Avrebbe potuto proseguire il lavoro che il Teatro della Toscana ha lasciato in sospeso. Invece nei tre futuri mesi
Avrebbe potuto proseguire il lavoro che il Teatro della
Toscana ha lasciato in sospeso. Invece nei tre futuri mesi al timone del
Niccolini – in questo momento fuori dall’orbita Pergola – Roberto Toni (già
alla guida della sala di via Ricasoli dal 1980 al 1995) ricomincia da se
stesso. Dalla memoria che lo lega a quel teatro, dai protagonisti della prosa
che furono i punti di riferimento della sua gestione: Carlo Cecchi, Paolo Poli,
Paolo Graziosi, Gennaro Cannavacciuolo, Scimone e Sframeli. Il ritorno fa rumore.
Perché Toni, che arrivava dal Teatro Regionale Toscano (dove aveva lavorato con
Kantor, Ronconi, Castri), al Niccolini produsse spettacoli memorabili firmati
dal genio sregolato di Cecchi, collezionando tra l’altro vari Premi Ubu.
Personaggio stimato (ma anche tacciato d’essere un impresario vecchio stile nel
rapporto “facile” con il danaro), lo ha convocato la famiglia Pagliai della casa
editrice Polistampa, attuale proprietaria dell’immobile, per congegnare la
ministagione grazie a un progetto speciale approvato e finanziato (con 190 mila
euro) dal ministero. In attesa che il ministero stesso ridisegni il panorama
teatrale italiano con le regole per il nuovo triennio: da qui l’ingaggio da
ottobre a dicembre, poi si vedrà. Toni non poteva rifiutare, anche per sfida a
una città «che non è stata generosa né con me né con tanti altri personaggi del
teatro, da Poli a Castri, ma che comunque mi appartiene. Per storia e cultura».
Molto è cambiato dagli anni della “prima vita” del Niccolini, che divenne una
delle anime del fermento culturale cittadino. «Negli anni Ottanta a Firenze
c’era un’energia individuale carica di significati e entusiasmi, ma le
istituzioni finanziavano solo Comunale e Pergola. Oggi invece si fa una
strategia di sistema. Ci stiamo attivando per ottenere fondi dal Comune e dalla
Regione, perché senza i finanziamenti pubblici un teatro non vive. E una cosa è
certa. Se a gennaio il sipario del Niccolini non si dovesse rialzare, sarebbe un
autogol per la città». Toni, i Pagliai, l’assessore alla cultura Sacchi e Marco
Giorgetti (rispettivamente presidente e direttore della Fondazione Teatro della
Toscana) sono tutti d’accordo: il rapporto con la Pergola è in uno stato di
«sospensione attiva». Con la chiusura del triennio, le relative implicazioni
nel bilancio, e le disposizioni ministeriali per quello nuovo, saranno i soci del
Teatro della Toscana (che entro il 31 dicembre dovranno anche esaminare l’acquisizione
dell’ex cinema Goldoni in via dei Serragli per affidarlo alla scuola di
Pierfrancesco Favino) ma anche la proprietà del Niccolini a valutare le
eventuali occasioni di rapporti futuri. Intanto l’altra vera sfida – questa sì
per niente banale – è riavvicinare il pubblico dopo due anni di lontananza. I
tentativi sono tutti in campo: convenzioni con una società di taxi, con un
garage della zona, anticipo dell’orario di inizio degli spettacoli serali alle
19,30 «per andare incontro a chi non può fare tardi a teatro, e a chi vuole
avere parte della serata libera per la cena e per stare con gli amici».
L’apertura, il 4 ottobre, è nel nome di Paolo Poli: Sempre fiori mai un fioraio e l’omaggio di Pino Strabioli alla
leggerezza profonda, all’irriverente ironia e alla smisurata cultura di un
genio; dal 7 al 10 Volare, tributo a
Modugno del poliedrico Gennaro Cannavacciuolo che riapproda a Firenze al grido
di «vaccinatevi e teatratevi» rivolto agli spettatori più pigri; dal 15 al 17
ottobre Paolo Graziosi torna nel teatro che lo ha visto protagonista di tanti spettacoli
con Primo amore di Samuel Beckett e
il recital Fa male il teatro – ma non le
seppie coi piselli, un percorso da Cechov a Campanile (15-17 ottobre). La
malattia dell’amore e l’impossibile immunità dalle sofferenze del cuore è il
tema di Promenade de Santé di Nicolas
Bedos, dal 18 al 21 ottobre, in scena Filippo Timi e Lucia Mascino, regia di
Giuseppe Piccioni; dal 5 all’8 Spiro Scimone e Francesco Sframeli (che
debuttarono nel 1994 all’ex Teatro del Cocomero nel 1994 con il memorabile Nunzio)
sono autori, registi e interpreti di Amore,
indagine teatrale sulle relazioni sentimentali tra verità quotidiane e dialoghi
surreali. Dal 12 al 16 novembre la prima nazionale di Morirò in piedi dal libro-intervista di Riccardo Nencini, ritratto
intimo oltre le ideologie degli ultimi giorni di vita di Oriana Fallaci, la
regia è di Roberto Petrocchi, in scena Giulia Weber e Fulvio Cauteruccio. Dal
18 al 20 novembre La lettera di e con
Paolo Nani che, come Queneau in Esercizi
di stile, racconta la stessa storia in 15 modi diversi. Ettore Bassi è il
mitico professor Keating nell’Attimo
Fuggente di Tom Schulman dal 25 al 28 novembre, regia di Marco Iacomelli;
dal 2 al 5 dicembre l’attesissimo “ritorno a casa” di Carlo Cecchi con un
dittico dedicato a Eduardo: Dolore sotto
chiave e Sik Sik l’artefice magico,
riflessione sul teatro come metafora della vita. Due gli spettacoli che vedono
Giancarlo Cauteruccio (regista e interprete) di nuovo su un palcoscenico fiorentino
dopo il polemico addio alla città adottiva che lo ha visto nascere e crescere
come artista: L’ultimo nastro di Krapp
di Beckett (2-5 dicembre) e il suo testo Fame,
mi fa fame (10-12 dicembre). Chiusura con Il diavolo e il presepe di e con Sergio Basile, regia di Andrea di
Bari (17-19 dicembre) ovvero la festa delle feste raccontata da un diavolo.
Data recensione: 17/09/2021
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Fulvio Paloscia