Una nota di cronaca: giorni fa ero in ospedale, avendo con me per le ore di attesa e di terapia il libro che Piero Antonio Carnemolla
Una nota di cronaca: giorni fa ero in ospedale, avendo con
me per le ore di attesa e di terapia il libro che Piero Antonio Carnemolla, da
buon concittadino di Giorgio La Pira, ha scritto ancora su di lui, dopo avergli
dedicato molto studio e molti studi. Con mia sorpresa un medico che aveva visto
il titolo mi chiede chi fosse questo personaggio, al che ho chiesto se era
fiorentino. NO, di Varese e questo ha ridotto la sorpresa: era comprensibile
che non conoscesse neanche il nome di Giorgio La Pira. Ma non è detto che anche
per chi ne conosce il nome e la fama Giorgio La Pira non sia poi uno
sconosciuto, e che non meriti sapere ancora di lui. E questo libro del
carissimo Piero Antonio è davvero di grande aiuto per incontrare un La Pira
inedito, riscattandolo da schematismi riduttivi e da modelli celebrativi che
privilegiano o la dimensione pubblica o la visibilità religiosa di un uomo
difficile da incorniciare.
Il libro sembra autorizzare una visione diversa della figura di La Pira, e ne
trovo conferma nella nota 75 a pagina 52, che si riferisce alla sua
partecipazione all’Assemblea Costituente, ma che vale in linea generale: “Sul
tema nessuno studioso ha dedicato uno scritto specifico. I rari riferimenti che
si incontrano in opere dedicate al pensiero di La Pira (oltre a quelle di
carattere generale) stanno ad indicare che non tutto è stato detto su di lui e
rimane ancora tanto da scrivere e studiare. Il presente saggio intende colmare
tale lacuna e, nei limiti della saggistica consultata, proporre una visione più
organica e coerente del pensiero di uno dei maggiori protagonisti della vita
civile e religiosa del nostro secolo”.
Meriterebbe quindi fare in questa ottica una lettura più approfondita del
libro, ma limiti di spazio e di tempo permettono solo delle ipotesi
interpretative che andrebbero meglio documentate. Devo confessare che proprio
l’utilizzo inflazionato e celebrativo di questo nome aveva ingenerato una certa
diffidenza nel farne memoria in ogni occasione. La lettura di questo libro ha
dissipato questo timore, e mi porterebbe a dire che anche chi conosce bene
Giorgio La Pira nella sua storia e nel suo operato, o chi lo ammira nella sua
esemplarità di cristiano o nella sua fedeltà alla chiesa, dovrebbe forse fare
uno sforzo per conoscere più in profondità e verità questo “Laico cristiano” e
comprendere meglio il mistero della sua vita. Se siamo soliti chiamarlo
“sindaco santo”, succede che per alcuni è santo per la sua attività politica da
cristiano, per altri è santo per la sua palese religiosità, così dividendo
quello che egli era riuscito ad unire.
Per quanto sia una raccolta di saggi su momenti ed aspetti diversi, il libro
trova la sua unità proprio nel far emergere il filo conduttore di una esistenza
abitata e dominata dalla grazia: quando si parla del suo ambiente familiare da
cui sembra quasi uscire per una missione non dichiarata ma compiuta, in seguito
ad una esperienza di vera e propria “conversione” in senso paolino; quando si
rievoca l’amicizia profonda con Salvatore Quasimodo, mai rinnegata ma nella
sincera distinzione di vie diverse; quando soprattutto si ricorda come La Pira
capta il messaggio della lettera pastorale del card. Suhard di Parigi e se ne
fa portavoce critico in Italia: qualcosa che segnerà il suo cammino e che forse
non era stato studiato come in questo caso; quando si dà rilievo al suo
pensiero mariologico prima ancora che alla sua devozione per Maria, vissuta in
totale realismo teologico e storico; quando si ripercorre l’itinerario
missionario della Regalità di Cristo con Ezio Franceschini; quando
sorprendentemente si dà rilievo alla genuina laicità di Giorgio La Pira
attraverso le tante lettere scritte ai Monasteri; quando si delinea la teologia
della città, matrice ed orizzonte della sua azione politica.
Un ultimo aspetto considerato è presentato da queste parole di Giorgio La Pira
in una lettera molto franca al card.Ottaviani: “Dire la verità è segno di
autentica amicizia”. È un interessante capitolo che documenta l’ostilità spinta
fino al disprezzo verso questo uomo libero, ma che lascia capire in quale modo
egli difendesse non se stesso ma la sua missione, non il suo ruolo ma la sua
vocazione. Piero Antonio apre il capitolo con queste parole, che possono valere
in linea generale: ”Se si vuol parlare di La Pira è bene che si faccia con
discrezione e discernimento”. Ed è bene lo si faccia in seguito, in una
rilettura meno affrettata, per cogliere l’opera della Grazia e dello Spirito in
questo testimone, che certamente ha precorso il Vaticano II nella sua sostanza
anche se non nelle forme. Questo per dire quanto sarebbe importante tornare ad
un La Pira meno volgarizzato, per ritrovare anche noi il Concilio nella sua
sostanza!
Data recensione: 01/05/2022
Testata Giornalistica: Koinonia
Autore: Alberto Bruno Simoni