercorre poi anche le vicende del contesto
figurativo sul territorio, un patrimonio purtroppo molto depauperato. Meritoriamente,
traccia in nota anche una breve biografia di Angelo Polesello, spontaneo
precursore di Luciano Berti nel dare al trittico il nome di Masaccio.
Angelo Tartuferi sviscera quello che è il cuore della mostra, il confronto tra
Masaccio e Beato Angelico all’altezza del 1422, e inizia il suo saggio ricordando
l’auspicio espresso da Gloria Fossi nel 2021 di una festa per i seicent’anni
del trittico, divenuto profezia adesso avveratasi. Tartuferi invita a varcare,
attraverso due stipiti “incrollabili e insostituibili” – ovvero il trittico di
San Giovenale e il trittico di San Pier Martire – la porta che introduce al
Rinascimento e, nel proporre una considerazione rinnovata della prossimità e
divergenza tra le due opere, fornisce una guida per addentrarsi in esso.
Annamaria Bernacchioni, con la consueta lucidità e profondità di speculazione
su documenti, significati e circostanze, compie a sua volta una specie di
miracolo nel rendere l’intreccio di quella che potrebbe essere la trama di un
romanzo sul passaggio tra medioevo e rinascimento: papa e cavalieri, viaggi e
pittori, che ci porgono anche la concreta spiegazione delle ragioni della
committenza Castellani e della data apposta sul trittico di Cascia.
La passione per la tutela emerge nella disamina di Maria Maugeri – con la
collaborazione di Stefano e Marco Scarpelli – che rievoca il restauro di
Gaetano Lovullo del 1961 attraverso una documentazione di difficile accesso per
un pubblico allargato, i successivi studi che hanno esteso la conoscenza della
tecnica di Masaccio durante il soggiorno della tavola presso l’Opificio delle
Pietre Dure, e poi l’ultimo intervento sulla tavola di Cascia, quello del 2011,
finora inedito e grazie al quale, catalogo alla mano davanti all’opera, abbiamo
una guida ai segreti pittorici dell’opera di Masaccio.
Per quanto riguarda il mio testo, è
quasi la storia di una conversione: dalla mia originaria adesione all’ipotesi
longhiana che sul tramezzo di San Niccolò Oltrarno a Firenze vi fosse
l’Annunciazione di Masolino della collezione Mellon di Washington, al ritorno
tra le braccia del Vasari che nel 1568 scriveva – e lui non doveva esserne
ignaro per varie ragioni – che si trattava proprio di un’opera del Nostro. Le
conversioni sono sempre un po’ controverse, e spero di avere giudici clementi
per non aver trovato la prova provata! Rimane la speranza che prima o poi
arrivi…
Infine, il Direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt esplicita,
attraverso il legame delle opere al territorio, e, mirabilmente, del territorio
con gli Uffizi, la preziosa complementarità tra “centro” e “periferia”, dove
questo secondo termine è giustamente considerato illusorio dal Direttore. Ciò, ancora
una volta, esalta il significato della tutela dell’identità del territorio
attraverso la tutela dei beni culturali che è presupposto e leit-motiv del catalogo.
Le schede delle opere in mostra sono di Lucia Bencistà, Alice Chiostrini,
Silvia De Luca, Daniela Matteini, Nicoletta Matteuzzi, Angelo Tartuferi e dell’autrice
di queste note.
Grazia Badino
Data recensione: 06/07/2022
Testata Giornalistica: Corrispondenza
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