Clima, alluvioni, frane, terremoti, eruzioni, maremoti, uragani, incendi, siccità, epidemie hanno segnato la storia
Racconto del viaggio storico-scientifico di Erasmo D’Angelis
e Mauro Grassi. «Per il Sud le priorità sono gli interventi sugli edifici a
rischio sismico e idrogeologico»
Clima, alluvioni, frane, terremoti, eruzioni, maremoti, uragani, incendi, siccità,
epidemie hanno segnato la storia della penisola, dal collasso dell’Etna 8000
anni fa ad oggi. Ma le emergenze si possono affrontare per rendere l’Italia
sicura. Basta avere idee chiare, capacità progettuale e amministrativa e del
resto a disposizione ci sono già 11 miliardi per le 10129 opere antidissesto sparse
per lo Stivale e altri 209 miliardi potrebbero arrivare dalla Ue. Questo è il racconto
del viaggio storico-scientifico che si legge nel libro della Polistampa, «Storia
d’Italia e delle catastrofi», scritto da Erasmo D’Angelis e Mauro Grassi, il
primo oggi è segretario generale dell’Autorità di distretto dell’Appenino centrale,
il secondo, economista e analista di valutazioni costi-benefici: insieme
guidarono l’unità di missione Italiasicura durante il governo Renzi, osservatorio
prezioso smantellato successivamente, e grazie a cui è stato possibile
ricostruire questa storia, fondamentale per conoscere il territorio e utilizzare
al meglio il Recovery fund. Ma attenzione: i progetti con i bandi devono partire
entro il 31 luglio 2022 e le opere devono essere completate entro il 31 luglio 2026,
pena la perdita dei finanziamenti, dunque 6 anni cruciali per realizzare opere
indispensabili, districandosi tra 10 mila uffici con titolarità (dalle Regioni,
al Genio civile, ecc) e 1500 leggi ad hoc.
Ma come si deve agire per ottenere il miglior rapporto costi e benefici?
D’Angelis: «Per il Sud le priorità sono gli interventi sugli edifici a rischio
sismico e idrogeologico ». Secondo Grassi si può intervenire anche sulle
infrastrutture più complesse come la ferrovia dell’Alta velocità o dell’Alta
capacità: «Certo in 6 anni non si può completare un’opera complessa, ma si
possono realizzare i tratti più utili per i territori». Gli interventi sugli
edifici sono i più «semplici» e anche i più urgenti: in Italia se ne contano
circa 13 milioni, di cui 5 milioni a rischio idrogeologo o sismico: si tratta
di case, ospedali, caserme, scuole utilizzati da 23 milioni di persone. Il 40%
di questi edifici sono in zona sismica, percentuale che sale al 45% nel Sud.
Dal terremoto dell’Aquila del 2009 ad oggi, per i sismi sono stati spesi 53,4
miliardi, di cui l’85% (45,39 miliardi) per ricostruire edifici. Se si
mettessero a norma i 5 milioni di edifici a rischio si spenderebbero 36,8
miliardi, creando 570 mila posti di lavoro; un investimento significativo se
per tutte le catastrofi dal 1946 ad oggi sono stati spesi 592 miliardi, 8 ogni
anno. Sono tanti e diversi gli eventi drammatici che colpiscono l’Italia, un territorio
di cui solo il 25% è composto da pianure, solcato da 7mila corsi d’acqua, con
7458kmdi coste, da cui 40 milioni di mq di spiagge sono state «mangiate» negli ultimi
50 anni, con picchi negativi in Sicilia e Calabria. In questa realtà complessa i
comuni a rischio frane rappresentano il 91,1% del totale, con le maggiori criticità
in Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, e ciò nonostante (anche in assenza
di una legge sul consumo del suolo) si continua con la cementificazione selvaggia:
il 17% in aree a rischio idrogeologico, il 4% in aree a rischio frane, l’11% in
aree a rischio sismico. Ma non si riesce a gestire bene nemmeno l’acqua che
scorre a terra: fortissimo il rischio desertificazione (su cui ha da 20 anni
lancia grida d’allarme Pietro Laureano) che rappresenta il 70% per la Sicilia,
il 57% per la Puglia, il 55% per la Basilicata, tra il 30% e il 50% per la
Campania, regioni in cui (compresa la Calabria) le perdite d’acqua superano il
30%, con 7,6 miliardi di costi. In sostanza per ottenere 1 litro di acqua potabile
nella rete se ne devono immettere. E non va molto meglio con il sistema fognario
se 3 italiani su 10nonsono allacciati, soprattutto in Calabria, Campania e Sicilia,
infrangendo così le leggi europee, con penali da 500 milioni annui (al 70% per
colpa del Sud, che pure tra il 2011 e il 2012 per fogne e depuratori ricevette
dal Cipe 2,416 miliardi a fondo perduto).
Ultima notazione: solo Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Puglia, dal 2014, hanno
inserito nel proprio bilancio la voce «contrasto al dissesto idrogeologico».
Data recensione: 26/10/2020
Testata Giornalistica: Corriere del Mezzogiorno
Autore: ––