All’inizio della pandemia avevamo previsto che, non appena se ne fosse presentata l’occasione
All’inizio della pandemia avevamo previsto che, non appena
se ne fosse presentata l’occasione, saremmo stati sommersi da confessioni
coronavirali. Siamo stati fin troppo facili profeti, ma per nulla scontato e
consigliabile a chi sa apprezzare i veri professionisti della scrittura è il diario
appena pubblicato da Enrico Nistri, L’anno
del pipistrello (editore Mauro Pagliai, pp. 160, euro 10). Anticipando il
profilo dell’autore, forse aiutiamo il lettore a inquadrare subito lo spessore,
lo spirito e i contenuti del libro, la narrazione – in un confronto continuo
con la Storia – di una minaccia terribile e misteriosa anche per i virologi,
che ha spaventato popoli e governanti impreparati. Paragonabile, più che a una
guerra, a due grandi «crisi epocali»: lo choc energetico del 1973, e quello
terroristico dell’11 settembre 2001. Nistri, editorialista del «Corriere Fiorentino»,
presidente della giuria del «Premio Letterario Firenze», collabora da anni a riviste
e trasmissioni televisive dopo aver condotto con Romano Battaglia gli eventi
culturali del Caffè della Versiliana. È apprezzato anche come storico. Proprio
la sua passione per la storia lo ha convinto, da quasi 40 anni, a tenere una
sorta di taccuino giornaliero, dal quale spesso ha attinto spunti per le sue opere.
Un motivo in più per farlo durante la «quarantena», vissuta «in clausura» nel
capoluogo toscano nonostante il richiamo di Viareggio, dove ama trascorrere molti
weekend e lunghe estati. Di tempo Enrico ne ha avuto per descrivere, con punte
di commozione alternate a volte da sottile ironia, una Firenze tetra riflessa
nella sua monumentale Bellezza, le sue strade abbandonate prima dai turisti e poi
dai cittadini costretti al confino domestico. Per riflettere, incollato per ore
davanti alla televisione, sulle cronache quotidiane dall’Italia e dal mondo,
sui bollettini ospedalieri, sulle «zone rosse» e la lunga interminabile catena
di morti. Seppur con qualche correzione sulla prima stesura, che comunque non
altera l’essenza dei fatti, è una scrupolosa ricostruzione di quegli orribili
tre mesi che vanno dal 31 gennaio, quando nel nostro Paese non sono ancora
emersi casi di infezione, e il 27 aprile, in prossimità della fine del lockdown
imposto per rallentare il contagio. Che lezione e conclusioni dobbiamo trarre
da questo trauma collettivo, sperando di non essere messi un’altra volta in
ginocchio da un’ondata di ritorno? Enrico Nistri dubita che i fondamenti della
nostra società cambieranno. «La globalizzazione, causa indiretta del disastro,
andrà avanti, anzi paradossalmente conoscerà un’accelerazione. Continueremo a delocalizzare
le produzioni, a costo di accrescere il numero dei nostri disoccupati. I
movimenti sovranisti, che in teoria dovrebbero trarre consensi dalla situazione,
rimarranno sulla difensiva, stretti fra l’accusa, strumentale ma efficace, di sabotare
l’operato del governo e l’imbarazzo per il malfunzionamento della sanità in Lombardia.
L’Unione Europea , sempre meno unita e, viste le crescenti ondate migratorie, sempre
meno europea, confermerà la propria fragilità, fra un’America sempre meno
incline a poggiare sopra le proprie spalle il fardello dell’Occidente,
un’Africa destabilizzata e con i suoi flussi migratori destabilizzanti, e la Russia
di Putin. E poi c’è la Cina, da cui tutto è partito e cui tutto tornerà. La
Cina che, forte dei suoi capitali e delle nostre debolezze, potrebbe comprarsi
a prezzi di saldo le nostre aziende. Pechino ha le sue colpe, ma non dimentichiamo
quelle di Washington, di Londra, di Berlino, di Parigi, di Roma. Insomma, di noi.
Mi spiace ammetterlo – conclude – ma da almeno mezzo secolo l’Occidente si sta tramontando
da solo».
Data recensione: 28/06/2020
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Antonio Lovascio