Nel 2020 lo Spazio Mostre Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze ha ospitato l’esposizione I colori di Arlecchino
Nel 2020 lo Spazio Mostre Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze ha ospitato
l’esposizione I colori di Arlecchino. La
Commedia dell’Arte nelle opere di Giovanni Domenico Ferretti. Fabio Sottili
ne è stato il curatore e l’autore del relativo catalogo. Edito presso l’editore
fiorentino Polistampa, il volume riproduce l’intera collezione e propone un
saggio introduttivo, Ferretti, regista
del buonumore: arlecchinate, caricature e affini (pp. 117), inteso non
soltanto a presentare le opere ma anche a ricostruire il contesto artistico e
culturale in cui ha operato il loro autore.
Collocate originariamente nel Gabinetto degli Arlecchini della Casa della
Commenda di Ponte Vecchio di proprietà della famiglia Sansedoni, le sedici tele
di Giovanni Domenico Ferretti dedicate ad Arlecchino sono state trasferite
successivamente nel Palazzo affacciato su Piazza del Campo a Siena, dove sono
rimaste fino al loro acquisto, nel 1984, da parte della fondazione Cassa di
Risparmio di Firenze.
Dopo un intervento di restauro complessivo, l’esposizione si propone di
presentare al grande pubblico anche opere meno note di Giovanni Domenico
Ferretti, pittore toscano attivo intorno agli anni Quaranta del Settecento.
Egli lavorò in modo continuativo per la committenza della famiglia Sansedoni
originaria di Siena, ma strettamente legata al governo fiorentino.
Nella sua Casa della Commenda di Ponte Vecchio Orazio Sansedoni allestì un
‘gabinetto degli Arlecchini’ interamente occupato dal ciclo di tele di Ferretti
dedicato alla maschera di Arlecchino, le Disavventure
di Arlecchino e Pulcinella.
I temi che interessano le opere sono l’amore tra Arlecchino e Colombina, la
famiglia di Arlecchino e i suoi travestimenti. Naturalmente la chiave di
lettura delle tele resta quella riservata alla committenza: le maschere
accompagnano spesso nobiluomini, in cui si riconoscono i committenti.
Arlecchino appare molto spesso in compagnia di Pulcinella, una maschera molto
cara al pittore per i motivi che ispira, intrecciati a quelli del poliedrico
Arlecchino. Ora goffo, ora vorace e ancora agile e arguto, l’Arlecchino di
Ferretti è assolutamente in linea con la caratterizzazione scenica tradizionale
dello Zanni.
Secondo Sottili, Arlecchino è infatti «delineato con teste di carattere, forme
piene e dinamiche, dalla gestualità teatrale».
Il saggio di Sottili non si limita a ricostruire il clima artistico fiorentino,
ma si sofferma anche su quello teatrale, attraversato da ispirazioni europee
portate dal Gran Tour, entro cui tra l’altro opera Ferretti. Nei quadri-arredi
di Arlecchino si ravvisa chiaramente l’iconografia della Commedia dell’Arte
fissata dagli artisti della corte dei granduchi di Firenze: Jacques Callot,
Baccio del Bianco, Antonio Tempesta e Stefano della Bella.
Fra le fonti pittoriche, si riconoscono le influenze sia di Crespi per la
tensione verso una certa giocosità e bizzarria; sia di Zocchi per i temi
carnevaleschi senesi. Toni e argomenti che richiamano con evidenza esperienze
d’oltralpe. L’atmosfera delle tele del contemporaneo Antoine Watteau dedicate
alle feste del carnevale veneziano, agli attori e alle maschere della Commedia
dell’Arte è immediatamente riconoscibile.
Le fonti teatrali sono invece più incerte. L’ispirazione di Ferretti viene dai
canovacci o da interpretazioni accademiche? Secondo l’autore del catalogo, per
il ciclo di Arlecchino è verosimile pensare a una rappresentazione vista nel
1746 al teatro del Cocomero di Firenze, tenendo pur sempre conto dell’assidua
frequentazione da parte del pittore dell’Accademia dei Filodrammatici del
Vangelista e del teatro dell’Acqua. Quest’ultimo decisamente legato alla
messinscena di commedie ridicolose vicine al repertorio goldoniano.
Un percorso espositivo ricco quello dedicato a Ferretti, in grado di riflettere
la fortuna passata e attuale delle arlecchinate. Una fortuna non solo
fiorentina ma anche internazionale. A questo proposito, il curatore della
mostra non solo individua un’ulteriore serie di arlecchinate settecentesche
presenti a Firenze e di paternità ferrettiana, a testimonianza peraltro del
successo del pittore presso la nobiltà fiorentina, ma rintraccia le migrazioni
internazionali di Arlecchino. Oggi è infatti possibile ritrovare la maschera
protagonista di collezioni d’oltreoceano, come quella del John e Mable Ringling
Museum di Sarasota (Florida).
Data recensione: 01/01/2020
Testata Giornalistica: Commedia dell’arte
Autore: Elena Mazzoleni