Il dibattito contemporaneo ha visto l’affermazione, seppur in forma contenuta, di sentimenti neoborbonici
Il dibattito contemporaneo ha visto l’affermazione, seppur
in forma contenuta, di sentimenti neoborbonici, che descrivono il processo di
unificazione nazionale come una sopraffazione del Nord a danno del Sud. Tema
che ha riscosso seguito anche in Sicilia. Ma la Storia ci ha detto ben altro.
Lo storico siciliano Rosario Romeo, nato a Giarre l’11 ottobre 1924, si laureò
nel 1947 in Scienze Politiche all’Università di Catania con una tesi sulle origini
del Risorgimento in Sicilia. La ricerca avviata con la tesi di laurea fu perfezionata
all’Istituto italiano per gli studi storici di Napoli, fondato da Benedetto Croce
e diretto da Federico Chabod, e di quest’ultimo seguì il rigore filologico e
l’esempio scientifico. Studioso saldamente ancorato alla cultura liberale e
crociana, realizzò la sua prima monumentale opera nel 1950, Il Risorgimento in
Sicilia. Romeo ebbe il merito di sottrarre la Sicilia ai limiti di una
esclusiva storia regionale, ricostruendone la realtà dalla metà del Settecento fino
all’unificazione e inserendo l’isola con chiarezza argomentativa nel più ampio
contesto di tutto il processo del Risorgimento italiano. Da un simile studio ne
esce una immagine singolare ed efficace, una società isolana dalle strutture
economiche ancora arretrate, con una larga massa contadina povera e ignorante,
messa ai margini e impossibilitata a ottenere lo sperato riscatto, oppressa dai
proprietari terrieri. Romeo riuscì in questa sua opera prima a descrivere, con
grande eleganza e con la capacità dello storiografo di razza, i problemi
economici, finanziari e patrimoniali della Sicilia, con una ricca documentazione
statistica sino ad allora non valorizzata, proponendo una chiave di lettura
inedita del Risorgimento siciliano. Una fase della storia isolana, e più
complessivamente del meridione nel processo unitario, nella quale emerse la
capacità delle élites locali di farsi interpreti anche delle speranze dei più
bassi ceti popolari nell’epopea risorgimentale. La svolta era possibile solo
con fine della lunga fase di isolamento e l’apertura alla moderna civiltà
europea. Una rottura col passato che permise di realizzare «la distruzione
della vecchia “nazione” siciliana, e l’affermazione, nell’Isola, di una cultura
e di un sentimento italiano che è, per essa, sostanzialmente nuovo» divenendo
questa analisi di Romeo elemento per una nuova, feconda e più matura fedeltà
alla causa dell’Italia unita. In questa monumentale opera si confondono, senza
scalfire la forza del magistero storiografico, analisi scientifica e impegno
civile. Rimane ben salda la lezione di Croce. «Nella Sicilia del secondo dopoguerra,
percorsa da sussulti separatistici tesi a mettere in discussione la realtà
storica e la tradizione morale dello stato unitario, Romeo ricostruì il grandioso
processo della partecipazione dell’Isola alla realizzazione dell’unità
nazionale, col chiaro intento di verificare la positività storica ed
etico-politica di quell’evento»: le parole dell’allievo Guido Pescosolido
indicano l’idea centrale a cui si ispirò lo storico siciliano nella sua opera
d’esordio. Giuseppe Galasso lo definì come uno studioso dalla visione ampia, fuori
dagli schemi localisti: «Romeo ebbe come pochi altri il senso del valore
europeo da riconoscere al nostro Risorgimento e alla tradizione nazionale
italiana, ai suoi eponimi liberali e democratici come grandi momenti della
civiltà europea moderna. Né fu mai afflitto da complessi provinciali di
inferiorità nazionale e culturale verso l’Oltralpe». Rosario Romeo non fu solo
un accademico innovatore nei temi e nelle metodiche, ma anche giornalista e
politico. Collaborò con il Corriere della
Sera, La Stampa e il Giornale nuovo di Indro Montanelli. La
triste constatazione nel ravvisare il degradarsi della civiltà meridionale, lo spinsero
a rappresentare il Mezzogiorno alle elezioni del Parlamento europeo 1984, tra i
repubblicani, su sollecitazione anzitutto di La Malfa e Spadolini. Morì da
eurodeputato il 16 marzo 1987. Ai suoi due grandi amori, la Storia e l’impegno
civile, è stata dedicata una recente raccolta di studi Rosario Romeo storico e politico (Edizioni Polistampa, Firenze 2020)
a cura di Guido Pescosolido e Giustina Manica. In un contesto contemporaneo in
cui il Sud sembra quasi svanire dall’agenda politica del Paese, l’opera storica
di Romeo va approfondita anche per il vasto pubblico. Una lezione necessaria per
riscoprire e ricomprendere le ragioni forti di un Mezzogiorno debole.
Data recensione: 27/03/2021
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Andrea Giuseppe Cerra