Dal 2015 l’Amministrazione comunale di Pontassieve allestisce esposizioni d’arte nella Sala delle Colonne del municipio.
Dal
2015 l’Amministrazione comunale di Pontassieve allestisce
esposizioni d’arte nella Sala delle Colonne del municipio. Fino a
oggi le mostre sono state quindici, tutte corredate di cataloghi
finalmente maneggevoli, la cui omogeneità – grafica e di formato –
è parsa da subito necessaria a dar l’idea dell’aspirazione a una
programmazione coerente, lontana dal tenore episodico che per solito
informa le rassegne d’arte ordinate dai governi locali. L’idea
sottesa al progetto è quella di non privilegiare alcuna tendenza,
puntando sempre sulla tenuta morale e sulla qualità poetica di
quanto venga esibito e alternando voci d’artisti celebrati a quelle
di giovani meritevoli d’essere conosciuti. Né c’è stata finora
una tecnica che abbia goduto d’un occhio speciale; fotografia
compresa. E giustappunto alle opere d’un fotografo è votata
l’esposizione attuale. Pino Bertelli è il terzo fotografo che
presenta i suoi lavori nella Sala delle Colonne. Prima di lui ci sono
stati Andrea Alfieri con epifanie liriche di paesaggi e popoli
geograficamente lontani (2015) e Aurelio Amendola con le sue
magistrali letture di marmi di Michelangelo (2016). Pino Bertelli,
che è di «Reporters sans frontières», si dichiara fotografo di
strada; ma le strade che lui ha percorso sono quelle di mezzo mondo,
della metà che soffre; pervasa di fame, povertà e morti precoci;
infantili per lo più. Fame, povertà e morte, quasi sempre
conseguenti a guerre, per solito fratricide. Le immagini esposte a
Pontassieve sono desunte da reportage di Bertelli in terre
differenti, fra loro lontane, sovente dell’Africa; sicché sarà
agevole comprendere che riguardano conflitti diversi. È importante
che questa scelta sia sottolineata, ora ch’è in atto una guerra
così a noi vicina da udirne gli echi degli scoppi, giacché la
denuncia che la mostra di Pontassieve muove non deve sembrare legata
a sensazioni connesse alla prossimità geografica dell’Ucraina.
Quasi che s’avvertisse l’urgenza d’una condanna proprio perché
le bombe esplodono vicino a noi (anche se magari per molti è così
davvero, altrimenti non si spiegherebbero il silenzio e il
disinteresse nei confronti delle sofferenze e delle stragi in tanti
altri luoghi del mondo perpetrate). Non si potrà sottacere che ora –
mentre in Ucraina madri disperate scappano coi bimbi tenuti in collo
alla meglio, mentre gente spogliata di tutto piange davanti alle
macerie di case crollate sotto le bombe e davanti ai cadaveri sparsi
sulla via o ammucchiati nelle fosse comuni – ora, proprio ora,
fonti attendibili danno attualmente per certe più di sessanta guerre
nei diversi continenti. È facile indovinare che anche in quei luoghi
si rinnovino ogni giorno le medesime tragedie cui assistiamo al
confine con la Russia. Non c’è ragione per un trattamento tanto
squilibrato e ingiusto. Ecco perché s’è scelto d’offrire a
chiunque rigetti la guerra fotografie che non distinguano fra terra e
terra, fra persone e persone, fra bimbi e bimbi. Era l’inizio di
febbraio quando il mondo ha sospeso il respiro, mentre in Marocco una
folla s’affannava per salvare la vita a un bambino caduto in un
cunicolo profondo. E quel mondo s’è commosso quando il corpicino è
risalito morto in superficie. Mi viene naturale pensare al Dio in cui
credo, un Dio ch’è padre e che osserva i suoi figli. Non riesco
ovviamente a figurarmene il giudizio; ma idealmente posso, come Lui,
guardare dall’alto queste scene contemporaneamente alle stragi di
bimbi per la guerra. Oltre che atroce, è tutto troppo stupido.
Data recensione: 19/06/2022
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Antonio Natali