Sin dal titolo questa nuova opera di Piero Antonio Carnemolla pone al centro della ricostruzione un aspetto
Sin dal titolo questa nuova opera di Piero Antonio
Carnemolla pone al centro della ricostruzione un aspetto che si ritiene
originale e centrale nell’esperienza di Giorgio La Pira. L’Autore, che ha
frequentato a lungo e con passione temi lapiriani, è stato anche il curatore
per l’Edizione Nazionale degli scritti di Giorgio La Pira del volume
riguardante gli scritti giovanili tra il 1919 ed il 1924, quelli che, per
essere stati elaborati nella regione d’origine, vengono anche denominati
«scritti siciliani».
Il volume raccoglie otto contributi di struttura, taglio e spessore diversi.
Sei di essi erano già stati pubblicati. Tra questi quello dedicato alla
fraterna amicizia tra La Pira e Salvatore Quasimodo. In esso si coglie la
strategia dialogante di La Pira e, più ancora, l’evoluzione graduale nel suo
pensiero sull’arte e la poesia. Se in partenza l’arte è considerata quale punto
che unifica ogni essenza umana e la poesia come esperienza illuminante la
profondità dell’Essere, con il tempo nell’interlocuzione con poeta si
manifesterà la concezione per cui l’arte poetica si sostanzia in un canto dell’anima
rivolto a Dio.
La rinnovata pubblicazione di lavori come quello dedicato al confronto tra la visione
della missione della Chiesa di La Pira e quella della celebre Lettera pastorale
Essour ou déclin de l’Église del
cardinal Suhard, arcivescovo di Parigi, edita nel 1947 e commentata dallo
stesso La Pira nello stesso anno su «Cronache sociali», fornisce chiavi di
lettura di lungo periodo riguardo al ruolo a cui la Chiesa era chiamata in una
precisa stagione storica, e ad una rimeditazione del suo rapporto col mondo in
chiave di aggiornamento. Al tempo stesso la riproposizione della visione mariologica
del sindaco di Firenze, nonché la sua proposta di santità laicale che emerge
nelle lettere alle claustrali o la particolare visione teologica del ruolo
della città rappresentano un insieme di squarci sull’esperienza lapiriana
capaci di accompagnare il lettore nella scoperta o nell’approfondimento di
alcuni punti essenziali di una esperienza cristiana che si declina proprio
nella proposta di una visione rinnovata e rinnovante il rapporto tra Chiesa e
mondo contemporaneo.
Discorso a parte merita l’ultimo dei contributi riedito, quello dedicato a Giorgio La Pira ed Ezio Franceschini
missionari della Regalità di Cristo. In questo caso, infatti, al contributo
si uniscono quasi un centinaio di lettere del periodo 1939-1977 che danno conto
del rapporto tra due esponenti del sodalizio fondato da padre Agostino Gemelli
nel 1928, e del quale La Pira fu membro fino alla fine della sua vita, interpretandone
però in maniera originale la propria adesione, e vivendo in grande autonomia la
missione di testimonianza evangelica nella realtà laicale.
Su questo tessuto si innestano i due contributi originali che aprono e chiudono
il volume. Nel primo si ricostruiscono le origini modeste della famiglia di La
Pira ed i suoi anni giovanili, la ricerca – fino al cammino di conversione –
segnata da periodi di «concitazione» alternati a tempi di «apatia per tutto».
Nel contributo conclusivo, invece, si illustrano in sintesi i rapporti tesi con
alcune figure dell’istituzione ecclesiastica. Il titolo – Dire la verità è segno di autentica amicizia – è tratto da una
lettera che Giorgio La Pira scrisse ad uno dei suoi principali detrattori, il
card. Alfredo Ottaviani, Prefetto del Sant’Uffizio. Questi, in un articolo
apparso su «Il Quotidiano» in data 25 gennaio 1959, dal titolo Videre Petrum, aveva 382 Recensioni definito
La Pira e altri sostenitori di Fanfani e dell’apertura al PSI come
«comunistelli delle sacrestie».
Nella lettera ad Ottaviani, riaffermando la propria autonomia, La Pira scrisse:
«Chi gridò pubblicamente contro Stalin, Hitler, contro Mussolini e contro il
comunismo, in difesa della Polonia, della Chiesa, degli ebrei, e così via: il
sottoscritto comunistello di sacrestia o comunista bianco – La Pira, professore
di Diritto Romano dell’Università di Firenze. […] siamo adulti, responsabili,
uomini di studio, non disoccupati in cerca di posti nella c.d. azione cattolica
o nel c.d. partito dei cattolici: noi non abbiamo mai chiesto nulla alla
Chiesa, nulla in ogni senso: perché siamo consapevoli che la Chiesa la si serve
con tutto se stesso».
Questa citazione evidenzia la riaffermazione di un modo originale di essere laico
cristiano perché caratterizzato sia da una notevole preparazione culturale che da
un senso della libertà educata alla responsabilità, pur sempre teso – con poche
eccezioni – ad esercitare una prudenza atta a non suscitare incomprensioni. Ed
è in questa chiave che tanto il titolo quanto l’articolazione del lavoro di
Carnemolla devono essere interpretati, quale tentativo di rispondere ad una
questione che egli pone a conclusione della sua introduzione: «Si può quindi
affermare che La Pira fu un cristiano post-clericale?».
Data recensione: 01/04/2021
Testata Giornalistica: Nuova Antologia
Autore: Augusto D’Angelo