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A parte il fatto che sicuramente ci sono dei fiorentini che non hanno mai messo piede negli Uffizi, fortunatamente ce ne sono molti altri che hanno visitato la maggioranza dei musei di

A parte il fatto che sicuramente ci sono dei fiorentini che non hanno mai messo piede negli Uffizi, fortunatamente ce ne sono molti altri che hanno visitato la maggioranza dei musei di questa straordinaria capitale dell’arte, ma può darsi che anche tra questi fiorentini consapevoli della ricchezza della loro patria, ce ne sia qualcuno che non conosce il Museo Diocesano di Santo Stefano al Ponte. Che merita di essere visitato, visto che custodisce importanti capolavori (anche il trittico che fu rubato a Terenzano e che la Digos ritrovò a Roma in un covo delle B.R.) e una raccolta davvero curiosa, e soprattutto rara, che si trovava - grosso modo nel XVIII secolo - nella Badia Fiorentina, e che è costituita da 62 piccoli ritratti acquerellati su pergamena che raffigurano monaci di vari Ordini religiosi.
Sono tutti religiosi appartenenti a ordini maschili e risalgono al tempo in cui l’abito faceva il monaco, eccome, visto che non solo era una riconoscibile divisa che specificava il ruolo del religioso, ma anche perché certi ordini imponevano ai monaci d’indossare l’abito anche di notte, anche in caso di malattia.
Scriveva nel 1705 Clemente Pistelli a proposito del fondatore dei chierici regolari minori: "... non mirò giammai, oltre le mani, parte alcuna del suo corpo ignudo, che perciò dormiva sempre vestito, e bisognandogli talvolta rappezzar le calzette, non le levava dalle gambe, per non lasciarle scoperte, ma sopra di esse le raggiustava alla meglio...".
Una raccolta rara che è stata studiata da Lara Mercanti e Giovanni Straffi, cui si deve un interessante volume con la riproduzione e la descrizione dei 62 disegni, dovuti a un bravo ritrattista. Lo scopo della raccolta che era esposta alla Badia (ogni disegno entro una cornicetta nera) era certamente quello di documentare le molte istituzioni religiose esistenti in quel secolo (oppure soppresse), ma si può anche ipotizzare un altro intento dell’autore: quello di offrire dei modelli per le esigenze di quei sarti che avevano l’incarico di fornire gli abiti ai monasteri. Una prefazione di Giovanni Grazzini è intitolata "da Santo Stefano a Santo Stefano" perché l’autore ricorda come la Badia fiorentina, ove si trovavano i 62 figurini trasferiti ora nel museo di Santo Stefano al Ponte, inglobasse al tempo della sua costruzione la chiesetta di Santo Stefano del Popolo.
Data recensione: 27/07/2007
Testata Giornalistica: Toscana Qui
Autore: Giorgio Batini