Anche chi ha solo pallidi ricordi liceali collega il nome di Lorenzo Valla all’umanesimo quattrocentesco
Anche chi ha solo pallidi ricordi liceali collega il nome di
Lorenzo Valla all’umanesimo quattrocentesco e forse ricorda lo strepitoso colpo
di mano con cui – attraverso un’acuta indagine critica – aveva smontato la fake news della Donazione di Costantino
a papa Silvestro dell’area romano-laziale, base del potere temporale della
Chiesa. Questo falso storico, dalle conseguenze politico ecclesiali imponenti,
era stato demolito dall’opuscolo De falso
credita et ementita Constantini donatione la cui pubblicazione critica è
programmata nel piano dell’edizione nazionale delle opere di Valla. Una delle
tappe di questo progetto è costituita da un breve sermone sul «mistero
dell’eucaristia » pronunciato dal grande umanista – che aveva ricevuto almeno
gli Ordini sacri minori – nel giovedì santo di un anno non precisato, in una chiesa
romana non indicata (forse la basilica Lateranense nel 1457).
È possibile ora leggere nell’originale latino, oltre che nella versione italiana,
questo sermone che sarà piaciuto all’uditorio non solo per la sua densità
tematica e per la sua nobiltà stilistica ma anche per la sua brevità. Si pensi
che in questa edizione occupa solo pagine, mentre tutto l’apparato allegato,
rispondente ai più rigorosi e raffinati canoni dell’ecdotica, totalizza oltre 250
pagine! Il merito va all’acribia straordinaria di Clementina Marsico, a cui si
associa in appendice Marco Bracali con un saggio «sulle tracce antiche di una
spiritualità nuova ». Al centro della predica c’è un suggestivo parallelo tra
eucaristia e incarnazione, anche se egli confessa di non saper optare tra le
due definizioni: è il pane che si trasforma in Dio o è Dio a trasformarsi in
pane.
Pur essendosi affacciato già a partire dalla teologia del XII secolo, Valla non
adotta mai, al riguardo, il famoso termine «transustanziazione», sulla cui
modalità di attuazione si era impegnata, con un ingente dispendio di energie
intellettuali, la riflessione medievale. Il citato parallelismo con l’incarnazione
di Cristo sembrerebbe, a prima vista, incrinato dalla ripetibilità dell’eucaristia
che è ininterrottamente celebrata, mentre l’ingresso del Figlio di Dio nella
carne è eph’ hapax, «una volta per
sempre», come afferma la neotestamentaria Lettera agli Ebrei. La soluzione
offerta dall’umanista, oltre che al rimando alla molteplice e reiterata
presenza del Risorto secondo i racconti evangelici, è affidata a una curiosa
sequenza di analogie naturali che lasciamo scoprire al lettore.
Il teologo, poi, lascia spazio all’oratore appassionato che esalta l’intima comunione
tra l’uomo e il suo Dio attraverso un segno così “sperimentale” e disponibile a
tutti, com'è il pane e il vino. È l’anticipazione di quella divinizzazione
finale che la creatura umana vivrà nell’escatologia: «L’uomo, nutrito di pane,
fatto di fango, sale sopra i cieli ed è reso Dio!». Ed è suggestivo che la
clausola del sermone veda ritornare in scena il filologo Valla che illustra la
semantica greca della parola «eucaristia», cioè ringraziamento.
Data recensione: 05/01/2020
Testata Giornalistica: Il Sole 24 Ore
Autore: Gianfranco Ravasi