La sboba. Diario dell’internato militare n.30067 dall’8 settembre 1943 al 5 settembre 1945, è il titolo di un libro composto
La sboba. Diario
dell’internato militare n.30067 dall’8 settembre 1943 al 5 settembre 1945,
è il titolo di un libro composto da tre volumi, in cui si raccontano in quasi 1000
pagine, circa 727 giorni della vita di Giulio Prunai (1906-2002) nei centri di
detenzione tedesca. Si tratta di un diario di ‘internato’, pieno di sofferenze,
di disagi, di emozioni, di sentimenti e di principi morali, di tristi viaggi
dentro il cuore dell’Europa nelle mani dell’esercito tedesco, esercito che
imprigionava e disponeva di ufficiali e soldati italiani che non scelsero di
combattere con la Repubblica di Salò e furono fedeli al Re, come fu nel caso di
Prunai. Una lettura sterminata che si apre a sguardi diversi, a varie
esplorazioni, ad ampi confronti. Esiste una letteratura testimoniale e
memorialistica sugli internati militari italiani, ma questa pubblicazione, anche
per la sua dimensione ne rappresenta una sorta di svolta o comunque di pietra
miliare. Il fatto che Prunai fosse un ufficiale colto, esperto e praticante dell’
archivistica come disciplina (divenne poi Direttore dell’Archivio di Stato di
Siena e Soprintendente archivistico per la Toscana), è una ulteriore conferma
del carattere unico di questo diario di vita scritto in cattività da un uomo
(un soldato, un ufficiale) chiuso, nel cuore di una guerra mondiale, in spazi
angusti e senza libertà. Una straordinaria interconnessione tra locale e
globale. Tra i presentatori del libro figurano i due figli di Giulio Prunai
(Giuseppe e Maria) entrambi apprezzatori esperti del lavoro paterno. Maria, la
figlia, bibliotecaria, è anche curatrice della complessa edizione. Nel suo
scritto di analisi del diario del Prunai, Persino…Per la lettura di un
documento straordinario, Nicola Labanca sottolinea l’aspetto forse più
rilevante dello scenario storico degli IMI, cui questo volume grandemente
contribuisce, ovvero il ritardo con cui le vicende degli Internati Militari vengono
studiate e la mancata considerazione di essi come parte di una resistenza larga
e diffusa, e non solo legata all’Italia e alle azioni dirette contro il
nazifascismo. Secondo Labanca ci furono molte ‘resistenze’. Questo tipo di
resistenza, legata alla fedeltà alla monarchia e alla sfiducia nella Repubblica
di Salò, nonché al desiderio di farla finita con la guerra, ha una importanza particolare
per comprendere il dopoguerra, l’Italia dopo il ritorno dai campi di detenzione
e di concentramento. La sboba è un documento straordinario, ma è anche un racconto
straordinario, un diario realizzato con tenacia e sistematicità, giorno per
giorno, con buona scrittura, ricco di riferimenti e di esperienze. Un dialogo
con sé e – idealmente – con sua moglie, una cronaca del mondo intorno, davvero
‘grande e terribile’. Forse è il testo più completo che si possa trovare
nell’ambito dei diari che vengono dagli IMI (Internati Militari Italiani) e in
specie dagli ufficiali (che avevano maggiore opportunità di scrivere che non i
soldati sia per la maggiore istruzione che per le migliori condizioni di vita).
Giulio Prunai è un uomo colto, che legge e che scrive per abitudine e per professione
e conosce il mondo dei documenti. Come militare è fedele al Re, è conservatore,
teorizza nel dopoguerra una sorta di potere nelle mani degli ufficiali. Ma è
anche un uomo che non pensa mai, per salvarsi la pelle o anche solo per
sottrarsi all’internamento, di aderire alla Repubblica di Salò. Descrive invece
la sua delusione quando altri lo fanno. Racconta che militari italiani
‘repubblichini’ girano per i campi di concentramento cercando di portare gli
ufficiali italiani affamati e in condizioni di vita davvero penose, dalla parte
del fascismo e si rammarica che molti aderiscano. Il suo più caro amico lo
invita a fingere di aderire alla Repubblica di Salò per essere liberato dalla
prigionia e poi poter scappare, ma Prunai su questo piano non mostra
esitazioni. La vita di Prunai, internato militare n. 30067, è coatta, senza
orizzonte, centrata sulla penuria e cattiva qualità del cibo, costretta alla
nevrosi e al conflitto con i più cari amici e vicini di letto. Ha spesso
informazioni di prima mano che vengono da ufficiali più a contatto con i
tedeschi. Il campo, anzi, i vari campi di prigionia che attraversa, hanno
sempre una gerarchia militare con certo ordine. Prunai riesce sempre a tenere
aperta per sé la immaginazione del ritorno, costruisce il suo tempo attraverso
il diario. Ogni giorno è una pagina di diario dove viene riportato il nome di
un santo, è un avvicinamento alla fine “S.Gregorio (24 dicembre 1943) Venerdì”.
Il diario è una sorta di luogo della possibile salvezza, ed è insieme un
documento della vita prigioniera compilato da un archivista che sa che –
tornando – prima o poi il suo diario sarebbe diventato un documento importante
da leggere, consultare, studiare1. E’ consapevole che quel che scrive diventerà
una ‘fonte’. Lui è uno dei tanti, ma sono pochi, forse nessuno, che lasceranno
memorie ampie come le sue. Quando si trova in mezzo alla zona di interregno tra
tedeschi in ritirata e alleati in arrivo, è sempre ben informato e racconta sempre
dettagli, esperienze. Queste pagine sono tra le più belle anche come lettura di
suspence, perché si vede chiaramente che la fine della prigionia ormai vicina
comporta il rischio di morire ‘per fuoco ‘amico’, per ‘cannone liberatore’. Una
condizione che lo rende simile – per un breve ma drammatico periodo - al
vissuto di chi in Toscana viveva sulla linea del passaggio del fronte
nell’estate del 1944.
Data recensione: 01/07/2021
Testata Giornalistica: Maitardi
Autore: Pietro Clemente