Lo studio di Linda Giandalia sul Teatro del Cocomero di Firenze, oggi Niccolini, nasce dalle ricerche originali condotte
Lo studio di Linda Giandalia sul Teatro del Cocomero di
Firenze, oggi Niccolini, nasce dalle ricerche originali condotte dalla giovane
studiosa in occasione della tesi di laurea in Storia dell’architettura discussa
presso l’Università di Firenze. La narrazione, pensata per una vasta platea di
lettori, ripercorre, con garbo e nitida prosa, le vicende storiche e
architettoniche dell’edificio: dalla prima testimonianza nota (1649) al suo
recente recupero (2016). L’attenzione si concentra soprattutto sui dettagli
strutturali e decorativi. Restano volutamente sullo sfondo gli spettacoli che
furono allestiti su quell’importante palcoscenico e i nomi degli interpreti che
vi si esibirono. Poche le eccezioni, come l’opportuno cenno a Tommaso Salvini,
Adelaide Ristori ed Ernesto Rossi – ricordati per la recita della Francesca da Rimini di Silvio Pellico
del 1865 – e a Paolo Poli, Carmelo Bene e Vittorio Gassman. Da segnalare le
belle pagine dedicate alla ricostruzione settecentesca di Giulio Mannaioni, che
conferì al teatro l’assetto attuale, e il ricco apparato di immagini, ulteriore
pregio della pubblicazione: una significativa non esornativa selezione di
piante, schizzi e sezioni che permette di visualizzare le modifiche apportate
alla sala nel corso del tempo, sottolineando l’importanza dei documenti
iconografici per la storia dello spettacolo.
La storia del Niccolini inizia quando l’antica famiglia fiorentina degli Ughi, storica
proprietaria dell’immobile, accettò di cedere all’Accademia dei Concordi uno stanzone
posto al primo piano del proprio palazzo di via del Cocomero, oggi Ricasoli, assecondando
una richiesta del cardinale Giovan Carlo de’ Medici, illustre protettore del
sodalizio e serenissimo principe impresario. Con ogni probabilità a quella
altezza cronologica la sala era già stata occasionalmente utilizzata come
spazio teatrale e appariva come il luogo più adatto per le recite dei Concordi,
fino ad allora ospitati nel casino di Don Lorenzo de’ Medici in via del
Parione. Si vedano a conferma la gradinata e il palcoscenico visibili in una
pianta dell’epoca e alcune attrezzature teatrali registrate nel primo contratto
di locazione del 1649 (entrambi i documenti sono custoditi nell’archivio degli
Immobili).
Nella seconda metà del Seicento, nella Firenze dello spettacolo mediceo tra corte
e accademia, il Cocomero visse una fase di alterne gestioni accademiche:
Sorgenti, Cimentati, Abbozzati. Nel 1669 la locazione degli edifici e la
gestione dell’attività teatrale furono definitivamente rilevate dagli Infuocati
che, forti della protezione del Gran principe Ferdinando de’ Medici, il
principe che amava Pratolino, ne fecero una delle principali realtà
spettacolari del tessuto cittadino. Lo ha dimostrato Caterina Pagnini in uno
studio dedicato all’attività impresariale dell’accademia tra il 1701 e il 1748,
anno in cui venne promulgato il nuovo regolamento lorenese sui teatri pubblici.
Sintesi delle precedenti leggi sulla concorrenza teatrale, il decreto rappresentò
il discrimine finale per stabilire l’ambito di competenza dei due principali teatri
fiorentini: la Pergola, tempio dell’opera in musica, il Cocomero, destinato alla
variegata produzione di spettacoli in prosa, intermezzi musicali e solo
occasionalmente di opere in musica, specialmente opere buffe.
Dopo una serie di lavori di adattamento e ampliamento, tra cui la costruzione del
palco reale e l’aggiunta del terzo ordine, nel 1754 la sala fu rinnovata dagli architetti
Innocenzo Giovannozzi e Giuseppe Ruggieri che ingrandirono il palcoscenico, rialzarono
il tetto e l’arcoscenico e aggiunsero un quarto ordine di palchi per far fronte
al sempre maggiore afflusso di pubblico. Gli interventi si rivelarono
insufficienti. Nel 1763 il teatro fu ricostruito in muratura e ampliato con
l’aggiunta di un edificio adiacente. Fu in questa occasione che la secentesca
pianta a U si trasformò in moderna pianta ovoidale. Il progetto, firmato da
Mannaioni, prevedeva il rovesciamento della sala: il palcoscenico prese il
posto precedentemente occupato dalla platea secondo la disposizione che
mantiene ancora oggi. Il nuovo teatro fu inaugurato il 17 gennaio 1764. Si
ricordino almeno, nella seconda metà del secolo, le recite dell’Arlecchino
Roffi e di Pietro Pertici. Nel frattempo l’edificio si arricchì di un numero crescente
di spazi funzionali alla sua vita economica e sociale: sale da gioco, da
conversazione, ospitalità a feste da ballo, vendita di generi di ristoro,
raggiungendo la massima espansione nel 1834, quando le proprietà degli
Infuocati lambivano via Martelli e piazza del Duomo.
Nel 1860 il teatro fu dedicato al drammaturgo Giovan Battista Niccolini che sul
quel palcoscenico aveva ottenuto con i suoi drammi storici alcuni dei suoi
maggiori successi. Si avvicinava il tempo di Firenze capitale. Il periodo postunitario
segnò il momento di maggior splendore dell’attività spettacolare di questo
insigne spazio teatrale. Naturale che si registrino ulteriori lavori di
abbellimento e restauro. Almeno fino allo scoppio della seconda guerra mondiale
quando, come spesso è accaduto nella multiforme storia del teatro all’italiana,
il Niccolini venne convertito in cinema. Dopo vari tentativi di
riqualificazione, alla fine degli anni Settanta tornò alla iniziale vocazione
grazie all’impresario Sergio Vernassa e alla Compagnia Granteatro di Carlo
Cecchi e Roberto Toni.
Chiuso nel 1995, il Niccolini è stato restituito a nuova vita nel nuovo
millennio grazie alla lungimiranza di un committente generoso: l’imprenditore
Mauro Pagliai, che ne ha finanziato il rifacimento, saggiamente conservativo,
realizzando un centro culturale polifunzionale prestigioso e restituendo a
Firenze un tassello fondamentale della sua vita teatrale. Passato e presente,
vivo sentimento della storia e civilissima civica coscienza al servizio della
città e del bene comune.
Data recensione: 01/10/2021
Testata Giornalistica: Nuova Antologia
Autore: Lorena Vallieri