Non è facile in Italia essere cattolici coerenti, stante la forte commistione fra politica e cattolicesimo
Non è facile in Italia essere cattolici coerenti, stante la
forte commistione fra politica e cattolicesimo, che, nonostante la dissoluzione
della Democrazia Cristiana, continua ancora oggi. Non è facile nemmeno essere
uomini del dialogo, perché gli interessi di parte chiudono spesso le porte
all’incontro con l’altro. Nell’Italia del secondo dopoguerra, tuttavia, furono
molti i cattolici che, volendo mettere in pratica il Vangelo, scelsero
d’impegnarsi in quelle battaglie sociali che “odoravano di comunismo”.
Mario Lancisi, giornalista e scrittore, ricostruisce la storia dei delicati
rapporti fra la Democrazia Cristiana e i cattolici da un lato, e il Partito
Comunista dall’altro, due “schieramenti” che, pur nelle loro differenti
posizioni ideologiche, erano accomunati dagli obiettivi della lotta alla
povertà, della giustizia sociale. Ma per i cattolici, schierarsi dalla parte
degli operai, significava esporsi all’accusa di deviazionismo. Eppure la
Toscana fu una terra in cui, già dagli anni Cinquanta, molti cattolici
avvertirono l’urgenza di sostenere le lotte degli ultimi, e ciò vide la nascita
di audaci esperienze cattoliche che andarono incontro alle esigenze sociali
delle fasce più svantaggiate della popolazione: dal prete operaio don Sirio
Politi a don Zeno Saltini che fondò la comunità di Nomadelfia, fino
all’indimenticato don Lorenzo Milani, che predicava l’uguaglianza di diritti a
cominciare da quello all’istruzione, e che fondò la scuola di Barbiana, aperta
ai “figli del popolo”, tolti dal lavoro nelle fabbriche della piana fiorentina.
Loro attivo sostenitore fu Giorgio La Pira, il “sindaco santo”, per il quale il
messaggio del Vangelo non poteva essere negoziato con l’interesse politico, e
pur non approvando l’ateismo comunista, riconosceva come giuste molte delle
istanze sollevate da sinistra, e non vedeva ragione per far mancare l’impegno
attivo dei cattolici e della Chiesa. Uomini di fede, uomini coerenti, che il
Cardinale Alfredo Ottaviani (intimo amico di Giulio Andreotti) definì, con poca
lungimiranza, “comunistelli di sacrestia”, accusandoli di eccessiva apertura
verso il comunismo; in realtà, questi sacerdoti-pionieri, così come lo stesso
La Pira, applicavano il Vangelo. Un messaggio che però per molti cattolici,
paradossalmente, risultava scomodo.
A partire dalla figura di La Pira e dal suo impegno di sindaco di Firenze verso
gli sfrattati, i disoccupati, ma a favore della pace nel mondo, Lancisi traccia
le tappe principali di un avvicinamento fra cattolici e comunisti, che negli
anni Sessanta si innestò nel nuovo clima del Concilio Vaticano II e della
Pacem in terris di Giovanni XXIII (due momenti storici che fanno sembrare
ancora più inopportuna la definizione di Ottaviani), che ebbero anche risvolti
politici con la nascita dei primi governi di centro-sinistra, complici anche le
prove di dialogo in Toscana, dove La Pira nel 1960 varò la prima giunta
fiorentina bi-colore.
Il volume è la cronaca di vicende storiche, ma anche il ritratto di uomini e
ideali che nei decenni hanno portato alla nascita di una “zona d’incontro” fra
i cattolici e la sinistra italiana (che ha visto il suo compimento con la
formazione del PD nel 2007), ma soprattutto hanno portato enormi benefici alla
società italiana, attraverso le iniziative svolte nel nome della giustizia
sociale e dell’uguaglianza predicata, prima ancora che da Marx, dal Vangelo.
Data recensione: 04/07/2021
Testata Giornalistica: Leggere:tutti
Autore: Niccolò Lucarelli