A distanza di molti decenni dalla sua stesura viene edito un diario che non è esagerato definire di straordinario interesse. Giulio Prunai, archivista di Stato a Siena, l’8 settembre 1943 si trovava in servizio come tenente di marina a Tolone, e lì, al pari degli altri militari italiani, fu colto di sorpresa dall’armistizio.
Giulio
Prunai, La sboba. Dario dell’internato militare n.300067 dall’8
settembre 1943 al 5 settembre 1945, Edizione a cura di Maria
Prunai. Commento di Nicola Labanca, 3 tomi, Firenze, Polistampa 2020,
pp. LXXVIII-1000.
A distanza di molti decenni dalla sua stesura
viene edito un diario che non è esagerato definire di straordinario
interesse. Giulio Prunai, archivista di Stato a Siena, l’8
settembre 1943 si trovava in servizio come tenente di marina a
Tolone, e lì, al pari degli altri militari italiani, fu colto di
sorpresa dall’armistizio. Posto dai tedeschi di fronte alla scelta
di continuare a combattere dalla loro parte o di essere internato in
Germania, Prunai, al pari della grande maggioranza dei commilitoni,
scelse da seconda strada. Da qui l’inizio di una lunga odissea in
vari campi – da quello di Doblin, in Polonia, a quello di
Wietzendorf, presso Hannover – che si concluse solo due anni dopo
con il ritorno a Siena.
Il diario riporta, quasi giorno per
giorno, la dura esperienza vissuta. Prunai stesso ha spiegato come
avvenne la stesura del testo (pp. 5-6). Il diario fu scritto a matita
su supporti di fortuna: buste di lettere ricevute da casa; sul verso
bianco di un dattiloscritto che era riuscito a portare con sé, poi,
esaurito tale spazio, nell’interlinea dello stesso dattiloscritto.
Per sfuggire alla censura tedesca, escogitò uno stratagemma: non
indicare la data del giorno, bensì il santo festeggiato. Per
registrare e mantenere memoria dell’esperienza che stava vivendo,
ci volle tutta la caparbietà e la pignoleria di un bravo archivista,
qual era Prunai. Scrivere dovette essere anche un modo per sentirsi
vivo, per esercitare una qualche forma di attività intellettuale in
una situazione di estremo disagio, materiale e morale.
Tornato
in Italia, Prunai mise da parte tutto il materiale e solo una
trentina d’anni dopo decise di trascriverlo a macchina, incontrando
non poche difficoltà per via del deterioramento della carta e della
scrittura. Nel 1983 il dattiloscritto (quasi mille cartelle) fu
depositato presso l’Archivio di Stato di Siena, con la prescrizione
voluta da Prunai che il pezzo fosse escluso dalla consultazione sino
al 2015. Ora grazie alla grande acribia e al lavoro certosino della
figlia Maria, sull’originale e sul dattiloscritto, il testo è
stato dato alle stampe, arricchito da un indice dei nomi.
Rispetto
alle centinaia di fonti memorialistiche di militari internati, il
diario di Prunai – scritto tra l’altro in uno stile piano, senza
retorica, talvolta con una vena di ironia, che ne rende piacevole la
lettura – presenta caratteri di eccezionalità: non è una memoria
ricostruita a posteriori, a distanza di tempo, ma una cronaca
giornaliera di fatti e sensazioni, che copre uno spazio temporale
lunghissimo. Da qui il valore particolare di testimonianza immediata.
Si vedano, ad esempio, le pagine iniziali che descrivono le vicende
dei giorni successivi all’8 settembre: le notizie confuse che
arrivano da Roma, le voci che si rincorrono, e poi le discussioni tra
i militari sulla decisione da prendere di fronte all’aut aut delle
autorità tedesche. Nessun atteggiamento di eroismo, ma soprattutto
il prevalere di sentimenti anti-tedeschi. E ancora, a fine mese, le
notizie che giungono, di nuovo in modo confuso, sulla liberazione di
Mussolini e sulla nascita della Repubblica di Salò Il comando
tedesco fece ascoltare per radio il discorso del Duce, dopo di che
venne letto un proclama nel quale si invitavano i militari a dare la
propria disponibilità a tornare in Italia nelle fila del ricostruito
esercito italiano per combattere a fianco dei tedeschi. Discussioni,
incertezza, alcuni che accettarono pur di tornare in Italia, ma la
maggior parte alla fine rifiutò.
Naturalmente gran parte del
diario testimonia delle sofferenze patite: i lunghi trasferimenti in
treno; la fame (la sbobba era quella sorta di brodaglia che
costituiva la quasi totalità del vitto giornaliero), il freddo, le
malattie, le angherie di alcuni (non tutti) i sorveglianti tedeschi.
A partire dall’autunno del 1944 cresce l’attenzione verso le
vicende belliche, che stavano volgendo verso l’esito finale;
vicende percepite anche attraverso i boati provocati dalle bombe e
dai proiettili di cannone che arrivavano fin dentro il campo.
Nel
suo ampio e importante saggio introduttivo (pp. XXXVII- LXXVIII)
Labanca colloca le vicende narrate da Prunai nel contesto
dell’odissea degli oltre 600 mila militari italiani che rifiutarono
di aderire alla Repubblica sociale italiana: una forma di
‘resistenza’ a lungo ignorata, e che solo a partire dagli anni
Ottanta del secolo scorso ha ricevuto la dovuta attenzione da parte
della storiografia italiana. Sottolinea poi, in modo argomentato,
l’originalità e l’importanza del diario. Richiama infine
l’attenzione (p. LXIII) su uno scritto assai posteriore di Prunai,
che nel frattempo aveva fatto carriera sino a diventare
Soprintendente archivistico per la Toscana. Membro autorevole della
Deputazione di storia patria per la Toscana, egli collaborò per
molti anni all’ «Archivio
Storico Italiano » e in una delle sue ultime recensioni pubblicate
sulla rivista (1990) prese in esame due pubblicazioni sul tema che
gli stava a cuore: Resistenza
senz’armi
e gli atti del convegno I
militari italiani internati dai tedeschi,
mettendo in rilievo il merito maggiore di quelle opere: l’aver
rotto «la cortina di silenzio, indifferenza e incomprensione sulle
tristi vicende degli internati militari e sul loro splendido
comportamento». Solo una volta che gli storici avevano parlato -
commenta Labanca - «l’ex-internato ne scriveva e ne parlava».
Data recensione: 01/10/2021
Testata Giornalistica: Archivio Storico Italiano
Autore: Giuliano Pinto