In anni di celebrazioni dantesche (per quanto condizionate negativamente da gravi eventi esterni), non sono certo
In
anni di celebrazioni dantesche (per quanto condizionate negativamente
da gravi eventi esterni), non sono certo mancati tentativi, da parte
di varie località, soprattutto ovviamente toscane e romagnole, di
appropriarsi del mito del Poeta, che magari non vi si era mai in
realtà avventurato. Di fronte alla «fioritura» di spesso
improbabili «sentieri danteschi» (preferibili comunque a quei
«sentieri dei briganti» sorti anni fa nella zona dell’Alto Lazio
in cui abita l’estensore di questa nota), Riccardo Nencini, autore
di apprezzate opere di saggistica e narrativa, ha pensato bene di
collocare tra Firenze e Ravenna, tra Arno e Adriatico, l’itinerario
seguito da Dante nella primavera del 1302 per sfuggire alla condanna
a morte pronunciata contro di lui dal nuovo governo fiorentino dei
Guelfi neri. Sul piano penale, le accuse rivolte al Poeta erano tali
da far tremare i polsi. Si andava dalla baratteria all’estorsione,
dai guadagni illeciti all’opposizione in armi alla politica papale,
reati tutti passibili di una pena pecuniaria di 5.000 lire di fiorini
piccoli e la restituzione dei beni trafugati; lo stato di contumacia
comportava poi in automatico la pena capitale, per rogo o per
decapitazione. Non si andava certo per il sottile: c’erano antiche
o più recenti vendette da consumare, e su di esse – già
responsabili di vere e proprie carneficine, e di quella che Nencini
arriva a definire una «pulizia etnica del nemico politico», ben
rintracciabili nel «Libro del Chiodo», il registro dove il governo
dei Neri annotava i nomi dei nemici, guelfi bianchi o ghibellini,
vivi o morti – si appunteranno le esili speranze di chi, come lo
stesso Dante, si illudeva di veder mutare il corso della storia. A
proposito, il pamphlet di Nencini può sino a un certo punto
definirsi un vero e proprio libro di storia, piuttosto – come
rileva nella quarta di copertina Franco Cardini – «un atto d’amore
per queste terre». In effetti, può quasi sembrare che il «ghibellin
fuggiasco» evocato da Foscolo nei Sepolcri cerchi, e per molti versi
trovi, nel rapporto con i luoghi attraversati durante il proprio
errare fra Toscana e Romagna, una sorta di conforto, di compensazione
a quanto le privazioni subite e le sconfitte arrecategli dalla
politica gli stavano togliendo.
Data recensione: 01/06/2022
Testata Giornalistica: Storia in Rete
Autore: Guglielmo Salotti