Per il Teatro Niccolini, già del Cocomero, il più antico di Firenze e tra i primi teatri “moderni” d’Europa, le cui origini risalgono al 1650
Per il Teatro Niccolini, già del Cocomero, il più antico di
Firenze e tra i primi teatri “moderni” d’Europa, le cui origini
risalgono al 1650, è tempo di ripartire. Uno sguardo in avanti, oltre le
incertezze dei tempi, con un bel tuffo carpiato all’indietro. Perché il nuovo
corso, abbandonata la strada, invero mai decollata, di spazio partner del
Teatro della Toscana, capofila La Pergola, segna il ritorno in cabina di regia
di Roberto Toni, veterano di tante battaglie, già direttore artistico negli
anni Ottanta della sala di via Ricasoli, a due passi dal Duomo, richiamato sul
ponte di comando dal gruppo Polistampa di Mauro Pagliai, proprietario dell’edificio,
inutilizzato dal 1995, a cui si deve il progetto di ristrutturazione che nel
2016 ha restituito il teatro a nuova vita e all’antico splendore. «Firenze e il
suo pubblico - dice Toni - meritano questa impresa, fatta di tanto rischio e di
tanta passione. Soprattutto ora che, per le ragioni che conosciamo, tutto
appare più difficile e di esito incerto. Abbiamo fatto il nostro meglio,
speriamo di fare ancora di più con la complicità degli spettatori e del nostro
inesauribile coraggio». Aggiunge Pagliai: «Dopo la chiusura dovuta al Covid,
abbiamo l’obbligo morale di far rivivere questi ambienti secondo la loro
vocazione. Il nostro impegno si limita all’anno in corso: dopodiché speriamo in
un coinvolgimento delle istituzioni, affinché la programmazione possa
continuare».E siccome al Niccolini Paolo Poli ha legato per anni il proprio
nome, l’inaugurazione, oggi, si lega al suo ricordo, con Pino Strabioli
protagonista di "Sempre fiori mai un fioraio", un titolo che è tutto
un programma ma anche un tributo alla libertà e alla leggerezza di un artista
che ha attraversato il Novecento con una naturalezza e un coraggio unici.
Scorrono poi Gennaro Cannavacciuolo, Paolo Graziosi, Filippo Timi e Lucia
Mascino con l’acclamato “Promenade de santé”, Spiro Scimone e Francesco
Sframeli (“Amore”) , la dedica a Oriana Fallci di Roberto Petrocchi, Giulia
Weber e Fulvio Cauteruccio, gli “Esercizi di Stile” di Queneau, Ettore Bassi
nei panni del professor Keating dell’”Attimo fuggente”, Sergio Basile,
Giancarlo Cauteruccio e ultimo ma non ultimo il ritorno di un altro mostro
sacro che qui era di casa: Carlo Cecchi con due perle del repertorio
eduardiano, “Dolore sotto chiave” e “Sik sik l’artefice magico”.
Data recensione: 04/10/2021
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Gabriele Rizza