Quell’opera è di Donatello. È la proposta avanzata da Lia Brunori, funzionaria della Soprintendenza
Lia Brunori, funzionaria della Soprintendenza, propone di
attribuire al maestro del Rinascimento un particolare del frontone della chiesa
di San Francesco. Ecco perché
Quell’opera è di Donatello. È la proposta avanzata da Lia Brunori, funzionaria
della Soprintendenza, secondo la quale l’«occhio» della chiesa di San Francesco
dove è raffigurato il Santo di Assisi nell’atto di ricevere le stimmate è stato
realizzato dal grande maestro del Rinascimento fiorentino, l’autore del pulpito
della cattedrale di Santo Stefano, uno dei simboli della città di Prato.
L’inedita attribuzione è contenuta nel libro fresco di stampa dedicato al
restauro dell’opera, inserito all’interno del più ampio progetto dei lavori di
ristrutturazione e recupero che stanno riguardando l’intero complesso dell’ex
convento, prima francescano, poi carmelitano e oggi collegato alla parrocchia
di Santa Maria delle Carceri.
Il volume «Le stimmate di San Francesco. Una scultura riscoperta nella chiesa
di San Francesco a Prato», edito da Polistampa, e curato da Lia Brunori insieme
a Francesco Marchese, coordinatore del progetto di restauro per conto della
parrocchia, è stato presentato questa mattina, 6 maggio, alla presenza del
vescovo Giovanni Nerbini, del sindaco Matteo Biffoni e dell’amministratore
parrocchiale monsignor Carlo Stancari.
Finora questo manufatto era associato alla scuola robbiana: nel 2013 lo
studioso Andrea De Marchi, in occasione della mostra «Officina pratese», lo
aveva attribuito a Andrea Della Robbia e in quella occasione aveva anche
lanciato un appello, poi raccolto da Tomaso Montanari, affinché venisse salvato
dal degrado.
Adesso, grazie ai lavori di restauro sono state compiute delle nuove analisi e
il rilievo in stucco è stato osservato da vicino, come forse non era mai stato
fatto prima. «Nonostante sia da circa sei secoli sotto gli occhi di tutti,
questo rilievo rappresenta una delle opere meno conosciute dell’intero
patrimonio artistico della città», scrive Brunori. Così, guardando i dettagli,
specialmente gli elementi prospettici e la particolare tecnica realizzativa, la
funzionaria delle Belle Arti propone questa nuovissima attribuzione. Come detto
l’intervento ha dato modo di apprezzare l’accuratissima e spettacolare
elaborazione dell’altorilievo nel quale è stato rappresentato il momento in cui
San Francesco, ritirato sul monte della Verna in appartata meditazione, riceve
la visione del serafino mistico che in forma di Cristo Crocifisso gli donò le
stimmate. Alle spalle del Santo c’è uno spuntone roccioso, si vedono degli
alberi di conifere. Ai piedi di un albero, come inglobato nella roccia, si
trova Frate Leone, sulla destra è raffigurata una chiesa, identificata con il
convento della Verna.
Queste soluzioni tecniche si porrebbero in sintonia con quanto si stava facendo
a Firenze dagli anni Venti del XV secolo grazie al genio di Brunelleschi e
Donatello e in pittura da Masaccio. «Il rilievo pratese recepisce a pieno
questa lezione con assoluta genialità inventiva e freschezza di ispirazione.
Direttrici luminose e linee prospettiche costruiscono la scena proiettandola in
uno spazio ormai pienamente soggetto alle leggi dell’uomo secondo le nuove
elaborazioni brunelleschiane». L’utilizzo poi di una tecnica particolare come
lo stucco porterebbe a escludere il riferimento robbiano, nel libro infatti ci
si chiede: perché Andrea campione dell’uso della terracotta invetriata avrebbe
dovuto abbandonare questa tipologia di indiscusso successo per fare un’opera
così esposta alle intemperie? In età giovanile Donatello ha esplorato
certamente l’uso della terracotta ma ha anche lavorato spesso con lo stucco. Ne
parla Vasari, che lo ricorda «Pratico negli stucchi», e poi di questa tecnica,
della quale era «unico nella Firenze del tempo», restano testimonianza le
decorazioni della sacrestia vecchia di San Lorenzo. Analoga è la malta composta
da aggregato sabbioso, calce idraulica e abbondante presenza di ossidi e idrossidi
di ferro di colore giallo rossastro, usati per ottenere stucco pigmentato.
Simile all’arte donatelliana anche l’uso degli strumenti utilizzati: sono state
rinvenute tracce lasciate da spatole, stecche e punte metalliche. «In
particolare la lavorazione dell’albero accanto al campanile sembra realizzata
con la stessa tecnica a intaglio della capigliatura della figura col forcone
sulla sinistra nel tondo del Martirio di San Giovanni nella sacrestia vecchia
di San Lorenzo a Firenze», afferma Brunori. Le similitudine sono molte altre
ancora e vengono descritte e mostrate nel libro anche grazie a confronti
fotografici tra alcuni particolari contenuti nell’«occhio» di San Francesco con
opere di Donatello.
Nel libro si affronta anche la questione della datazione dell’opera. Pur
mancando documenti ufficiali che inquadrano temporalmente questo rilievo, è
stata accertata l’esistenza di un testamento del 1417 di Ser Torello di Niccolò
Torelli, illustre notaio pratese, che lascia la cospicua somma di cento fiorini
d’oro per completare il frontespizio della chiesa, raccomandando che il lavoro
fosse completato entro cinque anni, cioè il 1422.
Lia Brunori conclude il suo saggio sottolineando che la paternità dell’opera a
Donatello, pur se suffragata da vari riscontri, si tratta solo di una proposta,
bisognosa di altri documenti che possano «diradare i molti interrogativi che
accompagnano la lettura del rilievo». Resta comunque il fatto, e lo evidenziano
Brunori e Marchese, che questo splendido stucco quattrocentesco che sembrava
danneggiato in modo irreparabile è stato restituito al ricco patrimonio
artistico della città.
La chiesa di San Francesco a Prato. Nel 1212, secondo la tradizione, San
Francesco di Assisi arrivò a Prato e fondò una piccola comunità di frati, che
aderenti a quel propositum vitae che fu la primitiva regola francescana, diede
origine al convento e alla chiesa che oggi conosciamo. Il 24 luglio 1228, a
soli otto giorni dalla canonizzazione del poverello di Assisi venne fondata la
chiesa di San Francesco a Prato, che così risulta essere la prima dopo la
grande basilica di Assisi, avviata il 17 luglio 1228.
Data recensione: 06/05/2022
Testata Giornalistica: Il Tirreno
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