Il numero che fotografa la cristallizzazione del piano nazionale contro il dissesto idrogeologico
Il numero che fotografa la cristallizzazione del piano
nazionale contro il dissesto idrogeologico - un’emergenza avvertita in tutto il
Paese e sbandierata come priorità da tutti i governi da almeno dieci anni - è
2.515 milioni di euro: questo è l’importo delle opere dotate di un progetto
esecutivo, quindi cantierate o cantierabili in tempi rapidi, su piano nazionale
di opere che complessivamente vale 33.3012 milioni. Il 7,5% quindi.
Quel 7.5% è
significativo per varie ragioni ma per una ragione soprattutto. Confermare il
grande male italiano, quello che più di ogni altra lacuna frena lo sviluppo
infrastrutturale e gli interventi di messa in sicurezza: l’assenza di
progettazione. Una lacuna drammatica che persiste nonostante le denunce sulla
questione si susseguano da decenni. Una lacuna che persiste perché a tutti i
piani dell’amministrazione e a quelli alti della politica si preferiscono i
grandi annunci sui fondi stanziati al duro e oscuro lavoro di portare avanti
ogni singolo progetto, passaggio dopo passaggio. Nessuno è stato in grado di
predisporre un parco progetti che oggi consentirebbe una accelerazione della
cantierizzazione di questo piano.
Gli altri numeri della tabella (in pagina)
confermano questa situazione e questo vizio dei grandi piani senza progettazioni:
i progetti definitivi riguardano opere del piano per 5.164 milioni (15,5%), i
progetti di fattibilità riguardano opere per 9.755 milioni (29,3%) mentre i
progetti di prefattibilità ammontano a 15.866 milioni pari al 47.6% del totale.
Per la metà degli interventi del piano nazionale idrogeologico, dunque, esiste
poco più di una scheda. Niente elaborati progettuali, niente iter
autorizzativi, niente conferenze di servizi: saranno cantierabili, forse, fra
dieci anni o più probabilmente tra venti, di questo passo.
A dare queste cifre,
nel loro lavoro sulle Catastrofi d’Italia sono Erasmo D’Angelis e Mauro Grassi,
rispettivamente coordinatore e vicecoordinatore della strutture di missione di
Italia sicura, istituita da Matteo Renzi a Palazzo Chigi nel 2014 e sciolta dal
governo gialloverde Conte 1 nel 2018. D’Angelis e Grassi sono due che ci hanno
provato davvero a invertire la rotta, in quei quattro anni di lavoro pancia a
terra. Sono anche due che oggi sanno dove stanno le criticità più gravi del sistema.
Data recensione: 19/09/2020
Testata Giornalistica: Il Sole 24 Ore
Autore: ––