In tempi in cui la cultura è regolata da leggi di mercato e dei musei si conta soprattutto il numero di visitatori
In tempi in cui la cultura è regolata da leggi di mercato e dei
musei si conta soprattutto il numero di visitatori, il messaggio di Carlo
Ludovico Ragghianti suona oggi come una predica nel deserto. Lui che, da grande
storico dell’arte, fu autore del risveglio culturale dell’Italia postbellica,
che perseguì un’idea di educazione all’arte che niente aveva a che fare con il
feticismo per i grandi nomi a cui è forse da ascrivere l’odierna partecipazione
di massa ad eventi artistico-mediatici, proprio lui è il protagonista della
mostra Carlo Ludovico Ragghianti, storico
dell’arte e intellettuale militante, opere dalla sua raccolta, aperta fino
al 30 giugno nella sala delle Colonne del palazzo Comunale di Pontassieve
(mar,giov,sab e dom ore 16-19, merc e ven ore 9-12, lunedì chiuso, ingresso libero).
Curata da Antonio Natali, Adriano Bimbi e Rodolfo Ceccotti, come atto
conclusivo di un percorso che ha organizzato per questa sede ben dieci mostre
in cinque anni, l’esposizione su Ragghianti dichiara già dal titolo i suoi intenti:
ricordare quanto, nel suo lavoro, estetica ed etica siano state inscindibili, ricordare
la coerenza e la tenuta morale di un intellettuale che fece dell’insegnamento
ai giovani il cuore dei suoi sforzi, ricordarlo soprattutto ora che, come dice
Antonio Natali nel catalogo edito da Polistampa, «da molto tempo in Italia s’è persa
o, meglio, s’è voluto perdere la memoria di accadimenti e uomini che costringevano
a riflettere sul passato, e ancor più su presente e futuro». Alle porte di
Firenze, la città dove completò gli studi al liceo Michelangelo, dove incontrò
Montale e che lui voleva rendere capitale anche dell’arte contemporanea – basti
pensare al suo celebre progetto del Museo internazionale di arte contemporanea
a Firenze, a lungo rimasto utopistico – sono in mostra alcune delle opere novecentesche
che provengono dalla sua raccolta, una selezione stringata fatta dai curatori insieme
ai figli, che testimoniano i rapporti di stima e affetto che Ragghianti aveva con
gli artisti: Carlo Levi, Mauro Radice, Antonio Bueno, Alberto Viani, Filippo De
Pisis, Giorgio Morandi – a cui è dedicata in questi giorni una mostra al museo
Novecento, che proprio dall’idea del Miac di Ragghianti prende le mosse – e poi
Nino Tirinnanzi, Emilio Greco, Giuliano Vangi, Sergio Scatizzi, in alcuni casi
opere dedicate proprio a Ragghianti. Nelle sale si racconta anche della sua passione
per l’arte africana e giapponese, e il lavoro pionieristico di curatore d’arte,
con l’esperienza delle “vetrine” alla Strozzina aperte ai giovani artisti, e
con mostre come Arte moderna in Italia 1915-1935, che si tenne a palazzo
Strozzi nel 1967, e destinata a passare alla storia.
Data recensione: 10/04/2019
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Elisabetta Berti