La storia della Madonna è un meraviglioso romanzo per immagini. Più misteriosa tra tutte l’Annunciazione
La storia della Madonna è un meraviglioso romanzo per
immagini. Più misteriosa tra tutte l’Annunciazione perché è il mistero stesso
di Maria. Ma anche la più rivoluzionaria nella storia dell’umanità, perché
fonda il mondo dopo Adamo: il mondo da Gesù Cristo, origine del nostro tempo. E
poi perché racchiude tutto il turbamento, anzi lo sconvolgimento, e insieme la
concentrata tenerezza della Vergine prima che concepisca e nel suo stesso istante:
l’anticipazione dell’aurora, prima che irrompa il giorno in lei, in ognuno di
noi. Le scarne parole di Luca e Matteo non sono prive di immagini potenti, anzi
assolute: per Alberto Magno l’ombra non è l’oscurità – che non viene dalla
somma luce – ma l’immagine specchiata dell’onnipotenza; tuttavia solo i Vangeli
apocrifi ci mostrano le scene, gli oggetti, i simboli, che i pittori
prediligono. In essi Maria è alla fonte, al pozzo con la brocca, poi in casa, intenta
a filare scarlatto e porpora (colori della regalità) accanto a un vaso dove
fiorisce il giglio di Gesù; più tardi ha con sé un libro aperto e talora lo
legge. Sono queste le raffigurazioni che si susseguono dovunque nei secoli, in
molteplici varianti.
Soprattutto impone infinite riflessioni la presenza del libro, che compare
tardi, dal IX secolo, su un cofanetto d’avorio francese dall’aria regale.
Perché quella ragazza umile e il libro, che fu strumento di distinzione, non
solo per la sapienza, ma nelle classi sociali? E significava soprattutto
autorevolezza, garanzia di verità? E cosa era scritto nel libro di Maria, oltre
alle parole dei profeti, dei salmi, dei Vangeli, del Magnificat? Si può
rispondere che Maria stessa è un libro, contiene il passato e soprattutto il
futuro: un libro profetico al massimo grado. Ma c’è quella commistione di
realtà e di sentimenti, che colpisce nel profondo, e non si accontenta di
spiegazioni teologiche. In Maria il mistero teologico è reale e carnale,
attraversa la vita quotidiana, gli affetti delle madri nelle famiglie, tutte le
forme reali e immaginarie, che le madri quotidiane e le divinità femminili hanno
mostrato in ogni tempo e spazio.
Michele Feo, filologo e acutissimo investigatore dei testi, ne è stato così
commosso e catturato, da inventariarne le immagini per uno studio colto e
appassionato (Cosa leggeva la Madonna;
Polistampa, pagine 304, euro 20,00). Ma non dobbiamo pensare che l’indagine di
Feo si limiti a un excursus erudito che riguarda soltanto l’abbinamento con il
libro. Si estende a ogni riflessione che tocca Maria, con una condivisione totale
e sottile della femminilità e dei suoi valori più profondi. Mentre segue nei
secoli e nelle contestualizzazioni delle opere le Annunciazioni, decifrando e
commentando le iscrizioni e le composizioni, Feo non dimentica mai l’origine. Chi
è veramente Maria? Cosa accade nel momento in cui riceve l’annuncio traumatico
dell’angelo che ha sconvolto lei fino a noi stessi? Perché l’Annunciazione non
è un evento che si conclude, ma un progetto che ci riguarda inesorabilmente? Come
sono diventati lontani nei secoli i sensi originari? Come tutto è diventato
infinitamente indecifrabile, sebbene continuino a colpirci quegli atti e quei
gesti e quelle mani della ragazza non ancora madre, che talora si specchiano
nelle mani dell’angelo, o – come nella Vergine Annunciata palermitana di Antonello
da Messina – emergono in assoluta eloquenza fuori dal quadro? La ricchezza di
questo libro sta anche nella presentazione di testi preziosi che accompagnano la
figura dell’Annunciazione; non solo quelli sacri, o Dante, o Petrarca (di cui Feo
è massimo studioso), che nel cammino dell’amore che nobilita attraverso la
donna, compie la «rivoluzionaria e decisiva collocazione della Vergine a
chiusura dei Rerum vulgarium fragmenta».
Feo ci traduce molti testi straordinari: ora popolari, ora dei più sofisticati
umanisti che intrecciano la Vergine con le divinità greco-latine, ora di
mistici ottocenteschi, ora di teologi moderni. Il valore del libro sta anche
nel sapiente dialogo che Feo intrattiene tra culture diverse.
Vorrei aggiungere una testimonianza, che ha origine da due antiche tradizioni
romagnole. Esse hanno riscontri nei calendari popolari e nel Tempio
malatestiano di Rimini, dove compaiono le due porte che le anime passano: nel
segno del Capricorno abbandonano la carne attraverso la porta degli dèi e
dell’immortalità; nel segno del Cancro si incarnano. Nell’Annunciazione (e
incarnazione) del 25 marzo, nell’equinozio di primavera, Maria è seduta,
intenta a filare il lino “marzuolo”. In questa immagine, che riprende il protovangelo
di Giacomo, Maria è l’umile donna antica, attenta alla rocca, al fuso, al
telaio. Ma rievoca anche archetipi: Elena che in Omero tesse una tappezzeria di
porpora con le lotte di Greci e Troiani in cui lei è al centro; Cloto che fila
lo stame della vita. La vigilia di Natale, a Ravenna, in una filastrocca che inizia
con l’invocazione «Levati, levati mio sole / con il raggio del Signore», tre
angeli donano a Maria tre forcine o tre falci d’oro: lei le porge al Signore, e
Lui con queste mette in moto la ruota del cosmo: è la nascita di Gesù e del tempo:
il compimento dell’Annunciazione avviene nel solstizio d’inverno, sotto il segno
del Capricorno. In sintonia con tradizioni immemoriali, raccolte da quelle platoniche,
Maria tra primavera ed estate incarna, mentre nel cuore dell’inverno, con il
“sole invitto” libera dalla carne, verso l’eternità.
Data recensione: 19/10/2019
Testata Giornalistica: L’Avvenire
Autore: Rosita Copioli