La competenza con cui Carmen Ravanelli Guidotti ha percorso una pagina di storia della maiolica
La competenza con cui Carmen Ravanelli Guidotti ha percorso
una pagina di storia della maiolica per certi versi estranea alla sua
esperienza faentina, mette di nuovo in luce – qualora ce ne fosse ancora
necessità – la sua eccezionale abilità di indagine critica dei molteplici
aspetti della maiolica italiana. Questo volume segue un primo edito nel 2012
dal titolo Maioliche “figurate” di
Montelupo nel quale erano presi in esame gli “arlecchini” seicenteschi e le
maioliche istoriate montelupine appartenenti ad una raccolta privata. Due saggi
introducono le schede di catalogo ed arricchiscono il volume: il primo di
Marino Marini, conservatore delle ceramiche presso il Museo del Bargello, circa
Un’esperienza atipica a Montelupo, la
bottega del “Tridente”, il secondo di Carmen Ravanelli Guidotti su Stemmi, ritratti e “figurati” nella maiolica
di Montelupo.
La bottega del “Tridente” viene così denominata per un gruppo di maioliche
(inclusi scarti di fornace) marcate sul verso con il segno del tridente. Marino
Marini ha ricostruito puntualmente i possibili autori e i percorsi che da
Faenza con ogni probabilità li hanno condotti nel Valdarno negli anni ‘20 del
Cinquecento, non solo a Montelupo (probabilmente anche a Cafaggiolo).
Segue la corposa disamina di Carmen Ravanelli Guidotti che, come l’Autrice
stessa sottolinea nelle prime righe, prende le mosse come «punto di partenza
imprescindibile» dal monumentale contributo di Fausto Berti sulla Storia della ceramica di Montelupo. Nel
saggio, i temi stemmi, ritratti e “figurati” sono presi in esame mediante la
pubblicazione di una grande quantità di ceramiche inedite e in collezioni
private, che rappresentano un nuovo e utilissimo strumento di studio.
L’araldica occupa uno spazio privilegiato grazie a tutte le implicazioni storiche
che tali elementi iconografici recano con sé. Ma è forse il capitolo sul figurato a meritare un’attenzione
particolare perché sviluppa, a nostro avviso, le multiformi competenze
dell’Autrice. Grazie all’analisi di opere inedite vengono isolate le fisionomie
artistiche di alcuni maestri e delle loro fonti iconografiche: Pittore di Muzio Scevola, Pittore della Bibbia, Pittore di San Paolo, Pittore del servizio Guidiccioni, Pittore di Cesare. Si tratta di una
messa a punto che costituisce la piattaforma indispensabile su cui impostare le
future ricerche.
La successiva disamina sulle maioliche devozionali, per lo più targhe e
acquasantiere, è complementare ai capitoli precedenti, poiché presenta un
aspetto di primo rilievo della produzione ceramica saldamente interconnesso con
le maioliche figurate. Nel catalogo (cat. n.7) viene presentata una
interessante targa devozionale attribuita a Montelupo, inizio del ‘600, che in
passato avremmo preso come emblema della maiolica di Bagnoregio della fine del
‘600, con tutti i caratteri di un’influenza derutese che nel corso degli anni
(dalla metà del Cinquecento circa fino a tutto il secolo successivo) ha preso
forme autonome, originali rispetto ai primi modelli. Tale plausibile
attribuzione pone molti intriganti interrogativi sulla ceramica devozionale del
Seicento e ci obbliga a prendere in considerazione i maestri di Montelupo
all’interno del fenomeno del continuo scambio di oggetti e circolazioni di
maestri che lega saldamente Deruta e l’alto Lazio. Inoltre, la rilevante
presenza di uomini di Montelupo attivi nel lavoro dell’argilla in particolare a
Roma nella seconda metà del Cinquecento e nella prima metà del Seicento, apre
un nuovo e interessante campo di indagine che potrà arricchire di nuovi dati il
quadro della diffusione dei modelli montelupini nella Penisola.
Con il primo volume edito nel 2012 si compone dunque un quadro coerente, sui
maestri attivi a Montelupo nel Cinque e Seicento, che è ora possibile comparare
con altri centri produttivi, non solo puntualmente ma anche nell’ampiezza della
sua linea evolutiva lungo i due secoli. Dopo i fondamentali studi di Fausto
Berti sui dati archeologici, sulle famiglie dei vasai, sui luoghi di lavoro,
l’analisi di Carmen Ravanelli Guidotti mediante un approccio storico-artistico
introduce una quantità di dati nuovi che – come si è detto – integrano e
rivalutano le informazioni precedentemente note.
Il volume si apre con una breve introduzione del collezionista Carlo Bardelli
in cui sono evidenziate le ragioni della raccolta e la nascita della passione
per le ceramiche: «… non mi sono mai sentito un ceramologo ma solo un
collezionista di reperti ceramici. Mi manca lo istinto scientifico dei grandi
della ceramica. Ho soltanto l’emozione della scoperta e il godimento che questa
suscita nella compenetrazione con colui che concepì l’oggetto del mio
desiderio». Lo studio della maiolica non può fare a meno di una stretta
collaborazione con i collezionisti privati, ed il volume di Carmen Ravanelli
Guidotti è il frutto del miglior esempio della partecipazione di privati a
progetti dall’alto profilo scientifico.
Data recensione: 01/01/2020
Testata Giornalistica: Faenza
Autore: Luca Pesante