Nelle Annunciazioni, mentre Gabriele comunica a Maria quel che sarebbe accaduto, quest’ultima
«Cosa leggeva la Madonna. Quasi un romanzo per immagini»
Nelle Annunciazioni,
mentre Gabriele comunica a Maria quel che sarebbe accaduto, quest’ultima, da
una certa epoca in poi, viene quasi sempre colta con un libro che stava
leggendo, interrotto proprio per l’arrivo dell’angelo. Cosa era quel libro?
Cosa leggeva Maria? Michele Feo si è messo ad analizzare una gran parte
dell’enorme quantità di quadri che rappresentano questo evento così
fondamentale nella storia del Cristianesimo e, aggiungeremmo, nella storia
della comunicazione.
Si tratta di un lavoro appassionato, Cosa
leggeva la Madonna. Quasi un romanzo per immagini (Polistampa) è uno
straordinario coacervo di sapienza filologica e suspence narrativa. Michele Feo
constata che vi è stata grande attenzione, naturalmente, per le immagini che
rappresentano un simile evento, ma quasi niente per ciò che era scritto nel
libro.
L’Annunciazione rappresenta un rapporto difficile e complesso tra il mondo
divino e quello umano, che coinvolge il tempo nella sua dialettica tra passato,
presente e futuro. Una grande forma di comunicazione tra divino e umano è, come
è noto, la profezia. Ma allora cosa leggeva la Madonna? Non tutte le
annunciazioni la rappresentano con il libro in mano. In alcune lei attinge
acqua con una brocca alla fonte, in altre sta filando o tessendo, ma poi ci
troviamo di fronte all’innovazione iconografica.
Eppure l’incontro con Gabriele non fu facile. Anzi fu sconvolgente. Il libro,
forse più della brocca o del telaio, dà la sensazione di una donna in
solitudine assorta nella lettura, travolta da un annuncio choc. Non è certo lo
choc che Benjamin contrappone, nella modernità, all’aura. Qui lo choc somiglia
semmai alla Jetztzeit, all’adesso che sconvolge il tempo e lo fa precipitare
portandosi dietro futuro e passato. All’improvviso tutto cambia. Rappresentata
nella tranquillità, Maria è una ragazza che si trova di fronte a un cambiamento
catastrofico, radicale: resterà incinta e il padre non sarà il suo futuro sposo
Giuseppe, bensì Dio.
Tra Gabriele e Maria vi è un drammatico scontro. Luca (I, 35) parla di
un’ombra, tema su cui si è soffermato Massimo Cacciari in Generare Dio (Il Mulino 2017). Di che ombra si tratta? L’ombra
dell’Altissimo. Un’ombra che, come sapevano Origene e Alberto Magno, non è
l’oscurità, ma l’immagine di chi guarda riflessa nello specchio. Si tratta
delle iniziali delle prime parole del profeta Isaia (VII, 14): «Ecco: la
vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele».
Dunque, Maria sta leggendo sull’Antico Testamento la profezia di ciò che le stava
accadendo. Infatti, «la profezia di Isaia è anello di collegamento fra le
attese dell’Antico Testamento e il compimento del Nuovo». Michele Feo osserva
che non si sottolineerà mai abbastanza il fondamentale ruolo del libro nella
cultura antica e medievale e il suo identificarsi con la civiltà stessa.
E oggi, nell’epoca del digitale, che rapporto c’è fra libro e tempo? Il
problema non è il libro ma il tempo che non trova più sé stesso per il libro e
non perché si afferma il digitale, ma perché passato e futuro tendono a
scomparire in un inarrestabile flusso di presente che, a differenza di ciò che
pensava Baudelaire, non diventa affatto eterno. È come una fulgida dannazione
infernale.
Nella Madonna che legge la profezia di Isaia troviamo qualcosa in cui futuro e
passato si intrecciano nel senso di Benjamin e, per un altro verso, in quello
di Auerbach e della sua interpretazione figurale a proposito di Dante: «il
fatto terreno è profezia o ‘figura’ di una parte della realtà immediatamente e
completamente divina che si attuerà in futuro». Ciò che è scritto nel libro, le
parole di Isaia, è come una mise en abîme, un quadro nel quadro.
Infine, non potendo qui dare conto della complessità filologica e storica del
lavoro di Michele Feo, ci si può soffermare soltanto sulla Madonna di Antonello
da Messina che si trova a Palazzo Abatellis di Palermo. «È la più bella di
tutte le Annunciate che furono che sono e che saranno, e a mio gusto è l’opera
più grande di tutta la pittura europea – scrive l’autore. Lei sola merita nella
vita un viaggio a Palermo».
Ma, continua Feo in questa sua affascinante interpretazione, oltre a essere la
più bella, è anche la più misteriosa. Infatti nel quadro di Antonello, l’angelo
non c’è. Il gesto della mano esprime uno scatto emotivo interiore di Maria, la
quale sta leggendo la profezia di Isaia e all’improvviso si chiede: «non è che
sono io colei di cui parla il profeta?» e respinge una simile ipotesi che
invece, di lì a poco, sarà confermata dall’angelo. «Questa che vediamo di Palermo,
afferma Michele Feo, non è l’annunciazione, ma dell’annunciazione solo la
premonizione». Il futuro incombe sul presente. E il gesto della Madonna
trasforma l’immagine in movimento, il movimento in emozione e l’emozione in
poesia.
Data recensione: 12/05/2020
Testata Giornalistica: Il Manifesto
Autore: Alfonso Maurizio Iacono