Il 25 gennaio 1820 apriva le sue sale a Firenze il Gabinetto scientifico letterario di Giovan Pietro Vieusseux.
Il 25 gennaio 1820 apriva le sue sale a Firenze il Gabinetto scientifico
letterario di Giovan Pietro Vieusseux. 200 anni dopo si è deciso di celebrare
questa impresa con una serie di iniziative dirette e coordinate da un Comitato
Nazionale per le celebrazioni del bicentenario del Gabinetto Vieusseux. Alcuni
progetti si sono concentrati su una delle maggiori imprese del ‘negociant’
ginevrino vale a dire la fondazione, direzione e cura dell’«Antologia. Giornale
di scienze, lettere e arti». Le due pubblicazioni che qui recensiamo sono due
felici e duraturi risultati delle attività promosse dal Comitato, con il
supporto del Ministero per i beni e le attività culturali.
Gabriele Paolini, docente di Storia contemporanea presso l’Università di
Firenze, mette a disposizione un materiale documentario inedito capace di
illuminare aspetti, anche molto concreti, che stanno dietro all’attività della
redazione dell’«Antologia». L’arrivo di Giovan Pietro Vieusseux a Firenze diede
certamente un grande impulso alla vita culturale toscana e nazionale,
soprattutto riuscì a concretizzare molte delle ambiziose iniziative del gruppo
dei moderati toscani, che in effetti solo a partire dalle azioni di Vieusseux divenne
veramente coeso. L’esperto mercante ginevrino, ormai quarantenne all’epoca del
suo trasferimento, con alle spalle una lunga esperienza acquisita nei suoi
innumerevoli viaggi,aveva scelto di stabilirsi a Firenze, considerando
estremamente favorevole per i suoi progetti la politica liberale del governo
lorenese e confidando nella presenza e nel sostegno economico di Pierre Senn,
titolare di una casa di commercio a Livorno e suo parente.
Il pragmatismo ottimistico di Vieusseux, legato sia alle sue origini di
mercante che alla religione protestante della sua famiglia, gli aveva permesso
di divenire un punto d’incontro e di collaborazione con uomini di diversa
provenienza culturale e religiosa.
Fu proprio lui che riuscì a concretizzare l’idea di un giornale solido e
duraturo per la Toscana, già ideato e fortemente voluto da Gino Capponi. Dopo
un primo anno piuttosto di basso profilo, già dal secondo anno l’«Antologia»,
che all’inizio si era solamente presentata come una rassegna di articoli
tradotti tratti dalle varie riviste europee, assunse un carattere diverso.
Negli articoli emergeva un’idea di nazionalità sottointesa, non solamente come
mero problema politico, ma anche come rapporto tra individuo e cultura, tra
storia e territorio. In breve tempo la rivista divenne un punto di riferimento
non solo per le élite intellettuali toscane e italiane ma fu capace di
intessere rapporti internazionali grazie anche all’ampia circolazione fra gli
esiliati in Francia e in Inghilterra. Ed è proprio per queste ragioni che la
Censura toscana rivedeva in maniera attenta e con grande acribia tutto quello
che era proposto per la pubblicazione nella rivista, dato che l’eco e
l’influenza degli scritti pubblicati sull’«Antologia» poteva giungere molto
lontano.
Paolini sottolinea nel libro Pugno di
ferro in guanto di velluto, la facilità con cui era stato concesso l’avvio
della rivista ma allo stesso tempo la minuziosa revisione alla quale erano
sottoposti gli articoli da parte del censore padre Mauro Bernardini, scolopio e
Rettore delle Scuole Pie fiorentine, e anche dalla Presidenza del Buon Governo,
l’organo incaricato del controllo dell’ordine pubblico e di conseguenza anche
della censura preventiva.
In questo volume l’autore presenta una ricerca di archivio molto ampia che coinvolge
numerose fonti conservate presso l’Archivio di Stato di Firenze (Fondo Censura,
Fondo della Presidenza del Buon Governo, Fondo della Segreteria di Stato) e la
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze con riscontri anche nell’Archivio
Storico del Gabinetto Vieusseux, in particolare nei Copialettere di
GiovanPietro Vieusseux.
Sono stati trascritti tutti quei documenti che discutono della revisione,
approvazione e censura dell’«Antologia», in particolare si tratta per lo più
della corrispondenza ‘a tre’ fra Vieusseux, padre Mauro Bernardini e –fino al
1826 – Aurelio Puccini, presidente del Buon Governo e poi con il principe Neri
Corsini, Segretario di Stato, che partire dal 1826 avoca a sé il controllo
della stampa.
Tutti i documenti sono corredati da note che permettono di individuare
precisamente gli articoli o libri ai quali si fa riferimento nelle lettere.
Dalla lettura di questi documenti emerge il costante lavoro che c’era dietro la
composizione di ogni volume della rivista, un’opera di mediazione e
ricalibratura incessante che arrivava fino a poche ore prima dell’avvio dei
torchi per la stampa.
Molto spesso, conferma lo stesso Paolini, era proprio Vieusseux stesso a farsi
carico delle modifiche e aggiustamenti richiesti, alcune volte applicando anche
una forma di ‘filtraggio’ preventivo per articoli ai quali teneva
particolarmente e che lui stesso modificava per non incorrere in un completo
rigetto (come, ad esempio, alcuni articoli di Giuseppe Mazzini). La Segreteria
di Stato cercava di fiaccare lo spirito dell’editore anche dilazionando le
risposte, complice involontario anche lo stesso Bernardini malato e sempre più
oberato dalle incombenze dell’ufficio censura che gestiva completamente da
solo. I ritardi nelle uscite del periodico creavano malcontento negli associati
e rimandavano l’immagine di una rivista poco affidabile. La possibilità di
leggere le varie versioni di alcuni dei proemi ai lettori scritti dal Vieusseux
durante gli anni, e sempre oggetti di censura scrupolosa, è una preziosa occasione
di confermare le idee, la strategia e le pratiche che Vieusseux avrebbe cercato
di mettere in atto in quegli anni sia attraverso il suo periodico sia
attraverso le altre attività culturali nel quale era coinvolto non ultima la
conduzione del suo Gabinetto di lettura.
Data recensione: 29/12/2022
Testata Giornalistica: Teca
Autore: Sara Mori